venerdì 26 dicembre 2014

G. PIOMBANTI – GUIDA DI SAN MINIATO – MONASTERI DI MONTAPPIO E DI S. BENEDETTO; S. MARTINO A CASTIGLIONE; CAPPUCCINI; S. GONDA E LA CATENA



Estratto da G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche antiche e moderne, Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 125-130.

[125] MONASTERI DI MONTAPPIO E DI S. BENEDETTO; S. MARTINO A CASTIGLIONE; CAPPUCCINI; S. GONDA E LA CATENA

Sul colle di Montappio, fuori di porta S. Andrea, fu già un monastero di agostiniane. Malsicure anch'esse, nei tempi delle discordie e delle atroci vendette, dal vescovo di Lucca ottendevano nel secolo XIV di cambiare di loro abito nero in quello bianco di S. Romualdo, e di stabilirsi a S. Benedetto, sotto il castello di S. Miniato, vicino proprio al convento di [126] S. Caterina. Vissero quivi regolarmente fino al 1500, sotto la giurisdizione dell'abate dei camaldolesi di S. Bartolommeo e di S. Gonda, e furon quindi soppresse. Il pontefice Alessandro VI, ai 9 gennaio dell'anno suddetto, dette il monastero e i suoi beni al Capitolo di S: Miniato; e l'abate di S. Gonda che perciò gli mosse lite, fece opera vana. Fino al 1790 un canonico ne uffiziò la chiesa. Dipoi il capitolo otteneva di profanarla, e ridotto il fabbricato ad abitazioni, l'affittò. Presentemente è casa colonica e di S. Benedetto conserva il nome.
Fuori dell'antica porta Poggighisi si scende giù nella valle, e poi si sale l'opposto colle per andare al convento dei Cappuccini. In cima a quel colle, a sinistra, sorge una casa colonica, in luogo detto Castiglione, dove fu l'antica chiesa di S. Martino, nominata nella bolla di Celestino III del 1194, altrove citata. Ivi gli agostiniani, finché non andarono a S. Caterina, ebbero cura d'anime. La qual cura sino alle mura del castello di S. Miniato, si estendeva, come rilevasi da un istrumento del 30 aprile 1233, citato dal Conti, nel quale Enrico proposto di S. Genesio, fissava i confini delle tre parrocchie di S. Martino di Castiglione, dei SS. Giacomo e Filippo a Pancole, di S. Stefano a S. Miniato. In questo piccolo convento menò santa vita il beato Ghese, che a Lucca poi morì tra i suoi [127] confratelli. Dopo lungo tempo l'antica e cadente fabbrica e cadente fabbrica venne finalmente restaurata e ridotta come al presente si vede. Intorno a questa casa sempre con dispiacere si scorgono come a Fibbiastri le ossa dei poveri cristiani, che vi furono un tempo sepolti, sulle quale per necessità tu sei costretto a camminare. Ci pensi chi deve.
Dal poggetto di Castiglione scorgesi lì vicino, in fondo a un viale, pulito e raccolto il convento dei simpatici cappuccini, che fa colla sua chiesetta l'impressione d'una piacevole solitaria veduta. Per dimostrare con quanto favore fosse accolta la proposta di edificare un convento ai cappuccini, che ha tutta l'apparenza dello scioglimento di un voto, piacemi riportare la seguente deliberazione del 23 aprile 1602, tolta dallo archivio capitolare di S. Miniato, e favoritami dal sig. canonico Teologo Emilio Marrucci, alla cui gentilezza di altre notizie son pure debitore. – «Convocati et congregati nella lor solita aula l'illustre et molto rev. sig. Proposto della Collegiata Chiesa di S. Miniato alto desco insieme coll'infrascritti molto rev. sig. Canonici i nomi dei quali sono questi cioè: l'illustre e molto rev. M. Francesco Seragoni Proposto ante detto, il molto rev. M. Antonio Borromei, il molto rev. M. Thomaso Gucci, il molto rev. M. Federigho Franchini, il molto rev. M. Giov. batta. Buonaparte, il molto rev. [128] M. Genesio Spetiali, il molto rev. M. Valerio Ansaldi, il molto rev. M. Andrea Buonaparte; absenti non di meno M. Silvio