Estratto
da G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con
notizie storiche antiche e moderne,
Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 116-123.
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SPEDALI
RIUNITI
Prima
di parlare degli Spedali riuniti, che in piazza S. Caterina di sé
fan bella mostra, si dirà un cenno di quelli, che anticamente fuori
di S. Miniato e in S. Miniato stesso esistevano. – A S. gonda, nel
borgo detto la
Catena,
fu uno spedale, del quale si parla in un istrumento del 1354, citato
dal Lami nell’Odeporico. – Nel secolo XVI esisteva sempre lo
spedale di S. Lazzaro, presso la Bastìa, nel quale si ricevevano e
si curavano i poveri lebbrosi; anche oggi vi è in quel luogo una
cappella allo stesso santo dedicata. E’ questa probabilmente quella
casa dei lebbrosi, di [117]
cui fa parola nella sua bolla al proposto di S. Genesio il papa
Celestino III nel 1194, esistente allora in quel borgo. – Fuori
della porta Ser Ridolfo, sul bivio conducente da una parte al
Camposanto, e dall’altra alle colline, dove anticamente fu un
fortilizio a difesa di S. Miniato, era uno spedale per gli appestati,
detto delle colline, di S. Maria Annunziata, ed anche di S. Maria a
Fortino, che il Conti dice probabilmente eretto in occasione della
pestilenza del 1327, dagli operai di quell’oratorio, che pure lo
amministravano. A questo spedale si trovan fatte donazioni, da
benefattori di S. Miniato, in diversi testamenti del secolo
quattordicesimo e quindicesimo. Anche il Comune gli pagava un annuo
sussidio. Non sappiamo quando cessò di esistere. Nel 1459 trovo che
lìillustre medico Giovanni Chellini, il quale in S. Domenico ha quel
bel monumento, lasciò, con suo testamento, ai domenicani l’oratorio
di S. Maria a Fortino coll’obbligo di farci la festa della Natività
della Madonna, cui è dedicato, e di celebrarvi alcune messe. Quei
religiosi poi, dai tempi di Pietro Leopoldo sino all’ultima
soppressione, a propria sepoltura lo destinarono. V’ha sull’altare
una tavola, che, in alto, racchiude la Vergine col bambino, intorno
alla quale son dipinti diversi santi di vivace espressione.
Appartiene presentemente all’Arciconfraternita della Misericordia;
potrebb’essere meglio tenuto, e bene [118]
ci
starebbe un’iscrizione commemorativa. – Il medesimo benemerito
cittadino Giovanni Chellini, difaccia alla Costa di S. Cosimo, in via
Faognana di sopra, fondò nel secolo XV uno spedale od ospizio pei
poveri sacerdoti pellegrini, in cui doveva pur dimorare un sacerdote
del luogo per riceverli ed averne cura. Il suo ingresso era difeso da
logge, perché i pellegrini potessero dirci messa. E' dedicata alla
SS. Annunziata e ai santi Cosimo e Damiano. L'Annunziata è dipinta
nel muro sull'altare, ed ai lati si vedono i profeti Isaìa ed
Ezechiele. Pietro Leopoldo lo soppresse nel 1784 e coi suoi beni si
fondò un benefizio ecclesiastico col titolo: Spedale della SS.
Annunziata e S. Cosimo e Damiano. Gli eredi lo hanno conservato e il
cappellano investitone soddisfa gli obblighi. – Nella stessa via,
prima di entrare in piazza Taddei, leggesi un'iscrizione latina, la
quale ricorda che il sacerdote Giacomo Vanni, nel 1708, ivi edificò
uno spedale pei poveri, che non si sa qual esito avesse, e quanto
tempo durasse (28) [VAI ALLE NOTE ↗]. – Nella piazzetta del Fondo
esisteva già, nel secolo XIV, lo spedale pei poveri, detto di S.
Croce del Fondo, e un sacerdote ne aveva la direzione; il comune gli
dava un annuo sussidio di venticinque danari. Un tal Bartolommeo
Buonaparte nel 1331 gli lasciava il suo letto; e nel caso che i suoi
eredi [119]
venissero a mancare, i suoi beni dichiarava che passassero a questo
spedale. – Accanto alla chiesa di S. Stefano esisteva da tempo
antico la Percettoria
dei canonici regolari di S. Antonio di Vienna, nel Delfinato, presso
la quale nel 1352 l'antoniano fra Giovanni Guidotti, del baliato di
S. Antonio in Toscana, edificò un ospedale pei lebbrosi. Esso si
estendeva dal vicolo delle fornaci (ora murato presso il Ginnasio)
fino alla suddetta chiesa. Avevano per insegna un T, il quale,
scolpito in marmo, tuttavia si conserva nella parete esterna della
chiesa medesima, sullo sdrucciolo che va in piazza Buonaparte.
Nemmeno di questo spedale sappiamo l'epoca della cessazione. – Nel
secolo XIII, a quanto sembra, la compagnia di S. Martino, esistente
nella chiesa degli Agostiniani a Castiglione, la quale poi si unì a
quella di S. Caterina, fondava nella contrada di Poggighisi, presso
Borghizzi, lo spedale di S. Martino pei poveri abbandonati e pei
viandanti, a similitudine di quello del Bigallo di Firenze, al quale
poscia fu unito e ne divenne succursale. Ebbe approvazione e sussidi
dal comune, e trovasi pur citato col nome di casa
dei poveri.
