venerdì 26 dicembre 2014

G. PIOMBANTI – GUIDA DI SAN MINIATO – SAN FRANCESCO



Estratto da G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche antiche e moderne, Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 105-110.

[105] SAN FRANCESCO

La chiesa e il convento di S. Francesco, dice il Repetti, sono un colosso, che sulle balze s’inalza d’un colle tufaceo, da immensi fondamenti sostenuto e da [106] muraglie a barbacane, tutto in mattoni edificato. Essa è la fabbrica più gigantesca di quante altre ne conta S. Miniato. Qui, dove ora sorge questo colossale edifizio, fu in antico il piccolo tempio di S. Miniato, dato in dono dalle autorità del luogo al patriarca d’Assisi nel 1211. E il famoso fra Elia, come narrano, di cose grandi amatore, e chiesa e convento sopraedificò col suo disegno, finiti nel 1276, restando sempre la chiesa dedicata al santo martire Miniato. Nel secolo XV, come ben chiaro rilevasi anche dalla facciata, la chiesa venne molto ingrandita da Francesco Viti Rondinelli e dall’opera di Guccio di Pasqua di Guccio, benefattore del secolo precedente, la cui amministrazione fu tolta ai laici da Sisto IV e data ai francescani detti conventuali. Le nobili famiglie del paese vi concorsero edificandone gli altari (25) [VAI ALLE NOTE ↗]. E insieme alle tombe gentilizie li possedevano i Portigiani, i Roffia, i Buonaparte, i Ciccioni, i Mercati, gli Spadalunghi, i Migliorati, gli Stefani. L’architettura poi della chiesa e del convento, dice il Rondoni, sebbene deturpata dai raffazzonamenti di quel secolo, serba tuttora la maestà dello stile romano col quale venne edificato, per modo che anticamente, a testimonianza di artisti valenti, dovette essere un vero lavoro di arte bella. Anco i potestà samminiatesi ci avevano la sepoltura; vi si vedono tuttora le tombe di Nerlo dei Nerli e di Baldo dei [107] Frescobaldi, ed ogni anno ci veniva la Signoria ad offerire al beato martire Miniato. A tal proposito l’antico Statuto samminiatese dice così: - La festa del beato martire Miniato difensore e patrono, il cui nome venerando a questa terra fu dato, sarà celebrata ogni anno in perpetuo ai 25 d’ottobre dai signori potestà, capitano, e dagli altri ufficiali nostri nella chiesa dei frati conventuali, con tutti gli abitanti della detta terra, con riverenza devota e solenne munificenza. – Il convento è ampio e grandioso: ha due chiostri, numerose celle, belle sale e corritoi, coi ritratti degli uomini illustri dell’ordine, e dai suoi finestroni si ammirano vaste, variate e incantevoli prospettive. Possedeva oggetti d’arte e opere egregie; ma ai tempi della soppressione napoleonica sparirono. Chiusa la chiesa e il convento, alienati i possessi, ogni altra cosa fu pur manomessa o venduta, comprese le campane, che Giovan Battista Stefani rifuse nel 1845. Ripristinati nel 1817 i benemeriti religiosi, che alle vicende dell’antico castello avevan preso parte quasi messaggeri di concordia e di pace, per dieci anni dimorarono nell’abbandonato monastero di S. Paolo. Nel 1827 all’amata loro dimora tornarono, dopo che e chiesa e convento coll’aiuto dei benefattori furono restaurati. Di nuovo soppressi nel 1866, provvisoriamente lasciarono aperta la chiesa con due custodi. Ma [108] quell’antico ricordo di S. Francesco d’Assisi, che fu il santo più popolare dei suoi tempi; quel tempio dedicato al patrono della città, dove pur riposano le ceneri d tanti illustri concittadini; quel monumentale avanzo di architettura toscana non poteva essere dimenticato e abbandonato dai samminiatesi. Per toglierlo dalle mani del demanio, che lo poneva in vendita, un comitato di cittadini si formò, il quale raccolse circa diecimila lire; ed efficacemente i religiosi, nel 1872 venne riacquistato. Il dì 8 dicembre dell’anno stesso fu solennissima festa. Riaperta la chiesa, mirabile per la sua magnificenza e per la sveltezza degli archi, cantato il Te Deum dal vescovo, dal clero, dal popolo, i figli di S. Francesco tornarono al possesso di quel grandioso sacro monumento, che piccolo e umile, sette secoli prima, al loro santo patriarca era stato donato. Prendendone un’altra volta possesso, i minori conventuali ne fecero un collegio di studenti per inviarli poi, fatti sacerdoti, alle missioni estere. – Entrando, per la porta maggiore, nella vasta chiesa, il primo altare a destra è sacro a S. Biagio e Gaetano, e appartenne alla famiglia Stefani; dopo il quale incontrasi quello della SS. Annunziata, eretto dall’opera di Guccio di Pasqua, quivi fondata nel 1392. Viene l’altare di S. Giovanni decollato, che alla famiglia Franchini [109] appartenne, e poi quello dedicato a S. Bernardo e al beato Sorore, fatto a spese dello spedale della Scala di S. Miniato. Rimpetto all’organo sorge l’altare del transito di S. Giuseppe di proprietà della famiglia Roffia. La cappella del Crocifisso, che è pur quella del Sacramento, ed era della famiglia Migliorati, ha dietro l’altare una grande e bella immagine di Gesù Crocifisso in rilievo del 1593. Viene la cappella del patriarca d’Assisi, che ha la statua del santo in una urna, della famiglia Portigiani. Sui pilastri, ai lati dell’altar maggiore, sono in marmo le mezze figure del patrono S. Miniato e di S. Francesco d’Assisi. Questo principale altare lo fecero nuovo nel 1796, di sopra togliendoci la statua del Redentore risorto, che, nel 1723, vi era stata collocata, e si vede presentemente sotto la chiesa del SS. Crocifisso, rimpetto al palazzo comunale. Si pare al suo lato destro la cappella della Concezione di Maria, il cui altare lo fece la famiglia Ansaldi. Scendesi quindi nella sacrestia, che ha un altare dedicato al Crocifisso, la quale, per lo zelo dei religiosi, di molti e bei parati è fornita. Sotto l’organo magnifico, che questa chiesa possiede, sembra esistesse una cappella, forse della famiglia Borromei, dove si vedono i guasti avanzi di buoni affreschi, alla scuola di Giotto attribuiti. Viene, dopo l’organo, l’altare dedicato all’Assunta, fatto dalla compagnia [110] omonima, che in questa chiesa esisteva (26) [VAI ALLE NOTE ↗]. Gli altari di S. Antonio di Padova, dov’è una statua del santo fatta dal Giacobbi, e quello in onore del santo patrono Miniato li edificò la famiglia Buonaparte, e i Mercati eressero l’ultimo, che è sacro all’Arcangelo Michele. Fatto cadere l’intonaco, comparve lì presso l’immagine di S. Cristoforo; ma eseguite altre prove non riusciron felici.

Chiesa di San Francesco
Foto di Francesco Fiumalbi

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