Estratto
da G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con
notizie storiche antiche e moderne,
Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 125-130.
[125]
MONASTERI DI MONTAPPIO E DI S. BENEDETTO; S. MARTINO A CASTIGLIONE;
CAPPUCCINI; S. GONDA E LA CATENA
Sul
colle di Montappio, fuori di porta S. Andrea, fu già un monastero di
agostiniane. Malsicure anch'esse, nei tempi delle discordie e delle
atroci vendette, dal vescovo di Lucca ottendevano nel secolo XIV di
cambiare di loro abito nero in quello bianco di S. Romualdo, e di
stabilirsi a S. Benedetto, sotto il castello di S. Miniato, vicino
proprio al convento di [126]
S.
Caterina. Vissero quivi regolarmente fino al 1500, sotto la
giurisdizione dell'abate dei camaldolesi di S. Bartolommeo e di S.
Gonda, e furon quindi soppresse. Il pontefice Alessandro VI, ai 9
gennaio dell'anno suddetto, dette il monastero e i suoi beni al
Capitolo di S: Miniato; e l'abate di S. Gonda che perciò gli mosse
lite, fece opera vana. Fino al 1790 un canonico ne uffiziò la
chiesa. Dipoi il capitolo otteneva di profanarla, e ridotto il
fabbricato ad abitazioni, l'affittò. Presentemente è casa colonica
e di S. Benedetto conserva il nome.
Fuori
dell'antica porta Poggighisi si scende giù nella valle, e poi si
sale l'opposto colle per andare al convento dei Cappuccini. In cima a
quel colle, a sinistra, sorge una casa colonica, in luogo detto
Castiglione, dove fu l'antica chiesa di S. Martino, nominata nella
bolla di Celestino III del 1194, altrove citata. Ivi gli agostiniani,
finché non andarono a S. Caterina, ebbero cura d'anime. La qual cura
sino alle mura del castello di S. Miniato, si estendeva, come
rilevasi da un istrumento del 30 aprile 1233, citato dal Conti, nel
quale Enrico proposto di S. Genesio, fissava i confini delle tre
parrocchie di S. Martino di Castiglione, dei SS. Giacomo e Filippo a
Pancole, di S. Stefano a S. Miniato. In questo piccolo convento menò
santa vita il beato Ghese, che a Lucca poi morì tra i suoi [127]
confratelli.
Dopo lungo tempo l'antica e cadente fabbrica e cadente fabbrica venne
finalmente restaurata e ridotta come al presente si vede. Intorno a
questa casa sempre con dispiacere si scorgono come a Fibbiastri le
ossa dei poveri cristiani, che vi furono un tempo sepolti, sulle
quale per necessità tu sei costretto a camminare. Ci pensi chi deve.
Dal
poggetto di Castiglione scorgesi lì vicino, in fondo a un viale,
pulito e raccolto il convento dei simpatici cappuccini, che fa colla
sua chiesetta l'impressione d'una piacevole solitaria veduta. Per
dimostrare con quanto favore fosse accolta la proposta di edificare
un convento ai cappuccini, che ha tutta l'apparenza dello
scioglimento di un voto, piacemi riportare la seguente deliberazione
del 23 aprile 1602, tolta dallo archivio capitolare di S. Miniato, e
favoritami dal sig. canonico Teologo Emilio Marrucci, alla cui
gentilezza di altre notizie son pure debitore. – «Convocati
et congregati nella lor solita aula l'illustre et molto rev. sig.
Proposto della Collegiata Chiesa di S. Miniato alto
desco
insieme coll'infrascritti molto rev. sig. Canonici i nomi dei quali
sono questi cioè: l'illustre e molto rev. M. Francesco Seragoni
Proposto ante detto, il molto rev. M. Antonio Borromei, il molto rev.
M. Thomaso Gucci, il molto rev. M. Federigho Franchini, il molto rev.
M. Giov. batta. Buonaparte, il molto rev. [128]
M.
Genesio Spetiali, il molto rev. M. Valerio Ansaldi, il molto rev. M.
Andrea Buonaparte; absenti non di meno M. Silvio Merchati, M.
