a
cura di Francesco Fiumalbi
Indice
del post:
INTRODUZIONE
A ULISSE DE MATTEIS
L'ASSUNZIONE DI MARIA –
DESCRIZIONE E ICONOGRAFIA
I RESTAURI DELL'800 E LE VECCHIE
APERTURE DELLA FACCIATA
LA COMMISSIONE DELL'OPERA
LE OPERE DI ULISSE DE MATTEIS
NOTE E RIFERIMENTI
NOTE E RIFERIMENTI
INTRODUZIONE
A ULISSE DE MATTEIS
Ulisse
De Matteis (Firenze, 1828 – 4 febbraio 1910) è considerato uno dei
maggiori artisti fiorentini della seconda metà del XIX secolo,
allievo e amico di Stefano
Ussi,
legato a personalità del calibro di Nicolò
Barabino,
Telemaco
Signorini
e Giovanni
Fattori.
Da questi si distinse per la sua particolare “specializzazione”:
la pittura a smalto su vetro.
Nel
1859, su consiglio del pittore e restauratore Gaetano
Bianchi,
fondò un'impresa
per l'impianto dello smalto sul vetro con
Natale Bruschi. L'attività, situata a Firenze in via Guelfa, era
direttamente collegata a quella dei maestri vetrai Carlo e Giuseppe
Francini che avevano sede in Piazza del Duomo. Grazie a Gaetano
Bianchi, con ogni probabilità, Ulisse De Matteis poté ricevere le
prime commissioni di prestigio e proseguire attraverso una carriera
fatta di tanti piccoli grandi capolavori, tuttavia sconosciuti ai
più. Uno di questi è la finestra circolare della Cattedrale dei SS.
Maria Assunta e Genesio Martire di San Miniato, realizzata
collaborando con i Francini, incentrata sull'immagine dell'Assunzione
di Maria
in onore del titolo della chiesa. L'opera fu realizzata nel 1861 ed
è, dunque, una delle sue prime realizzazioni.
La
facciata della Cattedrale dei SS. Maria e Genesio di San Miniato
durante
l'apertura della Porta Santa del Giubileo della Misericordia
Si
noti la vetrata con l'Assunzione
di Maria al Cielo
di Ulisse De Matteis
Foto
di Francesco Fiumalbi
L'ASSUNZIONE
DI MARIA – DESCRIZIONE E ICONOGRAFIA
La
vetrata con l'immagine dipinta da Ulisse De Matteis è una discreta
presenza, anche se collocata al centro della facciata della
Cattedrale dei SS. Maria Assunta e Genesio Martire di San Miniato.
Per apprezzarne i tratti occorre entrare all'interno e volgere le
spalle all'altar maggiore, oppure, dalla piazza, attendere quei
momenti in cui le luci interne della chiesa sono accese durante le
celebrazioni in orario serale. Inoltre, la sua altezza rispetto alla
quota del pavimento o della piazza, fa sì che i dettagli rimangano
comunque poco definiti. Fortunatamente una buona immagine della
vetrata è pubblicata nel volume La
Cattedrale di San Miniato,
curato da G. C. Romby, per la Cassa di Risparmio di San Miniato
nell'anno 2004, a pagina 220.
La
figura Vergine è iscritta all'interno di una aurea vesica
pescis
– meglio nota forse come “mandorla” – coronata dallo Spirito
Santo nelle sembianze di una colomba bianca. La particolare
costruzione geometrica del simbolo, ottenuto mediante l'intersezione
di due cerchi, è frequentemente utilizzato nell'iconografia
cristiana per rappresentare l'incontro fra i due “mondi”, quello
terreno e quello celeste. Per utilizzare un termine coniato dalla
cinematografia fantascientifica, si tratta di una sorta di stargate.
E' quindi appropriato per rappresentare il tema dell'Assunzione
di Maria al Cielo,
ovvero il passaggio della Madonna dalla vita sulla Terra a quella del
Cielo.
Più in dettaglio, all'interno della
mandorla, Maria appare come seduta su soffici nubi bianche – quasi
una “maestà”, ma senza il trono – circondata da tre serafini,
riconoscibili dalla classica rappresentazione a sei ali: due per
volare, due per coprirsi il volto, due per celare i piedi. Le ali
scarlatte degli angeli sono dello stesso rosso intenso che
caratterizza l'abito della Madonna, coperto da un manto di colore blu
che fa il paio con il cielo che avvolge la mandorla. Le finiture
verdi del mantello, riprendono invece la bella ghirlanda circolare
riccamente decorata con fasci, frutti e fiori colorati, che contorna
la composizione.
