domenica 7 febbraio 2016

ULISSE DE MATTEIS E L'ASSUNZIONE DI MARIA VERGINE. UN PICCOLO CAPOLAVORO SU VETRO PER LA CATTEDRALE DI SAN MINIATO

a cura di Francesco Fiumalbi

Indice del post:
INTRODUZIONE A ULISSE DE MATTEIS
L'ASSUNZIONE DI MARIA – DESCRIZIONE E ICONOGRAFIA
I RESTAURI DELL'800 E LE VECCHIE APERTURE DELLA FACCIATA
LA COMMISSIONE DELL'OPERA
LE OPERE DI ULISSE DE MATTEIS
NOTE E RIFERIMENTI

INTRODUZIONE A ULISSE DE MATTEIS

Ulisse De Matteis (Firenze, 1828 – 4 febbraio 1910) è considerato uno dei maggiori artisti fiorentini della seconda metà del XIX secolo, allievo e amico di Stefano Ussi, legato a personalità del calibro di Nicolò Barabino, Telemaco Signorini e Giovanni Fattori. Da questi si distinse per la sua particolare “specializzazione”: la pittura a smalto su vetro.
Nel 1859, su consiglio del pittore e restauratore Gaetano Bianchi, fondò un'impresa per l'impianto dello smalto sul vetro con Natale Bruschi. L'attività, situata a Firenze in via Guelfa, era direttamente collegata a quella dei maestri vetrai Carlo e Giuseppe Francini che avevano sede in Piazza del Duomo. Grazie a Gaetano Bianchi, con ogni probabilità, Ulisse De Matteis poté ricevere le prime commissioni di prestigio e proseguire attraverso una carriera fatta di tanti piccoli grandi capolavori, tuttavia sconosciuti ai più. Uno di questi è la finestra circolare della Cattedrale dei SS. Maria Assunta e Genesio Martire di San Miniato, realizzata collaborando con i Francini, incentrata sull'immagine dell'Assunzione di Maria in onore del titolo della chiesa. L'opera fu realizzata nel 1861 ed è, dunque, una delle sue prime realizzazioni.

La facciata della Cattedrale dei SS. Maria e Genesio di San Miniato
durante l'apertura della Porta Santa del Giubileo della Misericordia
Si noti la vetrata con l'Assunzione di Maria al Cielo di Ulisse De Matteis
Foto di Francesco Fiumalbi

L'ASSUNZIONE DI MARIA – DESCRIZIONE E ICONOGRAFIA

La vetrata con l'immagine dipinta da Ulisse De Matteis è una discreta presenza, anche se collocata al centro della facciata della Cattedrale dei SS. Maria Assunta e Genesio Martire di San Miniato. Per apprezzarne i tratti occorre entrare all'interno e volgere le spalle all'altar maggiore, oppure, dalla piazza, attendere quei momenti in cui le luci interne della chiesa sono accese durante le celebrazioni in orario serale. Inoltre, la sua altezza rispetto alla quota del pavimento o della piazza, fa sì che i dettagli rimangano comunque poco definiti. Fortunatamente una buona immagine della vetrata è pubblicata nel volume La Cattedrale di San Miniato, curato da G. C. Romby, per la Cassa di Risparmio di San Miniato nell'anno 2004, a pagina 220.

La figura Vergine è iscritta all'interno di una aurea vesica pescis – meglio nota forse come “mandorla” – coronata dallo Spirito Santo nelle sembianze di una colomba bianca. La particolare costruzione geometrica del simbolo, ottenuto mediante l'intersezione di due cerchi, è frequentemente utilizzato nell'iconografia cristiana per rappresentare l'incontro fra i due “mondi”, quello terreno e quello celeste. Per utilizzare un termine coniato dalla cinematografia fantascientifica, si tratta di una sorta di stargate. E' quindi appropriato per rappresentare il tema dell'Assunzione di Maria al Cielo, ovvero il passaggio della Madonna dalla vita sulla Terra a quella del Cielo.