Vincenzo Machanti et M. Filippo Rophia; atteso la domandita fatta
dall'ill. sig. Cosimo del sig. Piero Ridolfi che mosso da zelo et per
degne et giuste cagioni in questo suo ritorno dalla guerra contro
gl'infedeli, intende volere erigere et fondare a honor di Dio un
convento di frati schappuccini a tutte sue spese nella Podesteria di
S. Miniato, purché sia con beneplacito universale di tutta la terra;
però per quanto s'aspetta a questo clero approvorno tal domanda per
giusta et santa; et sapendo che per tale effetto quesat nostra
magnifica Comunità intende sotto dì 24 stante far generale
consiglio, però per aprire la strada a quei magnifici rappresentanti
et prudentissimi consiglieri, et persuader loro quanto sia bene a
esser pronti a favorire questa pia et santa opera elesseno li molto
rev. M. Genesio Spetiali et M. Andrea Buonaparte lor concanonici con
autorità di comparire in detto consiglio et mostrare l'animo pronto
di questo clero intorno a questo negotio, et anche far sapere a detto
sig. Cosimo quanto questo clero a favore di questa santa opera et
satisfatione di sua Sig. Illma. habbia operato. Vinto per fave otto
nere, nessuna bianca in contrario»
(31) [VAI ALLE NOTE ↗]. – Venuta l'approvazione del magistrato,
[129]
del
granduca e del vescovo di Lucca, pareva si potesse subito por mano
alla erezione del convento; ma alcune difficoltà sopraggiunte fecero
differire la posizione della prima pietra al 23 maggio 1609, in
terreno donato al cav. Ridolfi dal cav. Giovacchino Ansaldi. Condotto
presto a termine, lo abitarono lieti i cappuccini, occupati
indefessamente della propria santificazione e del bene prossimo.
Napoleone dal loro amato ritiro li cacciò, e il 23 ottobre 1814,
sotto Ferdinando III, vi tornarono. Anche dopo la soppressione del
1866, per opera dei signori Giuseppe Antonini e Leopoldo Bertacchi,
con generale soddisfazione lo riacquistarono. La ciesa, di
semplicissimo stile come le altre dell'Ordine, è dedicata alla
Concezione della Vergine e al martire S. Miniato, coloriti con S.
Francesco nella tela dell'altar maggiore. La Madonna col bambino, che
trovasi nella sua prima cappella a sinistra, era prima venerata in
una cappelletta dello stesso luogo sulla pubblica via, di proprietà
del medesimo signor Ansaldi. In coro, dietro l'altar maggiore, v'ha
un antico ritratto di S. Francesco, attribuito a Margheritone
d'Arezzo, familiare e devoto del santo. Le due iscrizioni latine, con
farsi studiate e non comuni, indicanti la fondazione e consacrazione
della chiesa, che sotto il portico della medesima si leggono, le
dettò, qui studente, il cappuccino Francesco Casini d'Arezzo, [130]
il
quale fu poi predicatore apostolico del sacro palazzo e cardinale di
S. Chiesa (32) [VAI ALLE NOTE ↗].
Presso
il borgo, anche oggi detto la Catena, esisteva dicono, prima del
mille, una badìa di camaldolesi, dedicata a S. Bartolomeo e a S.
Gioconda, le cui memorie però non sono anteriori al secolo XIII.
Leone X nel 1514 la soppresse, riunendo i suoi monaci a quelli di S.
Benedetto fuori le mura di Firenze, e suoi beni a quelli del
capitolo di S. Miniato. S. Pio V, dice il Lami, la fece commenda dei
cavalieri di S. Stefano. Appartiene presentemente allo speda di S.
Giovanni di Dio di Firenze, e la sua chiesa è sempre uffiziata. La
Catena sta sotto il castello di Cigoli, alla cui parrocchia
appartiene, ed ebbe questo nome perché, trovandosi sul confine
samminiaese, quivi le merci, entrando, pagavano un pedaggio. Vi fu,
come dicemmo, anche uno spedale, di cui si ha memoria in un
istrumento del 1354.
L'Abbazia di Santa Gonda a La Catena
Foto di Francesco Fiumalbi
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