La
vetrata con l'Assunzione
di Maria al Cielo
di Ulisse De Matteis
Foto di Francesco Fiumalbi
I
RESTAURI DELL'800 E LE VECCHIE APERTURE DELLA FACCIATA
L'argomento del restauro ottocentesco della Cattedrale è stato già affrontato nel
saggio di Roberta Roani Villani dal titolo Restauri a San Miniato
al Tedesco: documenti per una storia, contenuto nel Bollettino
dell'Accademia degli Euteleti n. 63 del 1996 (poi anche in Id,
Restauri in Toscana tra Settecento e Ottocento, Edifir,
Firenze, 2005) e in quello di Stefano Renzoni dedicato a La
ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento,
all'interno del volume La Cattedrale di San Miniato, curato
Carla Giuseppina Romby per la CRSM nel 2004.
Senza
entrare troppo nei dettagli, grosso modo a partire dal gennaio 1858 e
fino al dicembre 1861 la Cattedrale dei SS. Maria e Genesio di San
Miniato fu interessata da un considerevole intervento di
ristrutturazione e rinnovamento stilistico, sotto la guida dell'Arch.
Pietro Bernardini. Per dirla con termini mutuati dall'Industrial
Design: non un semplice restyling, quanto un vero e
proprio revamping. L'apparato delle aperture della facciata fu
tra le parti che furono risistemate.
Un'idea
circa la configurazione delle finestre della facciata del Duomo
precedentemente ai lavori di metà '800, si può avere osservando
l'immagine proposta nel Viaggio Pittorico della Toscana di
Francesco Fontani, stampato negli anni 1801-1803 (ristampato varie
volte nel 1817, 1822 e 1827-34). Si tratta dell'incisione Veduta
della Cattedrale di San Miniato, realizzata da Antonio e Jacopo
Terreni a corredo della dissertazione. Rappresenta l'unica
testimonianza iconografica conosciuta dello stato della facciata
conseguentemente ai lavori promossi dal Vescovo Domenico Poltri fra
il 1766 e il 1769 e di cui abbiamo parlato nel post 1759
– LA RIAPERTURA DEL DUOMO DI SAN MINIATO.
In
particolare, grazie all'immagine dei Terreni, si nota l'ampio
finestrone rettangolare al centro della facciata, accordato ad altre
due aperture più piccole e della medesima forma, situate al di sopra
dei portali laterali. Il progetto ottocentesco del Bernardini,
infatti, prevedeva anche la realizzazione di una nuova facciata. Per
questo motivo, la tamponatura delle vecchie aperture avvenne in
maniera piuttosto grossolana, cosicché i segni e le forme rimangono
avvertibili ancora oggi.
Antonio
e Jacopo Terreni, Veduta
della Città di San Miniato,
in
Francesco Fontani, Viaggio
Pittorico della Toscana,
Tomo
IV, Firenze, 1817, p. 229.
La
facciata della Cattedrale di San Miniato
con
l'individuazione delle vecchie aperture
Foto
di Francesco Fiumalbi
LA
COMMISSIONE DELL'OPERA
Già nelle prime indicazioni
progettuali del 20 gennaio 1858 formulate dall'architetto Pietro
Bernardini e della commissione del clero sanminiatese che
sovrintendeva ai lavori di restauro della Cattedrale, veniva
individuata la necessità di ripristinare l'originaria forma
circolare delle finestre laterali e la sistemazione di quella
centrale, caratterizzata da un'Assunzione in forma ellittica,
ormai rovinatissima (01).
La commissione era presieduta dal
Proposto della Cattedrale Giuseppe Conti, che prese contatto con
l'artista e restauratore Guglielmo Botti, il quale poteva vantare
importanti commissioni nell'ambito pisano, in cui era molto attivo. I
primi due bozzetti inviati a San Miniato dal Botti e presentati l'8
aprile 1859 – uno per l'oculo principale, l'altro per quelli
laterali – sconsigliavano di riutilizzare gli elementi della
vecchia vetrata e prevedevano l'immagine della Madonna circondata da
teste di cherubino a chiaroscuro su fondo oro (02).