Più in dettaglio, all'interno della mandorla, Maria appare come seduta su soffici nubi bianche – quasi una “maestà”, ma senza il trono – circondata da tre serafini, riconoscibili dalla classica rappresentazione a sei ali: due per volare, due per coprirsi il volto, due per celare i piedi. Le ali scarlatte degli angeli sono dello stesso rosso intenso che caratterizza l'abito della Madonna, coperto da un manto di colore blu che fa il paio con il cielo che avvolge la mandorla. Le finiture verdi del mantello, riprendono invece la bella ghirlanda circolare riccamente decorata con fasci, frutti e fiori colorati, che contorna la composizione.

La vetrata con l'Assunzione di Maria al Cielo di Ulisse De Matteis
Foto di Francesco Fiumalbi

I RESTAURI DELL'800 E LE VECCHIE APERTURE DELLA FACCIATA

L'argomento del restauro ottocentesco della Cattedrale è stato già affrontato nel saggio di Roberta Roani Villani dal titolo Restauri a San Miniato al Tedesco: documenti per una storia, contenuto nel Bollettino dell'Accademia degli Euteleti n. 63 del 1996 (poi anche in Id, Restauri in Toscana tra Settecento e Ottocento, Edifir, Firenze, 2005) e in quello di Stefano Renzoni dedicato a La ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento, all'interno del volume La Cattedrale di San Miniato, curato Carla Giuseppina Romby per la CRSM nel 2004.
Senza entrare troppo nei dettagli, grosso modo a partire dal gennaio 1858 e fino al dicembre 1861 la Cattedrale dei SS. Maria e Genesio di San Miniato fu interessata da un considerevole intervento di ristrutturazione e rinnovamento stilistico, sotto la guida dell'Arch. Pietro Bernardini. Per dirla con termini mutuati dall'Industrial Design: non un semplice restyling, quanto un vero e proprio revamping. L'apparato delle aperture della facciata fu tra le parti che furono risistemate.

Un'idea circa la configurazione delle finestre della facciata del Duomo precedentemente ai lavori di metà '800, si può avere osservando l'immagine proposta nel Viaggio Pittorico della Toscana di Francesco Fontani, stampato negli anni 1801-1803 (ristampato varie volte nel 1817, 1822 e 1827-34). Si tratta dell'incisione Veduta della Cattedrale di San Miniato, realizzata da Antonio e Jacopo Terreni a corredo della dissertazione. Rappresenta l'unica testimonianza iconografica conosciuta dello stato della facciata conseguentemente ai lavori promossi dal Vescovo Domenico Poltri fra il 1766 e il 1769 e di cui abbiamo parlato nel post 1759 – LA RIAPERTURA DEL DUOMO DI SAN MINIATO.

In particolare, grazie all'immagine dei Terreni, si nota l'ampio finestrone rettangolare al centro della facciata, accordato ad altre due aperture più piccole e della medesima forma, situate al di sopra dei portali laterali. Il progetto ottocentesco del Bernardini, infatti, prevedeva anche la realizzazione di una nuova facciata. Per questo motivo, la tamponatura delle vecchie aperture avvenne in maniera piuttosto grossolana, cosicché i segni e le forme rimangono avvertibili ancora oggi.

Antonio e Jacopo Terreni, Veduta della Città di San Miniato,
in Francesco Fontani, Viaggio Pittorico della Toscana,
Tomo IV, Firenze, 1817, p. 229.

La facciata della Cattedrale di San Miniato
con l'individuazione delle vecchie aperture
Foto di Francesco Fiumalbi

LA COMMISSIONE DELL'OPERA

Già nelle prime indicazioni progettuali del 20 gennaio 1858 formulate dall'architetto Pietro Bernardini e della commissione del clero sanminiatese che sovrintendeva ai lavori di restauro della Cattedrale, veniva individuata la necessità di ripristinare l'originaria forma circolare delle finestre laterali e la sistemazione di quella centrale, caratterizzata da un'Assunzione in forma ellittica, ormai rovinatissima (01).

La commissione era presieduta dal Proposto della Cattedrale Giuseppe Conti, che prese contatto con l'artista e restauratore Guglielmo Botti, il quale poteva vantare importanti commissioni nell'ambito pisano, in cui era molto attivo. I primi due bozzetti inviati a San Miniato dal Botti e presentati l'8 aprile 1859 – uno per l'oculo principale, l'altro per quelli laterali – sconsigliavano di riutilizzare gli elementi della vecchia vetrata e prevedevano l'immagine della Madonna circondata da teste di cherubino a chiaroscuro su fondo oro (02).
Nel frattempo, visto l'insorgere di esitazioni e complicazioni di varia natura, il Proposto Giuseppe Conti cominciò a guardasi intorno alla ricerca di valide alternative, interpellando i maestri vetrai fiorentini Carlo e Giuseppe Francini. Questi, il 22 ottobre 1859, preso atto delle condizioni della vetrata, proposero subito di progettarne una nuova, cercando di salvare il salvabile della vecchia (03).

