E' un po' di tempo che l'argomento mi frulla nella testa ed il dolce ricordo mi fa compagnia. La mente ritorna ai fine anni sessanta, inizio settanta, sul campo di asfalto della Crocetta, vicino alla chiesa del mitico Don Benvenuti che, la domenica mattina, ci esortava sempre a far meno rumore ed abbassare i toni perché: “Fra poco inizia la S. Messa”.
Nei
lunghi pomeriggi, tutti trascorsi a giocare a basket, avevamo delle
pause dovute agli allenamenti ed assistevamo sempre a quello delle
squadre femminili, sia “grandi”, sia “piccole”. La partita di
basket prevede dieci giocatrici in campo e, spesso, le ragazze non
arrivavano a questo numero, era naturale che due o tre ragazzi
scendessero in campo per completare i ranghi. Giocare fra “squadre
miste” è stato, per me, una grande lezione di vita. Nel solito
gioco disputato fra maschietti il confronto era spesso abbastanza
“duro”, diciamo “grintoso”, lavoravi di gomito, di spalla,
spingevi ed eri spinto, sempre con malizia ed agonismo, mai con
cattiveria, però volevi prevalere, anche con una certa forza.
Quando
eri mischiato con le ragazze la musica cambiava, dovevi subito capire
che: Tu sei Tu, Lei è Lei. Da questa naturale consapevolezza
iniziava a nascere un profondo rispetto che Ti impediva anche solo di
sfiorare quei bei corpi in movimento. Il gioco non era più un
confronto di forze che si incontrano e, a volte, si scontrano, ma una
specie di danza fra dieci ragazze e ragazzi che cercavano di giocare
bene. Non che le ragazze, fra loro, non dimostrassero agonismo o
evitassero confronti anche determinati o contatti ruvidi, però, noi
maschietti, evitavamo accuratamente di essere coinvolti e tenevamo
sempre comportamenti molto eleganti o, se volete, galanti. Nasceva e
si è mantenuto vivo ancora oggi questo grande sentimento che mi fa
sempre riconoscere ed apprezzare l'elemento femminile con un profondo
e naturale rispetto, dovuto a mio avviso a tutti, ma, un po' di più
nei confronti delle donne. Un proprio senso dei “limiti” da
rispettare, o di “rispetto” che, purtroppo, nella società di
oggi viene spesso a mancare, per non parlare degli abusi e delle
violenze che, purtroppo, riempiono le cronache di ogni giorno.
Giocare fra squadre miste, a mio avviso, ci ha anche preparato a vivere educatamente rapporti migliori ed ogni azione di gioco ci ha migliorato, non solo nel basket, ma nella capacità di fare gioco di squadra ed affrontare la vita insieme a partner femminili con le quali giochi il “gioco della vita”. A mio avviso il miglior modo di giocare e di viverla è nella ricchezza della collaborazione, non passi e ricevi solo un pallone, non sostieni o inciti il partner a dare il meglio di se, in ogni situazione e circostanza, non cerchi solo di aiutarla o proteggerla ma dai e ricevi in continuazione contributi essenziali.
La ricchezza di una collaborazione nasce da questo primo riconoscimento: “Tu sei Tu, Lei e Lei”, che, amplificato, non porta ad una semplice somma di due elementi già complementari di per se stessi, ma ad una moltiplicazione di fattori che li arricchisce e completa entrambi.
La bellezza della vita condivisa, affrontata insieme non può non farti dedicare questo momento a moglie, figlia, madre, amiche e colleghe che riempiono ogni giorno della Tua vita.
Quante buone cose possono nascere da un vecchio campo di basket, all'ombra di un campanile di S. Miniato, guidati da un allenatore brontolone che, fra una sigaretta e l'altra, riesce anche a trasmetterti dei valori.
Prima
pubblicazione su Facebook 20 marzo 2014. Post già condiviso da
Nicola De Pompeis di Cava dei Tirreni, amico e collega in BMPS sul
diario della moglie. Nicola è un grande appassionato di Basket e
tifa per San Antonio, mio figlio Luca Bartoli per i Clipper. Commento
di Cecilia Alessi: Ottima, profonda riflessione che parte da una
fresca e essenziale sensibilità che si traduce in un dolce ed
adeguato modo di porsi ........ Quel campo di gioco ci ha visti
protagonisti del presente e proiettati in un positivo futuro!
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