Estratto
da G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con
notizie storiche antiche e moderne,
Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 105-110.
[105]
SAN
FRANCESCO
La
chiesa e il convento di S. Francesco, dice il Repetti, sono un
colosso, che sulle balze s’inalza d’un colle tufaceo, da immensi
fondamenti sostenuto e da [106]
muraglie a barbacane, tutto in mattoni edificato. Essa è la fabbrica
più gigantesca di quante altre ne conta S. Miniato. Qui, dove ora
sorge questo colossale edifizio, fu in antico il piccolo tempio di S.
Miniato, dato in dono dalle autorità del luogo al patriarca d’Assisi
nel 1211. E il famoso fra Elia, come narrano, di cose grandi amatore,
e chiesa e convento sopraedificò col suo disegno, finiti nel 1276,
restando sempre la chiesa dedicata al santo martire Miniato. Nel
secolo XV, come ben chiaro rilevasi anche dalla facciata, la chiesa
venne molto ingrandita da Francesco Viti Rondinelli e dall’opera di
Guccio di Pasqua di Guccio, benefattore del secolo precedente, la cui
amministrazione fu tolta ai laici da Sisto IV e data ai francescani
detti conventuali. Le nobili famiglie del paese vi concorsero
edificandone gli altari (25) [VAI
ALLE NOTE ↗]. E insieme alle tombe gentilizie li possedevano i
Portigiani, i Roffia, i Buonaparte, i Ciccioni, i Mercati, gli
Spadalunghi, i Migliorati, gli Stefani. L’architettura poi della
chiesa e del convento, dice il Rondoni, sebbene deturpata dai
raffazzonamenti di quel secolo, serba tuttora la maestà dello stile
romano col quale venne edificato, per modo che anticamente, a
testimonianza di artisti valenti, dovette essere un vero lavoro di
arte bella. Anco i potestà samminiatesi ci avevano la sepoltura; vi
si vedono tuttora le tombe di Nerlo dei Nerli e di Baldo dei [107]
Frescobaldi,
ed ogni anno ci veniva la Signoria ad offerire
al
beato martire Miniato. A tal proposito l’antico Statuto
samminiatese dice così: - La festa del beato martire Miniato
difensore e patrono, il cui nome venerando a questa terra fu dato,
sarà celebrata ogni anno in perpetuo ai 25 d’ottobre dai signori
potestà, capitano, e dagli altri ufficiali nostri nella chiesa dei
frati conventuali, con tutti gli abitanti della detta terra, con
riverenza devota e solenne munificenza. – Il convento è ampio e
grandioso: ha due chiostri, numerose celle, belle sale e corritoi,
coi ritratti degli uomini illustri dell’ordine, e dai suoi
finestroni si ammirano vaste, variate e incantevoli prospettive.
Possedeva oggetti d’arte e opere egregie; ma ai tempi della
soppressione napoleonica sparirono. Chiusa la chiesa e il convento,
alienati i possessi, ogni altra cosa fu pur manomessa o venduta,
comprese le campane, che Giovan Battista Stefani rifuse nel 1845.
Ripristinati nel 1817 i benemeriti religiosi, che alle vicende
dell’antico castello avevan preso parte quasi messaggeri di
concordia e di pace, per dieci anni dimorarono nell’abbandonato
monastero di S. Paolo. Nel 1827 all’amata loro dimora tornarono,
dopo che e chiesa e convento coll’aiuto dei benefattori furono
restaurati. Di nuovo soppressi nel 1866, provvisoriamente lasciarono
aperta la chiesa con due custodi. Ma [108]
quell’antico ricordo di S. Francesco d’Assisi, che fu il santo
più popolare dei suoi tempi; quel tempio dedicato al patrono della
città, dove pur riposano le ceneri d tanti illustri concittadini;
quel monumentale avanzo di architettura toscana non poteva essere
dimenticato e abbandonato dai samminiatesi. Per toglierlo dalle mani
del demanio, che lo poneva in vendita, un comitato di cittadini si
formò, il quale raccolse circa diecimila lire; ed efficacemente i
religiosi, nel 1872 venne riacquistato. Il dì 8 dicembre dell’anno
stesso fu solennissima festa. Riaperta la chiesa, mirabile per la sua
magnificenza e per la sveltezza degli archi, cantato il Te
Deum
dal vescovo, dal clero, dal popolo, i figli di S. Francesco tornarono
al possesso di quel grandioso sacro monumento, che piccolo e umile,
sette secoli prima, al loro santo patriarca era stato donato.
Prendendone un’altra volta possesso, i minori conventuali ne fecero
un collegio di studenti per inviarli poi, fatti sacerdoti, alle
missioni estere. – Entrando, per la porta maggiore, nella vasta
chiesa, il primo altare a destra è sacro a S. Biagio e Gaetano, e
appartenne alla famiglia Stefani; dopo il quale incontrasi quello
della SS. Annunziata, eretto dall’opera di Guccio di Pasqua, quivi
fondata nel 1392. Viene l’altare di S. Giovanni decollato, che alla
famiglia Franchini [109]
appartenne, e poi quello dedicato a S. Bernardo e al beato Sorore,
fatto a spese dello spedale della Scala di S. Miniato. Rimpetto
all’organo sorge l’altare del transito di S. Giuseppe di
proprietà della famiglia Roffia. La cappella del Crocifisso, che è
pur quella del Sacramento, ed era della famiglia Migliorati, ha
dietro l’altare una grande e bella immagine di Gesù Crocifisso in
rilievo del 1593. Viene la cappella del patriarca d’Assisi, che ha
la statua del santo in una urna, della famiglia Portigiani. Sui
pilastri, ai lati dell’altar maggiore, sono in marmo le mezze
figure del patrono S. Miniato e di S. Francesco d’Assisi. Questo
principale altare lo fecero nuovo nel 1796, di sopra togliendoci la
statua del Redentore risorto, che, nel 1723, vi era stata collocata,
e si vede presentemente sotto la chiesa del SS. Crocifisso, rimpetto
al palazzo comunale. Si pare al suo lato destro la cappella della
Concezione di Maria, il cui altare lo fece la famiglia Ansaldi.
Scendesi quindi nella sacrestia, che ha un altare dedicato al
Crocifisso, la quale, per lo zelo dei religiosi, di molti e bei
parati è fornita. Sotto l’organo magnifico, che questa chiesa
possiede, sembra esistesse una cappella, forse della famiglia
Borromei, dove si vedono i guasti avanzi di buoni affreschi, alla
scuola di Giotto attribuiti. Viene, dopo l’organo, l’altare
dedicato all’Assunta, fatto dalla compagnia [110]
omonima,
che in questa chiesa esisteva (26) [VAI
ALLE NOTE ↗].
Gli altari di S. Antonio di Padova, dov’è una statua del santo
fatta dal Giacobbi, e quello in onore del santo patrono Miniato li
edificò la famiglia Buonaparte, e i Mercati eressero l’ultimo, che
è sacro all’Arcangelo Michele. Fatto cadere l’intonaco, comparve
lì presso l’immagine di S. Cristoforo; ma eseguite altre prove non
riusciron felici.
Chiesa di San Francesco
Foto di Francesco Fiumalbi
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