In questo frangente la commissione dovette avere non poche difficoltà nel decidere sul da farsi. Gugliemo Botti, in un paio di missive datate 27 ottobre e 16 novembre 1859, manifestò ulteriori indugi tecnici e stilistici, oltre a difficoltà economiche per l'accettazione dell'incarico. L'artista pisano, infatti, aveva avanzato l'ipotesi di sistemare in forma circolare l'originaria vetrata ellittica, sostituendo i cherubini con frutti; aveva proposto, inoltre, di rivedere la proposta economica a meno di posticipare la consegna all'anno 1861, viste anche le importanti commesse da evadere (04). Più o meno negli stessi giorni, il 16 e il 25 novembre 1859, i Francini proposero un loro primo bozzetto che, tuttavia, per loro stessa ammissione, risultò assai modesto. Si trattava della vecchia figura della Vergine, da reimpiegare su un nuovo campo celeste, contornato da un nastro a frutte (05).

La questione rimase in sospeso per più di un anno, risolvendosi nell'estate del 1861, quando i lavori alla Cattedrale si avviavano verso la conclusione. Infatti, solamente il 31 agosto 1861 venne stipulata l'“impegnativa” con i Francini, che coinvolsero Ulisse De Matteis per la figura della Vergine Assunta e Natale Bruschi per i dettagli (06).
Il risultato finale fu un compromesso fra le varie proposte. Rimase la forma ellittica, o meglio a “mandorla”, in cui venne iscritta la nuova figura della Madonna del De Matteis, furono accolti i cherubini del Botti – anche se poi furono disegnati dei serafini – il tutto inserito in una ghirlanda di fiori e frutti come suggerito dai Francini. La vetrata, così composta, venne installata nell'oculo centrale della facciata della Cattedrale il 15 dicembre 1861 (07). La chiesa, così rinnovata, venne solennemente riaperta al pubblico il successivo 26 dicembre 1861 (08).

La facciata della Cattedrale dei SS. Maria e Genesio di San Miniato
durante l'apertura della Porta Santa del Giubileo della Misericordia
Si noti la vetrata con l'Assunzione di Maria al Cielo di Ulisse De Matteis
Foto di Francesco Fiumalbi

LE OPERE DI ULISSE DE MATTEIS

Nel primo paragrafo di questo post è stata proposta una breve e sintetica nota su Ulisse De Matteis. Abbiamo visto come la scelta della Commissione per i restauri della Cattedrale cadde su i Francini e di conseguenza sul De Matteis. E' noto, tuttavia, che De Matteis fosse legato a Stefano Ussi, amico a sua volta di Augusto Conti. Il celebre filosofo sanminiatese aveva già felicemente suggerito i nomi degli scultori Giovanni e Amalia Dupré al Proposto Giuseppe Conti. Appare lecito, quindi, ipotizzare un nuovo interessamento dello stesso Augusto Conti.

Per dare un'idea della levatura di questo artista e restauratore fiorentino, vale la pena di proporre le parole utilizzate da Angelo De Gubernatis nel suo Dizionario degli artisti italiani viventi: pittori, scultori e architetti, pubblicato nel 1889:

