[anno
1355] LIBRO V. CAPITOLO XXXVII.
Come
furono decapitati i Gambacorti.
«Avendo l'imperadore presi i Gambacorti e gli altri nominati cittadini, e fattili contradii alla maestà imperiale ov'erano fedeli, e ribelli ov'erano amici, a suggestione del conte Paffetta e di messer Lodovico della Rocca, come detto è, essendo racquetato il tumulto del popolo, e l’imperadore nell'animo quieto, per coprire il notorio fallo, e perché dimostrare si potesse più certo, volendo giustificare la sua inconsulta impresa, essendo dal cominciamento della loro presura ciascuno racchiuso di per sé, senza sapere l'uno dell'altro, li fece disaminare a un giudice d'Arezzo, acciocché potesse formare l'inquisizione contro a loro per poterli giudicare colpevoli. E avendoli disaminati senza martorio, e appresso con tormento, ciascuno disse per forza di tormento ciò che 'l giudice volle che dicessono, acciocché li potesse condannare colpevoli, come sapea la volontà del signore; e nondimeno, pubblicato il processo, si trovò, che l'uno non avea detto come l'altro, ma diversamente: l’uno, come avea trattato col comune di Firenze, e che dovea mandare la sua cavalleria in Valdarno, e non conchiudea; e l'altro nominò che 'l trattato era con tre cittadini di Firenze, e nominolli per nome, e non sapea dire il modo; e l’altro si trovò ch'avea detto per un altro modo: e cosi esaminati tutti, non era nel processo convenienza salvo che in una cosa, che tutti, vedendo che a diritto o a torto convenia loro morire, per non essere più tormentati, confessarono a volontà del giudice ch'aveano voluto tradire e uccidere l’imperadore e la sua gente. Il furore del remore mosso in Pisa era sì manifesto che non fu di loro operazione, che ‘l processo nol potea contenere. I tre cittadini di Firenze nominati per Franceschino erano tali, che niuno sospetto ne cadde nel cospetto dell'imperatore: nondimeno non lasciò trarre del processo i loro nomi, anzi convenne che si appresentassono in giudicio in Samminiato del Tedesco, allora terra libera dell'imperadore, e per sentenza imperiale furono dichiarati non colpevoli e prosciolti. E allora veduto pe' savi tutto il processo, fu manifesto che i presi per ragione non doveano esser giudicati colpevoli; ma gli sventurati Gambacorti, ch'aveano tanto tempo retta la città di Pisa in singulare buono stato, e onorato l'imperadore sopra gli altri cittadini, in parlamento fatto a dì 26 di maggio predetto furono giudicati traditori dell'imperiale maestà, Franceschino Lotto, e Bartolommeo Gambacorti fratelli carnali, e Cecco Cinquini e ser Nieri Papa, Ugo di Guitto e Giovanni delle Brache, tutti grandi popolani di Pisa: e armato il maliscalco con cinquecento cavalieri tedeschi, furono menati in camicia cinti di strambe e di cinghie, e a modo di vilissimi ladroni tirati e tratti da' ragazzi, furono cosi vilmente condotti dal duomo di Pisa alla piazza degli anziani, scusandosi fino alla morte non colpevoli, e scusando il comune di Firenze e i tre cittadini nominati; e ivi, involti nel fastidio della piazza e nel sangue l’uno dell’altro, furono decapitati, e gli sventurati corpi, maculati dalla bruttura del sangue, per comandamento dell’imperadore stettono tre dì in sulla piazza senza essere coperti o sepolti: la cui morte, in vituperio del cardinale legato del papa, e in abbassamento della gloria imperiale, diede ammaestramento a' popoli che voleano vivere in libertà e a’ rettori di quelli, di non doversi potere fidare alle promesse imperiali nello stato delle loro signorie, né nel grande stato cittadinesco alcuno singulare onorato citadino, perocché l’invidia spesso per non provvedute vie è cagion di grandi ruine. Per la morte di costoro, e per la paura conceputa nel petto dell'imperadore, messer Paffetta e messer Lodovico della Rocca rimasono i maggiori governatori di Pisa; ma tosto sentì messer Paffetta la volta della fallace fortuna, come al suo tempo appresso racconteremo.»
Croniche
di Giovanni, Matteo e Filippo Villani secondo le migliori stampe e
corredate di note filologiche e storiche,
Vol. II, Trieste, 1858, p. 171-172.
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