Nel 1370
il Comune di San Miniato fu costretto a fare atto di sottomissione a
Firenze, che provvide ad inglobare a sé l'antico centro imperiale.
Senza entrare troppo nel dettaglio, la politica fiorentina fu
caratterizzata da provvedimenti di tipo politico-militari con
l'istituzione di un Vicario, la nomina del Podestà, la riforma degli
Statuti per conformarli ai suoi. Non mancarono interventi anche nella
sfera economica con il pagamento dei danni di guerra, l'abolizione
delle gabelle (che probabilmente fu il principale motivo della
conquista), il nuovo regime fiscale con l'inserimento della terra di
San Miniato nel catasto fiorentino.
Tali disposizioni
avevano creato un generale clima di malcontento, specialmente in quei
ceti che risultarono particolarmente svantaggiati dal nuovo regime
fiscale. Le gabelle erano state una risorsa fondamentale per il
Comune di San Miniato, grazie alla quale aveva mantenuto una relativa
autonomia e poteva permettersi una fiscalità meno pesante. La
situazione era esplosiva e non mancarono vari tentativi di rivolta
come quello di Taddeo di Francesco nel 1377 e di Benedetto Mangiadori
nel 1397. In questo post parleremo di un altro tentativo, operato nel
gennaio del 1381 da Arrigo di Giovanni Mucciori da Mellicciano,
località, quest'ultima, un tempo appartenente al contado
sanminiatese e che oggi si trova nel Comune di Castelfiorentino.
Foto di Francesco
Fiumalbi
Arrigo Mucciori da
Mellicciano si era recato a Canneto (il centro fortificato si trovava
dove attualmente c'è la Villa Bardi di Canneto), dove aveva suonato
la campana, chiamando a raccolta la popolazione e gli ufficiali del
castello. Queste le sue parole:
«Signori
da Canneto, voi vedete le manichationi che ci fanno i fiorentini, che
a modo di porci li ci conviene ingrassare; e oltre a questo vedete la
balìa del vicario di San Miniato quanta è grande. Però siate
contenti che freno si pogna a questi lupo; e ove siate contenti, io
aconterò tutti gli altri comuni del vicariato, e con questo ci verrà
fatto che le condempnagioni che fa il vicario proverranno al comune
di San Miniato, e vedrete bel giugho dirizare».
Le stesse parole furono
pronunciate da Arrigo Mucciori anche nei castelli di San Quintino,
Castelnuovo e Barbialla, cioè tutti centri della parte sud-orientale
dell'antico contado sanminiatese, oggi in gran parte appartenenti ai
comuni di Castelfiorentino e Montaione.
Una cosa del genere,
non poteva certo essere ignorata dalle orecchie del Vicario, il quale
convocò Arrigo Mucciori. Quest'ultimo si rese irreperibile, per
evitare una quasi certa condanna dalle conseguenze praticamente
scontate. D'altra parte, simili situazioni erano già avvenute nel
territorio sanminiatese e la condanna a morte era la pena con cui
venivano combattuti i tentativi di rivolta e cospirazione contro
l'ordine costituito.
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RIFERIMENTI:
Archivio
di Stato di Firenze, Giudice
degli Appelli,
93, fasc. 10, cc. 39r-40v
Giuliano
Pinto, “Toscana
Medievale. Paesaggi e realtà sociali”,
Le Lettere, Firenze, 1993, p. 63.
Come si concilia la bramosia fiorentina su San Miniato con il movimentarismo attuale di riportare San Miniato sotto Firenze, atteso che le provincie ce la facciano a reggere!
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