a
cura di Francesco Fiumalbi
Sulla
facciata del piccolo corpo di fabbrica addossato alla cosiddetta
“Porta Toppariorum”, lungo via Augusto Conti, si trova collocata
una curiosa iscrizione. E' sotto gli occhi di tutti da molti decenni,
ma nessuno sembra averci prestato attenzione. Non è citata nella
Guida di
Giuseppe Piombanti e non
è presente neppure nell'attento e puntale Corpus
delle iscrizioni sanminiatesi,
pubblicato
da Anna Matteoli in quattro “puntate” sul Bollettino
dell'Accademia degli Euteleti (nn. 46/1976, 47/1977, 49/1982 e
50/1983). Nessuno, nella storiografia sanminiatese, sembra essersene
occupato. Si tratta, dunque, di una iscrizione “inedita”.
San Miniato, via
Augusto Conti
Foto di Francesco
Fiumalbi
San Miniato, via
Augusto Conti
Foto di Francesco
Fiumalbi
D'altra parte un'ampia
porzione dell'iscrizione risulta illeggibile, irrimediabilmente
consunta. Questa circostanza dipende dal fatto che quella odierna non
è la sua collocazione originaria. Dal modo con cui è stata
“consumata” si può facilmente ipotizzare che fosse sistemata “a
terra”, probabilmente a mo' di soglia per una porta, in un luogo,
cioè, dove le persone transitavano frequentemente. Questa la
trascrizione del frammento ancora leggibile:
+
QUESTA CAPPELLA E OPERA FU
FACTA
E RECTA TUCTA COLLE SPESE
MATTEO
DI
GUENTINO
FORTINO
SUA
EDITU
DELL’ANNO
MESE DI GUNGNIO
Foto
di Giuseppe Chelli, per gentile disponibilità
Si tratta di un'iscrizione in volgare, non in latino. Dai caratteri e dalle parole usate potrebbe essere tre-quattrocentesca. Essendo l'anno illeggibile, non è possibile stabilirlo.
Innanzitutto il testo fa riferimento ad una “cappella”, ad un luogo religioso, che tuttavia non doveva essere “parrocchiale”, altrimenti si sarebbe utilizzato un termine come “chiesa” o “ecclesia”. Una cappella che fu costruita affiancata ad un'“opera”, ovvero ad un'istituzione (oggi si direbbe una “fondazione” o una “associazione”) appositamente dedita al suo funzionamento e con finalità benefiche e/o assistenziali. L'“opera” in questo caso non va confusa con la “fabbrica”, ma con l'attività che in essa veniva svolta.
Innanzitutto il testo fa riferimento ad una “cappella”, ad un luogo religioso, che tuttavia non doveva essere “parrocchiale”, altrimenti si sarebbe utilizzato un termine come “chiesa” o “ecclesia”. Una cappella che fu costruita affiancata ad un'“opera”, ovvero ad un'istituzione (oggi si direbbe una “fondazione” o una “associazione”) appositamente dedita al suo funzionamento e con finalità benefiche e/o assistenziali. L'“opera” in questo caso non va confusa con la “fabbrica”, ma con l'attività che in essa veniva svolta.
Sempre
dal testo troviamo la parola “fortino” ed è facile ipotizzare
che la cappella in questione sia proprio Santa Maria al Fortino. La
circostanza, infatti, è molto plausibile. La piccola chiesetta
situata all'intersezione fra le attuali , via Roma, via Catena e via
Dalmazia è di proprietà dell'Arciconfraternita di Misericordia di
San Miniato, a cui appartiene anche il muro su cui è collocata
l'epigrafe. Tra l'altro, fra il 1930 e il 1932, grazie ai proventi di
una Lotteria Nazionale, la stessa Misericordia poté entrare in
possesso del Palazzo Roffia e dell'edificio attiguo, oltre a
restaurare l'oratorio di Santa Maria al Fortino che divenne il
“Sacrario” per i Caduti della Prima Guerra Mondiale, inaugurato
alla presenza del Re Vittorio Emanuele III. Di tutto questo ne
abbiamo parlato nei post: GALANTUOMINI
– PALAZZO ROFFIA SEDE DELLA MISERICORDIA DI SAN MINIATO
e IL
RE A SAN MINIATO.
Foto
di Francesco Fiumalbi
E,
forse, fu proprio in occasione dei restauri, condotti sotto la
supervisione del Canonico Francesco Maria Galli Angelini, che
l'epigrafe fu tolta dalla sua collocazione originaria e risistemata
dove la possiamo vedere ancora oggi.
E'
probabile che quel Matteo citato nell'iscrizione sia proprio quel
“Meo” di Stracollo che viene ricordato quale fondatore
dell'Ospedale delle Colline o di Santa Maria al Fortino, attraverso
il lascito di una casa e un orto “ai poveri di Dio”, affinché
l'abitazione servisse da ospedale. Il nome, tra l'altro è ricavato
dalla “cronaca” quattro-cinquecentesca del convento di San
Domenico e può darsi che “Teo” (diminutivo di Matteo), nella
trascrizione sia diventato proprio “Meo”.
Tornando
alla donazione, questa fu stabilita attraverso un atto datato 12
aprile 1298 e prevedeva che, alla sua morte, la direzione
dell'ospedale andasse alla moglie. Alla morte di entrambi sarebbe
subentrato il Comune di San Miniato che avrebbe dovuto scegliere il
nuovo “spedalingo” entro un mese, altrimenti il diritto sarebbe
passato al rettore della chiesa di S. Jacopo. Si trattava della
chiesa dei SS. Jacopo e Lucia, comunemente detta di San Domenico
perché retta, fin dal 1331, da una comunità di Frati Predicatori. E
fu così che l'ospedale entrò nell'orbita dei Domenicani, i quali
provvidero all'ospedale e alla costruzione della cappella,
beneficiando anche di generose elargizioni da parte di Giovanni
Chellini, celebre medico sanminiatese che abbiamo già incontrato nel
post UN
SANMINIATESE A LONDRA. [per approfondire L. Tognetti, Il
convento dei SS. Jacopo e Lucia di San Miniato nel racconto del primo
libro della Cronaca,
in T. S. Centi, P. Morelli, L. Tognetti, SS.
Jacopo e Lucia: una chiesa, un convento. Contributi per la storia
della presenza dei Domenicani in San Miniato,
Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato, Tip. Palagini,
San Miniao, 1995, pp. 99-100].
Sfortunatamente
la porzione illeggibile dell'iscrizione non fornisce ulteriori
elementi. Si legge, ad esempio, anche la parola “Guentino”. Si
tratta di un'altra persona coinvolta nelle donazioni all'ospedale?
Oppure M[att]eo di Stacollo era originario di San Quintino, che nei
documenti più antichi spesso viene indicato proprio come San
Guentino? E' impossibile stabilirlo.
E
poi, il mese di “giugno”, senza conoscere l'anno. L'atto di
donazione abbiamo visto essere dell'aprile 1298, ma poi l'ospedale
rimase comunque nella disponibilità di Meo e poi della moglie.
Quindi potrebbero essere trascorsi anche molti anni prima che il
tutto finisse sotto la direzione dei Domenicani. E se l'iscrizione
facesse riferimento al momento in cui i frati presero il controllo
della struttura, allora non è possibile ottenere conferme o
indicazioni in proposito.
Con
questi pochi elementi a disposizione non si può dire altro e molti
interrogativi rimangono al momento irrisolti. La ricerca continua...
chiunque avesse elementi o informazioni utili alla comprensione del
testo dell'epigrafe....
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