Nel frattempo, visto l'insorgere di
esitazioni e complicazioni di varia natura, il Proposto Giuseppe
Conti cominciò a guardasi intorno alla ricerca di valide
alternative, interpellando i maestri vetrai fiorentini Carlo e
Giuseppe Francini. Questi, il 22 ottobre 1859, preso atto delle
condizioni della vetrata, proposero subito di progettarne una nuova,
cercando di salvare il salvabile della vecchia (03).
In questo frangente la commissione
dovette avere non poche difficoltà nel decidere sul da farsi.
Gugliemo Botti, in un paio di missive datate 27 ottobre e 16 novembre
1859, manifestò ulteriori indugi tecnici e stilistici, oltre a
difficoltà economiche per l'accettazione dell'incarico. L'artista
pisano, infatti, aveva avanzato l'ipotesi di sistemare in forma
circolare l'originaria vetrata ellittica, sostituendo i cherubini con
frutti; aveva proposto, inoltre, di rivedere la proposta economica a
meno di posticipare la consegna all'anno 1861, viste anche le
importanti commesse da evadere (04). Più o meno negli stessi
giorni, il 16 e il 25 novembre 1859, i Francini proposero un loro
primo bozzetto che, tuttavia, per loro stessa ammissione, risultò
assai modesto. Si trattava della vecchia figura della Vergine, da
reimpiegare su un nuovo campo celeste, contornato da un nastro a
frutte (05).
La questione rimase in sospeso per
più di un anno, risolvendosi nell'estate del 1861, quando i lavori
alla Cattedrale si avviavano verso la conclusione. Infatti, solamente
il 31 agosto 1861 venne stipulata l'“impegnativa” con i Francini,
che coinvolsero Ulisse De Matteis per la figura della Vergine Assunta
e Natale Bruschi per i dettagli (06).
Il risultato finale fu un
compromesso fra le varie proposte. Rimase la forma ellittica, o
meglio a “mandorla”, in cui venne iscritta la nuova figura della
Madonna del De Matteis, furono accolti i cherubini del Botti –
anche se poi furono disegnati dei serafini – il tutto inserito in
una ghirlanda di fiori e frutti come suggerito dai Francini. La
vetrata, così composta, venne installata nell'oculo centrale della
facciata della Cattedrale il 15 dicembre 1861 (07). La chiesa,
così rinnovata, venne solennemente riaperta al pubblico il
successivo 26 dicembre 1861 (08).
La
facciata della Cattedrale dei SS. Maria e Genesio di San Miniato
durante
l'apertura della Porta Santa del Giubileo della Misericordia
Si
noti la vetrata con l'Assunzione
di Maria al Cielo
di Ulisse De Matteis
Foto di Francesco Fiumalbi
LE
OPERE DI ULISSE DE MATTEIS
Nel
primo paragrafo di questo post è stata proposta una breve e
sintetica nota su Ulisse De Matteis. Abbiamo visto come la scelta
della Commissione per
i restauri della Cattedrale cadde su i Francini e di conseguenza sul
De Matteis. E' noto, tuttavia, che De Matteis fosse legato a Stefano
Ussi, amico a sua volta di Augusto Conti. Il celebre filosofo
sanminiatese aveva già felicemente suggerito i nomi degli scultori
Giovanni e Amalia Dupré al Proposto Giuseppe Conti. Appare lecito,
quindi, ipotizzare un nuovo interessamento dello stesso Augusto
Conti.
Per
dare un'idea della levatura di questo artista e restauratore
fiorentino, vale la pena di proporre le parole utilizzate da Angelo
De Gubernatis nel suo Dizionario
degli artisti italiani viventi: pittori, scultori e architetti,
pubblicato nel 1889:
«De
Matteis (Ulisse)
pittore sul vetro, toscano, nato a Firenze nel 1828. Fece dapprima,
per bisogno, l'intagliatore, trovando modo, mentre esercitava
l'arte, che gli dava i mezzi per vivere, di coltivare anche la
pittura, studiando all'Accademia, alle lezioni del nudo. L'amicizia
di Stefano Ussi, col quale aveva passato insieme i pericoli delle
armi a Curtatone e Montanara, e la prigionia a Theresienstadt in
Austria, gli fu d'aiuto o d'incoraggiamento per dedicarsi
completamente all'arte, e lavorò dapprima copiando e vendendo i
quadri copiati ai forestieri o ai negozianti. Consigliato dal prof.
