venerdì 3 maggio 2013

LA COSPIRAZIONE ANTIFIORENTINA DI TADDEO DI FRANCESCO DEL 1377

di Francesco Fiumalbi

Nel gennaio del 1370, dopo alcuni mesi d'assedio, San Miniato perse definitivamente una qualche forma di autonomia all'interno dello scacchiere toscano. I Fiorentini dopo aver espugnato la fortezza e occupato il territorio sanminiatese, attraverso una serie di disposizioni inglobarono il Comune di San Miniato nel proprio distretto. Senza entrare troppo nel dettaglio, tali provvedimenti riguardarono gli aspetti politico-militari (istituzione di un Vicario, nomina del Podestà, riforma degli Statuti) e la sfera economica (pagamento danni di guerra, abolizione delle gabelle, nuovo regime fiscale, inserimento nel catasto). Tutto questo provocò, almeno fino agli anni '20 del '400, un generale clima di malcontento che spesso sfociò in azioni di rivolta più o meno organizzate. Uno di questi casi è l'episodio che vide protagonista Taddeo di Francesco da San Miniato nel dicembre del 1377.

La “Rocca” di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Di questa cospirazione ne abbiamo notizia attraverso gli atti giudiziari, compilati dal notaio Bartolo Corsi, che ci sono pervenuti fino ai giorni nostri. La documentazione è conservata presso l'Archivio di Stato di Firenze, Giudice degli Appelli, 93, fasc. 10, cc. 9r-13r e parzialmente pubblicata da Giuliano Pinto, “Toscana Medievale. Paesaggi e realtà sociali”, Le Lettere, Firenze, 1993, pp. 61-62.

Il protagonista di questa vicenda fu un sanminiatese, verosimilmente appartenente al ceto popolano, probabilmente artigiano o piccolo commerciante; sicuramente non era un magnate, e nemmeno un bracciante. D'altronde, come vedremo, Taddeo di Francesco col suo modo di agire dà l'idea di essere ben consapevole della situazione politica ed economica, e tiene dialoghi alla pari con persone che risultano essere per lo più commercianti, che egli spesso incontra alla “Dogana del Sale”. Taddeo aveva avvicinato diversi uomini di San Miniato e dei borghi circostanti, sostenendo la necessità di ribellarsi al Comune di Firenze e alla parte Guelfa, e di ricostituire l'autonomia comunale di San Miniato, da raggiungere probabilmente attraverso il coinvolgimento della parte filoghibellina.

«quod dicta terra Sancti Miniati non perseveraret set diverteret a iurisdictione, dominio, potestate, voluntate et obedientia populi et comunis Florentie et Partis Guelfe».

Un abitante di San Miniato era stato avvicinato da Taddeo di Francesco, il quale aveva cercato di convincerlo ad unirsi alla cospirazione pronunciando queste parole:

«[…] Tu vedi come noi stiamo male; e vedi come noi siamo male tractati dal Comune di Firençe, che à posto testè a questa terra e al contado diecimila fiorini, e facti rimediare come tu vedi (il riferimento è al nuovo regime fiscale, ndr). E vedi che di questo e dell'altre chose e' ci dà tante graveçe e ispese che non sono da poterlle sostenere; e ben vedi tu che noi stiamo viè pegio che se noi fussimo socto uno crudelissimo tiranno. O non sarebe meglio che noi fussimo liberi e reggiessimoci per noi medesimi e uscissimo dalle mani di questo maledetto tiranno ch'é il comune di Firençe? E però faremo meglio d'essere hiuratti insieme, e d'essere chome fratelli e di lasciare stare il settegiare, e attediamo d'essere liberi. Io per me sono disposto toccare questa materia et secretamente tractare con quegli huomini che ci ànno virtù veruna, che noi siamo liberi e usciamo di questa subgettudine. Et pregoti che tu voglia essere mecho a ttractare e ordinare questo ch'io ti dicho […]».

L'uomo chiese come poteva essere organizzata la rivolta; Taddeo non si lasciò pregare ed illustrò il suo disegno che avrebbe impegnato anche l'intervento di forze esterne per cacciare i Fiorentini. Difficile capire se dietro al progetto non ci fosse la mano di alcuni fuoriusciti, magari appoggiati dai Pisani, come avvenne nei tentativi di Benedetto Mangiadori nel 1397.

San Miniato, veduta panoramica
Foto di Francesco Fiumalbi

Lo stesso Taddeo sembra che si recasse spesso alla Dogana del Sale, che verosimilmente si trovava presso La Catena, vicino all'antica Abbazia di Santa Gioconda o Gonda, dove egli non si lasciava scappare l'occasione di avvicinare altre persone. Tra esse un abitante del castello di Cigoli, località che dal 1370 costituiva una comunità con maggiore autonomia da San Miniato, dotata di propri statuti (ovviamente di ispirazione guelfa) e appartenente al distretto fiorentino.

T. «Come vi pare stare voi da Ciuli?».
C. «Io per me stò male, ch'ò pagato e sommi rimedito al comune di Firençe dugento fiorini».
T. «Voi volesti uscire di sotto Sa' Miniato: parvi stare meglio?».
C. «E' ci pare stare meglio che si può!».
T. «Se gli uomini de questa terra attendessono di volere la libertà loro, voi fareste bene per vostro utile a volere ritornare a questo comune chome voi eravate».

Sempre presso la dogana del sale, Taddeo aveva attaccato bottone con un abitante di Bucciano, al quale disse:

«Come ti pare stare, che t'à fatto remedire il comune di Firençe cinquanta fiorini? Meglio sarebe a trovare de' modi che noi non avessimo a ppagare più. Se tu vorai, tu e gli altri, noi ci vederemo ben modo, e debiamo essere più contenti di ricevere le graveçe da' nostri vicini che d'altrui».

Taddeo avvicinò moltissimi uomini nei luoghi più svariati: lungo le strade, davanti alle chiese, alle porte cittadine, oltre che alla dogana del sale. I dialoghi mantennero un copione abbastanza consolidato, con Taddeo che fa notare l'oppressione del regime fiscale di Firenze, le migliori condizioni del Comune di San Miniato al tempo della sua autonomia, la necessità di liberarsi da posizioni di fazione e agire per il bene dell'intera collettività. Un esempio è il dialogo intercorso fra Taddeo e un altro abitante di San Miniato:

T. «E' pare che tu piangha. Che a' tu?».
A. «O' male, c'ò pagato al comune di Firençe cento fiorini d'oro, e anche me ne chonviene paghare XXX d'usura».
T. «Se noi voremo essere huomini ed essere fratelli, noi averemo a ppagare pocho tempo queste graveçe, e ssaremo signori di noi e ssaremo liberi».

Per sua sfortuna, ben presto Taddeo fu scoperto e processato. Purtroppo non conosciamo l'esito della vicenda perché il Registro delle Condanne è andato perduto, anche se non è difficile immaginare quale sorte sia toccata al cospiratore.

Impiccagione
Angelo Ardinghi, disegno tratto dall'originale
del Sercambi, conservato all'Archivio di Stato di Lucca
Edito in Salvatore Bongi (a cura di), Le Croniche di
Giovanni Sercambi, Vol. 1, Tip. Giusti, Lucca, 1892, p. 179.

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