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La “Befana”
è un personaggio caratteristico della tradizione toscana, ed
italiana in genere, che probabilmente trae la propria origine dalle
antiche credenze pagane. Il nome di “befana” compare nel XVI
secolo, con evidente richiamo al termine “Epifania” di cui
sarebbe una corruzione.
Almeno nel passato, la Chiesa
Cattolica non ha mai visto di buon occhio una simile tradizione,
incentrata sulla figura di una donna anziana, munita di abiti
consunti e di una scopa, che fa visita ai bambini nella notte fra il
5 e il 6 gennaio, distribuendo dolcetti o carbone. In ogni caso, si
tratta di una tradizione che è sempre stata abbastanza tollerata,
almeno finché circoscritta all'ambito familiare e per questo è
giunta fino ai giorni nostri.
Non fu tollerato, tuttavia,
l'episodio che vide coinvolti i frati agostiniani del Convento della
SS. Annunziata detta “Nunziatina”. Quest'ultimi tennero il
convento e la chiesa dal 1522, quando fu loro assegnata dalla
Compagnia della SS. Annunziata, fino alle soppressioni leopoldine
della fine del '700.
Foto di Francesco Fiumalbi
Nel 1673 i frati agostiniani della
Nunziatina avevano fatto un fantoccio, dalle sembianze tipiche della
Befana, e lo avevano esposto ad un terrazzo proprio la mattina
dell'Epifania. Un po' come se oggi venisse esposto in una chiesa il
bambolotto di Babbo Natale, di quelli che vengono posizionati alle
finestre delle case durante il periodo natalizio. La figura di Babbo Natale ha un'origine “commerciale” e
non presenta alcun richiamo alla sfera religiosa.
Curiosamente il terrazzo utilizzato
per esporre la Befana esiste ancora oggi. Non è proprio un balcone,
ma piuttosto una loggia. Anzi, per essere precisi, si tratta di una
cosiddetta “altana”, simile a quelle presenti nei palazzi
nobiliari come Palazzo Grifoni e Palazzo Sanminiati-Pazzi, oggi
Piccolo.
verosimilmente, fu esposto il
fantoccio della Befana
Foto di Francesco Fiumalbi
La cosa non sfuggì agli occhi di
chi di dovere e finì a carte bollate di fronte al Tribunale
Ecclesiastico di San Miniato, connesso alle attività della Diocesi.
Di questo episodio, se ne trova testimonianza nell'Archivio Vescovile
di San Miniato, fondo Tribunale Ecclesiastico, filza 1638-1690,
fascicolo n. 10 e riportato sinteticamente in Processi informativi
ed atti criminali dal 1622 al 1707. Repertorio del Tribunale
Ecclesiastico Diocesano di San Miniato, a cura di Livio Tognetti,
Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato, Tip. Palagini,
San Miniato, 1994, p. 68.
Non è conosciuto il contenuto e il
tono della sentenza che fu certamente di condanna. Verosimilmente, la
questione fu risolta con un accorato richiamo al rispetto delle
regole canoniche e con un provvedimento sanzionatorio, sia di tipo
spirituale (celebrazioni liturgiche in riparazione dell'offesa) che
di tipo materiale (sequestro o pignoramento di oggetti, materiali e
prodotti agricoli).
Foto di Francesco Fiumalbi
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