«De Matteis (Ulisse) pittore sul vetro, toscano, nato a Firenze nel 1828. Fece dapprima, per bisogno, l'intagliatore, trovando modo, mentre esercitava l'arte, che gli dava i mezzi per vivere, di coltivare anche la pittura, studiando all'Accademia, alle lezioni del nudo. L'amicizia di Stefano Ussi, col quale aveva passato insieme i pericoli delle armi a Curtatone e Montanara, e la prigionia a Theresienstadt in Austria, gli fu d'aiuto o d'incoraggiamento per dedicarsi completamente all'arte, e lavorò dapprima copiando e vendendo i quadri copiati ai forestieri o ai negozianti. Consigliato dal prof. Gaetano Bianchi, il De Matteis insieme con Natale Bruschi si dedicava all'impresa della pittura a smalto, e dopo lunghe e faticose lotte, aiutati dal Frangini, negoziante vetraio a Firenze, i due amici fondarono una società per l'impianto dello smalto sul vetro, che, approvata dall'Accademia di Belle Arti, ebbe ampio svolgimento e fruttò onori al De Matteis e al Bruschi, che furono anche eletti Accademici residenti. Avviata in tal guisa sì artistica industria, non mancarono al De Matteis lavori e tra questi importantissimi, le due grandi vetrato del tempio di Santa Croce a Firenze, una finestra nella chiesa di Or San Michele , i finestroni della Cappella Mortuaria, alcuni finestroni al Castello di Vincigliata, pure a Firenze; un gran lavoro nella Cattedrale di Genova, le vetrate della cappella Rabattino a Genova; un gran finestrone circolare per la cattedrale di San Miniato al Tedesco, ed uno per una chiesa di Sesto in Toscana; vari lavori nelle cattedrali di Siena, Lucca e Prato ed in altre chiese di queste e di altre città. Il De Matteis, per tali lavori, per le sue stupende opere esposte a Londra, a Parigi, a Vienna ed in Italia, ha ricevuto moltissimi premi ed è stato nominato membro dell'Accademia Ligustica e di altri sodalizi artistici, e Cavaliere della Corona d' Italia. Anche oggi, sebbene in età avanzata, il De Matteis è appassionato per la sua nobile arte, cui si può dire è stato il rinnovatore o meglio il creatore in Firenze; e mentre scriviamo si propone di fondare una scuola, alla quale auguriamo, quando che sia, prospera sorte.» Testo tratto da A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi: pittori, scultori e architetti, Le Monnier, Firenze, 1889, pp. 174-175.

Ulteriori informazioni e dettagli si trovano anche nell'articolo pubblicato in occasione della sua morte sul quotidiano “La Nazione”, Anno 52, n. 36, sabato 5 febbraio 1910, p. 4.

LA MORTE DEL PITTORE ULISSE DE MATTEIS
«Ieri si è spento, ottantenne, in Firenze, il cav. professor De Matteis, artista valente, modesto gregario della gloriosa pleiade che ebbe Niccolò Barabino, Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, amicissimi suoi.
Con i due suoi fratelli, di lui maggiori di età, fu a Curtatone col battaglione dei volontari toscani e passò con loro la prigionia dell'Austria a Theresenstadt, dove Stefano Ussi con affetto più che fraterno, mai venuto meno, lo addestrò nel magistero dell'arte.
Intagliatore col Cheloni, coltivò con assidua cura e tenace volere la pittura finché si dette esclusivamente a questa, fondando con Giuseppe Francini uno stabilimento di pittura a smalto su vetro, che poi condusse da sé, seguendo per poco il gusto del tempo e quindi, con opere magistrali innumerevoli in ogni parte d'Italia, in Inghilterra, in Russia, in America, di mano in mano tornando alle forme ed alla tecnica del più fulgido periodo di quell'arte in Italia: stabilimento ed opere che lascia onorato e rinomato retaggio di una vita integra per onestà e virilità di carattere e laboriosissima.
Padre esemplare, educò rigidamente la numerosa famiglia ai sentimenti della dignità e del dovere, ne sviluppò la inclinazione naturale all'arte e ne fece abilissimi continuatori dell'opera sua. Di fortissima tempra, resse alla sventura che di recente gli strappò un figliuolo ed una figliuola che erano il suo orgoglio; ha lottato ora più giorni contro una fierissima bronco-polmonite, che finalmente lo ha vinto.»

