(Estratto da “La Nazione” del 27 novembre 1959, pag. 6)
La sfida di “Campanile Sera”
La sconfitta di San
Miniato di fronte a Mondovì
I piemontesi hanno vinto per dieci punti a zero e i
toscani hanno gettato la spugna - Quiz individuali e collettivi e prove
sportive - Concorrenti emozionati e difetti di organizzazione.
(dal nostro inviato)
Milano, 26 novembre.
Umiliati e avviliti, i sanminiatesi, già orgogliosi di
mille primati, si son dovuti inginocchiare, stasera, davanti alla gente di
Mondovì. «Campanile Sera» ha registrato, infatti, una debacle senza precedenti; la squadra toscana si è trovata
costretta a gettare la spugna e il gioco è stato sospeso alla penultima ripresa
per manifesta superiorità dell’avversario. Insistere, da parte dei monregalesi,
avrebbe equivalso a maramaldeggiare: a infierire, cioè, su un nemico ormai
morto.
E le riprese televisive si son concluse senza nemmeno una
panoramica d’insieme della città orgogliosa, battuta proprio per troppo
orgoglio: per non aver cioè, una volta accettato di ballare, deciso di ballare
fino in fondo. Si son prese - a San Miniato - le cose sottobraccio, con un
risolino di sufficienza. Come dire: «la vogliono fare a noi!». E se la son
fatta fare, perché non hanno tenuto conto che gli «eroi della mezz’ora», come
chiama la signorina Marianelli, che rappresentava San Miniato a Milano, i
protagonisti osannati del telequiz, per essere bravi debbono non solo sapere
che il Trasimeno è in Umbria, ma debbono anche ricordarselo quando Bongiorno lo
domanda.
(Archivio Gallerini San Miniato - Scatola n°26 - foto n°23)
Non è stato tenuto conto che anche gli esperti più seri,
quando hanno la ventura di essere inquadrati dalla televisione, si dimenticano
di consultare i testi, di cui seguitano tuttavia a sfogliare le pagine, per
rivolgere un sorriso compiaciuto al diabolico occhio rosso delle telecamere.
«Campanile Sera» è un gioco, e, tutto sommato, nemmeno
molto divertente. Nessuna tragedia quindi, se la sconfitta è toccata a San Miniato che ha
giocato male, con sciatteria, senza impegno. Mondovì, invece, riscattando tutte
le calunnie che da secoli vengono ripetute sulla prontezza di riflessi dei
piemontesi, si è battuta con onore.
La prova di fondo, sostanzialmente identica fra i due
contendenti, anche se ovviamente variata nei particolari, era geografica: date cinque definizioni
indirette di nomi di città, trovare le città e le relative collocazioni sulla
carta geografica; unendo le quali si doveva trovare una lettera dell’alfabeto:
presentare quindi vivi, sul palcoscenico, tre cittadini che avessero nome e
cognome che cominciassero con quella iniziale. I quiz di Mondovì riguardavano
la Toscana e quelli di San Miniato riguardavano il Piemonte. E non è colpa di
nessuno se le caratteristiche delle città toscane erano più facilmente
patrimonio della gente che non quelle piemontesi. In ogni modo, mentre i
monregalesi se la son sbrigata subito e bene, a San Miniato hanno lasciato
trascorrere il tempo di gara mentre giovani e graziose «esperte» sul
palcoscenico, si aggiustavano i capelli e sorridevano ai cameraman.
Né più fortunate sono state le prove sportive (il centro
attacco di San Miniato, Dante Moriani, si è recato in trasferta a Mondovì per
cercar di violare con cinque rigori la rete locale e non ce l’ha fatta, mentre
il suo collega di Mondovì, in trasferta in Toscana, ha raccolto gli allori
della sfida). Ci son state, inoltre, le prove di «cultura seria» e quelle di «cultura
leggera». La signorina Marinella Marianelli, come abbiamo detto, rappresentava
il campanile sanminiatese sul palcoscenico del teatro della Fiera insieme allo
studente Gianni Nistri. Sono stati, tutti e due, un vero disastro: l’emozione
li ha fatti sordi, ciechi e balbuzienti. Non si sono nemmeno accorti che i loro
diretti rivali, già esperti di precedenti prove, avevano il «gioco pesante»,
suonavano sempre il pulsante, anche quando non conoscevano le risposte, per
guadagnare qualche secondo di tempo, e togliere l’iniziativa all’avversario.
(Archivio Gallerini San Miniato - Scatola n°26 - foto n°34)
Non si sono accorti nemmeno - i due disorientati - che
almeno un paio di risposte di Mondovì dovevano essere annullate per essere
state date prima della fine della domanda. Ma dice a questo punto qualcuno, o
non ci dovrebbe essere Bongiorno a guardare queste cose? Infatti ci dovrebbe
essere, e qualche volta c’è davvero. Lui, per evitare che le risposte siano
date prima della fine della formulazione della domanda, o per creare un attimo
di souspance, tiene in sospeso l’ultima parola del quesito che poi spara di
botto, con aria furba e trionfante. Stasera, per esempio, in uno dei quiz a cui
è stata data risposta anticipata, ha detto: «Chi è l’autore dell’opera Boris...
Godunov?». Forse immaginava che nella storia della lirica di Boris che ne
fossero tanti, invece che uno solo. Ma al concorrente piemontese è bastata la
mossa per giocare sull’anticipo e lasciare a bocca aperta l’altra concorrente.
Forse il «fallo» non sarebbe stato sufficiente a rialzare
le sorti della avvilita signorina Marianelli, che guardava attonita Bongiorno
senza riuscire a rendersi conto di quello che stava succedendo; ma forse, il
vedersi resa giustizia le avrebbe potuto infondere un po’ di entusiasmo e di
quella baldanzosa sicurezza che l’animava quando è partita per Milano e che poi
ha perduto per strada.
Né miglior fortuna ha avuto lo studente che già in paese
snobbavano perché dicono si dia delle arie da intellettuale. Era capitato,
inoltre, in coppia con un avversario che, come un bravo Pierino, denunziava a
Bongiorno supposti suggerimenti della platea al concorrente toscano, aumentando
il suo disagio. L’ultima prova, quella che doveva mettere a confronto i quattro
concorrenti a coppie, non è stata nemmeno tentata: Mondovì conduceva per dieci
punti a zero e il tempo stabilito per la trasmissione era già trascorso: non
valeva la pena, nemmeno per cercare di conquistare il punto della bandiera.
Il gonfalone della vittoria è tornato così a sventolare
per il secondo milione, sul campanile di Mondovì. La ripresa televisiva ha
sfumato sulla piazza esultante, con un
Tortora euforico come se il milione lo avesse vinto lui e nascondendo agli
occhi dei telespettatori l’immagine della piazza di San Miniato, l’artistica
fossa dei leoni in cui il pubblico ruggiva insolenze e da dove gli
esperti, moderno gladiatori, votati al sacrificio,
dovevano prima o poi pur passare se non volevano trascorrere la notte
asserragliati nelle inutili «centrali a fosforo».
Laura Griffo
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