Gaetano Bianchi, il De Matteis insieme con Natale Bruschi si dedicava
all'impresa della pittura a smalto, e dopo lunghe e faticose lotte,
aiutati dal Frangini, negoziante vetraio a Firenze, i due amici
fondarono una società per l'impianto dello smalto sul vetro, che,
approvata dall'Accademia di Belle Arti, ebbe ampio svolgimento e
fruttò onori al De Matteis e al Bruschi, che furono anche eletti
Accademici residenti. Avviata in tal guisa sì artistica industria,
non mancarono al De Matteis lavori e tra questi importantissimi, le
due grandi vetrato del tempio di Santa Croce a Firenze, una finestra
nella chiesa di Or San Michele , i finestroni della Cappella
Mortuaria, alcuni finestroni al Castello di Vincigliata, pure a
Firenze; un gran lavoro nella Cattedrale di Genova, le vetrate della
cappella Rabattino a Genova; un
gran finestrone circolare per la cattedrale di San Miniato al
Tedesco, ed uno
per una chiesa di Sesto in Toscana; vari lavori nelle cattedrali di
Siena, Lucca e Prato ed in altre chiese di queste e di altre città.
Il De Matteis, per tali lavori, per le sue stupende opere esposte a
Londra, a Parigi, a Vienna ed in Italia, ha ricevuto moltissimi premi
ed è stato nominato membro dell'Accademia Ligustica e di altri
sodalizi artistici, e Cavaliere della Corona d' Italia. Anche oggi,
sebbene in età avanzata, il De Matteis è appassionato per la sua
nobile arte, cui si può dire è stato il rinnovatore o meglio il
creatore in Firenze; e mentre scriviamo si propone di fondare una
scuola, alla quale auguriamo, quando che sia, prospera sorte.»
Testo tratto da A.
De Gubernatis, Dizionario
degli artisti italiani viventi: pittori, scultori e architetti,
Le Monnier, Firenze, 1889, pp. 174-175.
Ulteriori
informazioni e dettagli si trovano anche nell'articolo pubblicato in
occasione della sua morte sul quotidiano “La Nazione”, Anno 52,
n. 36, sabato 5 febbraio 1910, p. 4.
LA
MORTE DEL PITTORE ULISSE DE MATTEIS
«Ieri
si è spento, ottantenne, in Firenze, il cav. professor De Matteis,
artista valente, modesto gregario della gloriosa pleiade che ebbe
Niccolò Barabino, Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, amicissimi
suoi.
Con
i due suoi fratelli, di lui maggiori di età, fu a Curtatone col
battaglione dei volontari toscani e passò con loro la prigionia
dell'Austria a Theresenstadt, dove Stefano Ussi con affetto più che
fraterno, mai venuto meno, lo addestrò nel magistero dell'arte.
Intagliatore
col Cheloni, coltivò con assidua cura e tenace volere la pittura
finché si dette esclusivamente a questa, fondando con Giuseppe
Francini uno stabilimento di pittura a smalto su vetro, che poi
condusse da sé, seguendo per poco il gusto del tempo e quindi, con
opere magistrali innumerevoli in ogni parte d'Italia, in Inghilterra,
in Russia, in America, di mano in mano tornando alle forme ed alla
tecnica del più fulgido periodo di quell'arte in Italia:
stabilimento ed opere che lascia onorato e rinomato retaggio di una
vita integra per onestà e virilità di carattere e laboriosissima.
Padre
esemplare, educò rigidamente la numerosa famiglia ai sentimenti
della dignità e del dovere, ne sviluppò la inclinazione naturale
all'arte e ne fece abilissimi continuatori dell'opera sua. Di
fortissima tempra, resse alla sventura che di recente gli strappò un
figliuolo ed una figliuola che erano il suo orgoglio; ha lottato ora
più giorni contro una fierissima bronco-polmonite, che finalmente lo
ha vinto.»
L'ampia
produzione del De Matteis è contenuta nel “catalogo” pubblicato
nel 1915: Officina
De Matteis, vetraria: per la costruzione e per il restauro di vetrate
dipinte a smalto a gran fuoco, secondo il sistema degli antichi
maestri.
Per
citare alcune realizzazioni:
– Decorazione
e pitture delle vetrate (Madonna
con Bambino
e gli stemmi di John Temple Leader e della consorte) per la cappella
adiacente la Villa di Maiano nel comune di Fiesole, oltre a varie
finestre al vicino castello di Vincigliata (1863-64).