L'ampia produzione del De Matteis è contenuta nel “catalogo” pubblicato nel 1915: Officina De Matteis, vetraria: per la costruzione e per il restauro di vetrate dipinte a smalto a gran fuoco, secondo il sistema degli antichi maestri. Per citare alcune realizzazioni:
Decorazione e pitture delle vetrate (Madonna con Bambino e gli stemmi di John Temple Leader e della consorte) per la cappella adiacente la Villa di Maiano nel comune di Fiesole, oltre a varie finestre al vicino castello di Vincigliata (1863-64).
Vetrata con le raffigurazioni Vergine Immacolata, Sacro Cuore di Gesù, San Girolamo, San Germano, San Tarario e San Sofronio presso al Cappella Spinelli nella Basilica di Santa Croce a Firenze (1869).
Pitture sulla cupoletta vetrata della Cappella Rubattino presso il cimitero di Staglieno a Genova, dove lavorò a fianco di Nicolò Barabino (1871).
Profeti dell'Antico Testamento sovrastati dalle Virtù Cardinali e Santi: Abramo e S. Giuseppe, S. Gioacchino, Davide e Sant’Anna, Daniele e presso la Cappella di San Giovanni nella Cattedrale di San Lorenzo a Genova (1875).

Recenti pubblicazioni di interesse per Ulisse De Matteis:

Marilena Caciorgna, Le «idee artistiche… sono variabili secondo le teste e secondo i tempi». Le vetrate attribuite alla bottega di Domenico Ghirlandaio nel Duomo di Siena, l’intervento di Giuseppe Partini, il restauro di Ulisse De Matteis, in «Quaderni dell’Opera», 13-14, 2009-2010, pp. 215-280.

Nancy Thompson, The State of Stained Glass in 19th-Century Italy: Ulisse De Matteis and the vitrail archéologique, in «Journal of Glass Studies», The Corning Museum of Glass, Corning, New York, n. 52, 2010, 217-231.

NOTE E RIFERIMENTI
(01) Archivio Vescovile di San Miniato, n. 1547, c. 183, documento del 20 gennaio 1858; cfr. S. Renzoni, La ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento, in La Cattedrale di San Miniato, a cura di C. G. Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 222.
(02) Archivio Vescovile di San Miniato, n. 1547, c. 474, documento del 8 aprile 1859; cfr. S. Renzoni, La ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento, in La Cattedrale di San Miniato, a cura di C. G. Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 222; cfr. R. Roani, Restauri a San Miniato al Tedesco: documenti per una storia, in «Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 63, San Miniato, 1996, pp. 179, 192; poi anche in R. Roani, Restauri in Toscana tra Settecento e Ottocento, Edifir, Firenze, 2005, pp. 95-96. Secondo Roani, la data sarebbe da leggere come 28 aprile 1859.
(03) Archivio Vescovile di San Miniato, n. 1547, documento del 22 ottobre 1859; cfr. S. Renzoni, La ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento, in La Cattedrale di San Miniato, a cura di C. G. Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 222.
(04) Archivio Vescovile di San Miniato, n. 1546, lettera del 27 ottobre 1859 e lettera del 16 novembre 1859; cfr. S. Renzoni, La ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento, in La Cattedrale di San Miniato, a cura di C. G. Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 222. cfr. R. Roani, Restauri a San Miniato al Tedesco: documenti per una storia, in «Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 63, San Miniato, 1996, pp. 179, 192; poi anche in R. Roani, Restauri in Toscana tra Settecento e Ottocento, Edifir, Firenze, 2005, pp. 95-96. Secondo Roani, la data del 16 novembre sarebbe da leggere come 5 novembre 1859.
(05) Archivio Vescovile di San Miniato, n. 1546, lettera del 16 novembre 1859 e lettera del 25 novembre 1859; cfr. R. Roani, Restauri a San Miniato al Tedesco: documenti per una storia, in «Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 63, San Miniato, 1996, pp. 179-180; cfr. S. Renzoni, La ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento, in La Cattedrale di San Miniato, a cura di C. G. Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 223.
(06) Archivio Vescovile di San Miniato, n. 1546, c. 92, documento del 31 agosto 1861; cfr. R. Roani, Restauri a San Miniato al Tedesco: documenti per una storia, in «Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 63, San Miniato, 1996, pp. 180, 192; cfr. S. Renzoni, La ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento, in La Cattedrale di San Miniato, a cura di C. G. Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 223.
(07) Archivio Vescovile di San Miniato, n. 1546, c. 194, documento del 15 dicembre 1861; cfr. S. Renzoni, La ristrutturazione della Cattedrale tra Ottocento e Novecento, in La Cattedrale di San Miniato, a cura di C. G. Romby, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2004, p. 223.
(08) G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche antiche e moderne, Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, p. 49.

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