Estratto
da G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con
notizie storiche antiche e moderne,
Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 90-97.
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CHIESA
DEL SS. CROCIFISSO
L'anno
1249. dopo la resa del castello di Capraia, Federigo II parecchi
nobili cavalieri fiorentini in suo potere venuti, fece chiudere nella
rocca di S. Miniato, dove poi miseramente perirono. In quel tempo, al
dire del proposto Conti, narra una leggenda che in casa di una povera
vedova due viandanti, che angioli furon creduti, lasciarono in sua
casa una chiusa cassetta, pregandola di custodirla fino al loro
ritorno. Ma poiché essi, lungamente aspettati, più non si videro,
la donna pregò i preti del luogo che volessero aprirla per vedere
che contenesse quel raggiante deposito. Ed oh meraviglia! [091]
comparve quella pietosa immagine di Gesù Crocifisso, che con
trionfal pompa nella vicina chiesa di S. Giusto e Clemente
trasportarono. La qual leggenda, presso altri, varia così: Alcuni
parenti di quei miseri prigionieri fecer loro pervenire, come già fu
detto, quella immagine veneranda, perché da essa traessero conforto
e speranza nei patimenti crudeli in cui si trovavano immersi. In fine
son d'opinione alcuni che, a preghiera degli abitanti, a S. Miniato
fosse lasciata da una di quelle compagnie di penitenza, onde nel
secolo XIII era piena l'Italia. Divisa allora infatti la misera
patria nostra dalle arrabbiate fazioni dei guelfi e dei ghibellini,
che ogni ordine religioso e sociale sconvolsero, gli uomini di
timorata coscienza, da tanti mali atterriti, si dettero a comporre
società di penitenza, dette dei battuti e dei bianchi, che,
precedute da un crocifisso, digiunando e flagellandosi, le campagne e
le città percorrevano, predicando perdono, pace e carità. Anco i
samminiatesi questi esempi largamente imitarono. Poiché compagnie di
mille ottocento persone, di bianche cappe vestite, questo loro
crocifisso, nel 1398, più volte per la Toscana devotamente e con
lacrime a processione portarono, operando, come raccontano, mirabili
conversioni. Grande si fu dopo ciò la venerazione dei samminiatesi
verso il Crocifisso, e sempre più crebbe di poi per le molte grazie
e favori ricevuti. Or dovendo gli [092]
abitanti di S. Miniato, nella occasione della lega guelfa, fabbricare
un nuovo palazzo del popolo, anche vi eressero un oratorio pubblico,
dove con molta festa collocarono quella sacra immagine, togliendola
dalla chiesa di S. Giusto e Clemente. Presto fu necessario istituir
l'Opera del SS. Crocifisso, da tre deputati amministrata, tolti dai
tre terzieri della terra. Gli operai, dice il proposto Conti,
duravano in uffizio un anno, e dovevano trattare tutti i negozi, che
al culto della sacra immagine si riferivano; tener conto delle
limosine, e parte impiegarle in fondi che rendessero frutto, parte
nelle feste, o in uso di pubblica utilità; quindi la carica di
operaio era tenuta in grande onore, e concessa solamente ai più
probi e nobili cittadini. L'Opera elesse e mantenne un cappellano per
l'oratorio, che doveva fare anche scuola ai figli del popolo;
concorse al mantenimento del campanile e dell'organo della
Collegiata; costruì in marmo il suo altar maggiore e poi il
battistero; per maggior decoro delle funzioni, dette ai canonici,
ricompensandoli, l'uffiziatura dell'oratorio; aiutò il municipio per
restaurare e migliorare le carceri e le condizioni dei prigionieri, e
per riaprire il monastero della SS. Annunziata; fece trasportare a S.
Miniato da Lucca, nel 1623, un braccio del beato Ghese; sovvenne del
continuo chiese bisognose, corporazioni religiose, ospedali, prese
parte alle opere tutte di pubblica beneficenza. [093]
Onde
si può dire con verità che l’Opera del SS. Crocifisso è stata
mai sempre per S. Miniato una vera benedizione. – Nella occasione
della pestilenza del 1637 fecer voto i samminiatesi, per esserne
liberati, d’inalzargli un più grande e sontuoso oratorio.
Attesero, dice il COnti, una metà di secolo a raccogliere i mezzi, e
poi elessero tre illustri cittadini a prepararne il disegno. Ma
l’impresa incontrava difficoltà, perché lo splendore delle
antiche famiglie era andato declinando, e mancava un uomo di grande
iniziativa, come dicono, il cui coraggio superasse e vincesse ogni
sorta di ostacoli. Ora un tal uomo lo trovò S. Miniato in mons.
Giovanni Francesco Poggi, il quale spese diciassett’anni, e la
parte migliore della sua vita pel bene della diocesi e per l’oratorio
nuovo; quindi la biografica dell’illustre prelato non è che la
storia del nuovo oratorio e della diocesi nostra in quel tratto di
tempo. SI acquistò a tal fine, nel 1705, il bosco del Mercati, tra
la rocca e il palazzo del municipio, e, abbattutolo, si pose mano ai
lavori. Atterrarono il muro, che circondava la piazza del Duomo, e
quello più alto che attorniava la rocca per preparare il materiale
da costruzione. Il vescovo stesso ed il clero, per trarre il popolo
ad imitarne l’esempio più volte lavorarono come semplici operai
trasportando terra e materiali. Le pietre fondamentali le pose il
vescovo solennemente, [094]
con molte reliquie, medaglie e monete, il 3 maggio 1706. Il nuovo
tempio, che meno di trentamila scudi non può costare, fu eretto
dall’unanime concorso, dalla operosità e dalla carità dei
cittadini e dei diocesani in tutto preceduti e animati dal vescovo.