– Vetrata
con le raffigurazioni Vergine
Immacolata, Sacro Cuore di Gesù, San Girolamo, San Germano, San
Tarario e San Sofronio
presso al Cappella Spinelli nella Basilica di Santa Croce a Firenze
(1869).
– Pitture
sulla cupoletta vetrata della Cappella Rubattino presso il cimitero
di Staglieno a Genova, dove lavorò a fianco di Nicolò Barabino
(1871).
–
Profeti
dell'Antico Testamento
sovrastati dalle Virtù
Cardinali e Santi: Abramo e S. Giuseppe, S. Gioacchino, Davide e
Sant’Anna, Daniele
e presso
la Cappella di San Giovanni nella Cattedrale di San Lorenzo a Genova
(1875).
Recenti pubblicazioni di interesse
per Ulisse De Matteis:
Marilena
Caciorgna, Le
«idee artistiche… sono variabili secondo le teste e secondo i
tempi». Le vetrate attribuite alla bottega di Domenico Ghirlandaio
nel Duomo di Siena, l’intervento di Giuseppe Partini, il restauro
di Ulisse De Matteis,
in «Quaderni dell’Opera», 13-14, 2009-2010, pp. 215-280.
Nancy
Thompson, The
State of Stained Glass in 19th-Century Italy: Ulisse De Matteis and
the vitrail archéologique,
in «Journal
of Glass Studies»,
The Corning Museum of Glass, Corning, New York, n. 52, 2010, 217-231.
NOTE
E RIFERIMENTI
(01)
Archivio Vescovile di San
Miniato, n. 1547, c. 183, documento del 20 gennaio 1858; cfr. S.
Renzoni, La
ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento,
in La Cattedrale di San
Miniato, a cura di C. G.
Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 222.
(02)
Archivio Vescovile di San Miniato, n. 1547, c. 474, documento del 8
aprile 1859; cfr. S. Renzoni, La
ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento,
in La Cattedrale di San
Miniato, a cura di C. G.
Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 222; cfr. R. Roani,
Restauri a San Miniato al
Tedesco: documenti per una storia,
in «Bollettino
dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 63,
San Miniato, 1996, pp. 179, 192; poi anche in
R. Roani, Restauri in
Toscana tra Settecento e Ottocento,
Edifir, Firenze, 2005, pp. 95-96. Secondo Roani, la data sarebbe da
leggere come 28 aprile 1859.
(03)
Archivio Vescovile di San
Miniato, n. 1547, documento del 22 ottobre 1859; cfr. S. Renzoni, La
ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento,
in La Cattedrale di San
Miniato, a cura di C. G.
Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 222.
(04)
Archivio Vescovile di San
Miniato, n. 1546, lettera del 27 ottobre 1859 e lettera del 16
novembre 1859; cfr. S. Renzoni, La
ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento,
in La Cattedrale di San
Miniato, a cura di C. G.
Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 222. cfr. R. Roani,
Restauri a San Miniato al
Tedesco: documenti per una storia,
in «Bollettino
dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 63,
San Miniato, 1996, pp. 179, 192; poi anche in
R. Roani, Restauri in
Toscana tra Settecento e Ottocento,
Edifir, Firenze, 2005, pp. 95-96. Secondo Roani, la data del 16
novembre sarebbe da leggere come 5 novembre 1859.
(05)
Archivio Vescovile di San Miniato, n. 1546, lettera del 16 novembre
1859 e lettera del 25 novembre 1859; cfr. R. Roani, Restauri
a San Miniato al Tedesco: documenti per una storia,
in «Bollettino
dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 63,
San Miniato, 1996, pp. 179-180; cfr. S.
Renzoni, La
ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento,
in La Cattedrale di San
Miniato, a cura di C. G.
Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 223.
(06)
Archivio
Vescovile di San Miniato, n. 1546, c. 92, documento del 31 agosto
1861; cfr. R. Roani, Restauri
a San Miniato al Tedesco: documenti per una storia,
in «Bollettino
dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 63,
San Miniato, 1996, pp. 180, 192; cfr. S.
Renzoni, La
ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento,
in La
Cattedrale di San Miniato,
a cura di C. G. Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 223.
(07)
Archivio
Vescovile di San Miniato, n. 1546, c. 194, documento del 15 dicembre
1861; cfr.
S.
Renzoni, La
ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento,
in La
Cattedrale di San Miniato,
a cura di C. G. Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 223.
(08)
G.
Piombanti,
Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche
antiche e moderne,
Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, p.
49.
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