Fu accresciuto, dice il Conti, coll'eredità di Meo Strasoldo, che
nel 1298 lasciò ai poveri di Gesù Cristo case e terre, colla patria
carità di Manno di Guidone donati nel 1378, e coi legati di Giovanni
Chellini nel 1459. Per legge di Cosimo I, i [120]
capitani
del Bigallo dovevano rivedere i conti, ogni anno, agli spedali della
Toscana, e, coi loro risparmi, raccogliere e mantenere i figliuoli
abbandonati. E sebbene dallo spedale di S. Martino, colle loro
revisioni, avessero ritratto oltre tremila scudi, di esso nessuno
cura si davano. Onde abbiamo una lettera dei deputati della compagnia
di S. Caterina e di S. Martino riunite, del 10 maggio 1714, ai
capitani del Bigallo diretta, nella quale si sollecitano a
restaurarlo e provvederlo, come dovevano, poiché minacciava rovina,
ed era l'unico luogo pio che allora in questa città si trovava. Il
restauro alla peggio si fece, ma i poveri non vi potevano alloggiare.
Intervenne la carità e lo zelo del vescovo infaticabile mons.
Francesco Poggi, il quale nello stesso 1714, accanto alla chiesa di
S. Iacopo e Filippo di Pancole, dette principio ad uno spedale pei
poveri infermi, a S. Niccolò di Bari dedicato, dal titolo della
cappella di questo santo, ivi esistente, eretta dallo Spagliagrani.
Due anni dopo, avendoci riunito lo spedale di S. Martino, lo benedì
e lo inaugurò affidandolo ai frati di S. Giovanni di Dio. Poche
rendite aveva, e i malati si mantenevano dal vescovo, dai cittadini,
da sussidi del governo. L'anno seguente lo tolse ai frati, e due di
loro, terziari, andavano cercando limosine per lo spedale. Soppressa
la parrocchia di Pancole, esso fu alquanto ingrandito; ma poi a
quello [121]
di S. Maria della Scala venne riunito, come vedremo. Il locale lo
comprò il comune nel 1864 per uso di caserma, ed ora è affittato. –
Coll'approvazione del comune di S. Miniato, lo spedalingo di S. Maria
della Scala di Siena apriva nel 1333, presso la chiesa di S.
Caterina, uno spedale per accogliervi i gettatelli. Era amministrato
e diretto dai religiosi ospitalieri di Siena, che portavano sul petto
una piccola scala a tre sbarre, da una croce sormontata, la quale è
rimasta come stemma di questo spedale. Vi tenevano un rettore, che
loro rendeva conto della sua amministrazione, e Ildebrandino
Buonaparte fu il primo. Molti furono gli orfanelli dell'uno e
dell'altro sesso raccolti e mantenuti, nel corso di tanti anni, e
poté dirsi davvero una provvidenza pel comune. Aveva una chiesetta
interna con tre altari e campanile. Per lo zelo del vescovo
Cortigiani, aiutato dal sacerdote Agostino Pecorini e da altri, parte
dello spedale dei gettatelli veniva destinato a ricevere, nel 1696,
anco i malati adulti, e si acquistarono a tal fine alcuni letti. –
Finalmente il granduca Pietro Leopoldo volle dare a S. Miniato uno
spedale, che al bisogno veramente corrispondesse, e di cui era privo.
Data la maggior parte del soppresso vicino convento di S. Caterina e
dei suoi possessi a quello dei gettatelli, soppressi, nel 1786, gli
altri spedali che ancora esistevano, tutti li univa in questo solo
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col nome di Spedali riuniti di S. Miniato, ordinando però che
l'amministrazione di quello dei malati dall'altro dei gettatelli
fosse separata. Quindi si pose mano alla riduzione delle vecchie
fabbriche in quella che presentemente si vede. I seguenti benefattori
aumentaron le rendite, che il detto granduca gli aveva assegnato.
Pietro Fenzi da Empoli oltre centomila lire gli lasciava, con obbligo
di cinque doti, e sussidi ai malati particolari; un'iscrizione
marmorea in sua lode nel 1829 vi posero. Dal conte Galli Tassi ebbe
più di diecimila lire nel 1852, e dal suo medico direttore Giuseppe
Maria Berni quindicimila nel 1873. Anche a quest'ultimo, nell'atrio,
posero una memoria. – Bello, comodo, pulito, ben situato e
arieggiato è ora lo spedale di S. Miniato, e di tutto ciò che la
scienza medica ha saputo trovare a sollievo della umanità sofferente
saggiamente provvisto. Ha due grandi sale simmetriche a pianterreno,
pel trasporto dei malati comodissime, una per gli uomini, per le
donne l'altra, di bei letti di ferro igienici a rete metallica
forniti, ciascuna delle quali può contenerne meglio di venti.
Essendo esso assai grande per gli ordinari bisogni, il suo piano
superiore, fino al 1886, venne destinato ai dementi cronici d'ambo i
sessi, che in numero di trentasei dall'amministrazione del manicomio
di Firenze sonoci mantenuti, del quale questo può dirsi una
succursale. [123]
Ha
unito il ricovero dei gettatelli, che più vicino alla chiesa di S.
Caterina si trova. Fino al 1879 amministrava questi spedali un
rettore; presentemente v'ha una commissione amministratrice. Vi
risiede un bravo direttore medico e un cappellano (29) [VAI ALLE NOTE
↗].
"Spedali Riuniti" e Piazza XX Settembre, già Santa Caterina
Foto di Francesco Fiumalbi