Ai 26 luglio del 1718, il Crocifisso, portato prima da mons. Poggi
con esultanza generale a processione per la città, venne da lui con
grande solennità nel tabernacolo della nuova chiesa riposto, e
l’oratorio, dove più di tre secoli era stato, collocatavi
l’immagine della Madonna di Loreto, prese il nome popolare di
loretino.
Negli anni 1759 e 1760, bisognosa di molti lavori, anco per l’umidità
del soprastante colle, venne tutta restaurata e rafforzata. Ai 4
novembre 1786, il novatore Pietro Leopoldo, che dava non raramente
bastonate a chi avrebbe meritato il premio, soppresse l’Opera
veramente benemerita del Crocifisso, ordinando la consegna della
chiesa e di tutto ciò che a lei apparteneva al Capitolo,
coll’obbligo a questo di passare all’amministrazione dello
spedale di S. Miniato tutte le argenterie, che all’uso
dell’oratorio avevan servito, più la somma di scudi cento l’anno.
Ma il Capitolo, soddisfatti gli obblighi, che rimasero, poco o nulla
ritraeva epr sé da questa amministrazione, e spesso rimetteva del
proprio. Onde il vescovo Brunone Fazzi, nell’aprile del 1803,
erigeva la Congregazione del SS. Crocifisso dandole un regolamento,
dal [095]
governo approvato, e sotto la dipendenza dello stesso Capitolo la
poneva, perché, secondo sue forze, l’antica Opera sostituisse nel
provvedere ed uffiziare il celebre oratorio. I soci effettivi di
questa utile congregazione furono dapprima ventiquattro, ed oggi
possono essere trentatre. Erigeva essa, nel 1824, il nuovo altar
maggiore di marmo. Nel 1844 anco il pavimento di marmo si fece, e poi
la scala a due branche di fuori coi suoi ornamenti. – La chiesa è
a croce greca, di non vaste proporzioni, svelta, illuminata e bella,
sormontata da cupola, che a metri trentadue s’inalza. Sorge ardita
sulla costa declive del poggio, sotto la rocca di Federigo II,
rimpetto al palazzo comunale, dal cui piano si eleva per metri dieci.
Ha tre altari: alla Concezione di Maria e a S. Francesco di Paola uno
è sacro, eretto da Sabatino Dani; l’altro al transito di S.
Giuseppe, fatto da Giovacchino Ansaldi. Antonio DOmenico Bamberini
samminiatese tutta la dipinse, i tre periodi svolgendo della storia
del Redentore. Cioè, di aspettazione: e tu vedi a buon fresco, nella
parte più alta, i profeti coi loro vaticini,e altri simboli e
avvenimenti relativi alla venuta del Salvatore; di dimora fra gli
uomini: e osservi, a chiaro scuro rappresentati, i fatti principali
della sua vita; della sua gloria: ed ecco la discesa al limbo, la sua
risurrezione ed ascensione, e, nella cupola, il suo glorioso e
trionfante ingresso nel cielo, in un [096]
torrente
di luce, tra folte schiere di angioli. Sopra l'altar maggiore, in
un'urna del muro, tra le immagini della Vergine addolorata e di S.
Giovanni, sta chiuso il Crocifisso di ricchi voti adorno. Sulla
tavola che chiude l'urna Angelo Lanfranchi dipinse Gesù Cristo
risorto. Raramente si scopre questa sacra immagine, e le sei chiavi,
che ne chiudono i due sportelli, son custodite in parte dal vescovo,
dal capitolo, dal capo della confraternita. Essa fu tenuta in grande
venerazione anco nel resto della Toscana; e frequentemente era prima
visitata da divoti pellegrini, da malati bisognosi di soccorso, da
personaggi illustri. Molte furono le grazie da Dio in ogni tempo
concedute a tutti coloro, che con viva fede e calda preghiera a
questa taumaturga immagine si rivolsero; e le votive tavolette che
ancora rimangono ne fanno fede, con quelle moltissime sventuratamente
non conservate, di cui le pareti eran piene dell'antico oratorio. –
«La venerata immagine di questo prodigioso Crocifisso, dice il
proposto Conti, è una scultura in legno assai bella e proporzionata
in ogni sua parte, ma palesa tosto la sua antichità da che in essa
non trovi l'arte e la notomia del nudo, i nervi e le vene; bensì
l'effigie del volto è piena di quella divota maestà, che gli
artisti del XII secolo sapevano con poche linee dare alle loro
figure. L'altezza del simulacro dalla sommità del capo alla pianta
dei piedi [097]
è di circa settantasei centimetri; l'allungamento delle braccia,
ricurve e confitte sulla croce, è di circa cinquantasei centimetri.
Gli occhi appaiono rannuvolati tra le nebbie della morte; le labbra
livide e nere, ma eloquenti, perché sembrano ancora agitate dal
tremito dell'agonìa; il capo lievemente inclinato, come di colui,
che volontariamente e per amore lo chinò sotto lo strale di morte;
le membra tutte livide e coperte di acerbi squarci e di sangue, in
guisa che qualunque volta questa sacra immagine è tratta fuori
dall'urna, si son viste numerose turbe, accorse per venerarla,
commuoversi e sospirare, e anco cadere le lacrime dagli occhi di
tanti, che stimati erano indifferenti o freddi...... Questa è
l'immagine di Gesù Cristo paziente e crocifisso, qual venne
descritto nei quattro evangeli, e cammina alla testa dell'umanità
nel pellegrinaggio di questa terra» (22). [VAI ALLE NOTE ↗]
Il Santuario del SS. Crocifisso di Castelvecchio
Foto di Francesco Fiumalbi
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