Merchati, M. Vincenzo Machanti et M. Filippo Rophia; atteso la domandita fatta dall'ill. sig. Cosimo del sig. Piero Ridolfi che mosso da zelo et per degne et giuste cagioni in questo suo ritorno dalla guerra contro gl'infedeli, intende volere erigere et fondare a honor di Dio un convento di frati schappuccini a tutte sue spese nella Podesteria di S. Miniato, purché sia con beneplacito universale di tutta la terra; però per quanto s'aspetta a questo clero approvorno tal domanda per giusta et santa; et sapendo che per tale effetto quesat nostra magnifica Comunità intende sotto dì 24 stante far generale consiglio, però per aprire la strada a quei magnifici rappresentanti et prudentissimi consiglieri, et persuader loro quanto sia bene a esser pronti a favorire questa pia et santa opera elesseno li molto rev. M. Genesio Spetiali et M. Andrea Buonaparte lor concanonici con autorità di comparire in detto consiglio et mostrare l'animo pronto di questo clero intorno a questo negotio, et anche far sapere a detto sig. Cosimo quanto questo clero a favore di questa santa opera et satisfatione di sua Sig. Illma. habbia operato. Vinto per fave otto nere, nessuna bianca in contrario» (31) [VAI ALLE NOTE ↗]. – Venuta l'approvazione del magistrato, [129] del granduca e del vescovo di Lucca, pareva si potesse subito por mano alla erezione del convento; ma alcune difficoltà sopraggiunte fecero differire la posizione della prima pietra al 23 maggio 1609, in terreno donato al cav. Ridolfi dal cav. Giovacchino Ansaldi. Condotto presto a termine, lo abitarono lieti i cappuccini, occupati indefessamente della propria santificazione e del bene prossimo. Napoleone dal loro amato ritiro li cacciò, e il 23 ottobre 1814, sotto Ferdinando III, vi tornarono. Anche dopo la soppressione del 1866, per opera dei signori Giuseppe Antonini e Leopoldo Bertacchi, con generale soddisfazione lo riacquistarono. La ciesa, di semplicissimo stile come le altre dell'Ordine, è dedicata alla Concezione della Vergine e al martire S. Miniato, coloriti con S. Francesco nella tela dell'altar maggiore. La Madonna col bambino, che trovasi nella sua prima cappella a sinistra, era prima venerata in una cappelletta dello stesso luogo sulla pubblica via, di proprietà del medesimo signor Ansaldi. In coro, dietro l'altar maggiore, v'ha un antico ritratto di S. Francesco, attribuito a Margheritone d'Arezzo, familiare e devoto del santo. Le due iscrizioni latine, con farsi studiate e non comuni, indicanti la fondazione e consacrazione della chiesa, che sotto il portico della medesima si leggono, le dettò, qui studente, il cappuccino Francesco Casini d'Arezzo, [130] il quale fu poi predicatore apostolico del sacro palazzo e cardinale di S. Chiesa (32) [VAI ALLE NOTE ↗].
Presso il borgo, anche oggi detto la Catena, esisteva dicono, prima del mille, una badìa di camaldolesi, dedicata a S. Bartolomeo e a S. Gioconda, le cui memorie però non sono anteriori al secolo XIII. Leone X nel 1514 la soppresse, riunendo i suoi monaci a quelli di S. Benedetto fuori le mura di Firenze, e suoi beni a quelli del capitolo di S. Miniato. S. Pio V, dice il Lami, la fece commenda dei cavalieri di S. Stefano. Appartiene presentemente allo speda di S. Giovanni di Dio di Firenze, e la sua chiesa è sempre uffiziata. La Catena sta sotto il castello di Cigoli, alla cui parrocchia appartiene, ed ebbe questo nome perché, trovandosi sul confine samminiaese, quivi le merci, entrando, pagavano un pedaggio. Vi fu, come dicemmo, anche uno spedale, di cui si ha memoria in un istrumento del 1354.

L'Abbazia di Santa Gonda a La Catena
Foto di Francesco Fiumalbi

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