giovedì 16 maggio 2013

IN PILLOLE [008]: IL TENTATIVO DI RIVOLTA DI ARRIGO DA MELLICCIANO NEL 1381

a cura di Francesco Fiumalbi
Nel 1370 il Comune di San Miniato fu costretto a fare atto di sottomissione a Firenze, che provvide ad inglobare a sé l'antico centro imperiale. Senza entrare troppo nel dettaglio, la politica fiorentina fu caratterizzata da provvedimenti di tipo politico-militari con l'istituzione di un Vicario, la nomina del Podestà, la riforma degli Statuti per conformarli ai suoi. Non mancarono interventi anche nella sfera economica con il pagamento dei danni di guerra, l'abolizione delle gabelle (che probabilmente fu il principale motivo della conquista), il nuovo regime fiscale con l'inserimento della terra di San Miniato nel catasto fiorentino.
Tali disposizioni avevano creato un generale clima di malcontento, specialmente in quei ceti che risultarono particolarmente svantaggiati dal nuovo regime fiscale. Le gabelle erano state una risorsa fondamentale per il Comune di San Miniato, grazie alla quale aveva mantenuto una relativa autonomia e poteva permettersi una fiscalità meno pesante. La situazione era esplosiva e non mancarono vari tentativi di rivolta come quello di Taddeo di Francesco nel 1377 e di Benedetto Mangiadori nel 1397. In questo post parleremo di un altro tentativo, operato nel gennaio del 1381 da Arrigo di Giovanni Mucciori da Mellicciano, località, quest'ultima, un tempo appartenente al contado sanminiatese e che oggi si trova nel Comune di Castelfiorentino.


Fattoria di Mellicciano, un tempo castello sanminiatese
Foto di Francesco Fiumalbi

Arrigo Mucciori da Mellicciano si era recato a Canneto (il centro fortificato si trovava dove attualmente c'è la Villa Bardi di Canneto), dove aveva suonato la campana, chiamando a raccolta la popolazione e gli ufficiali del castello. Queste le sue parole:

«Signori da Canneto, voi vedete le manichationi che ci fanno i fiorentini, che a modo di porci li ci conviene ingrassare; e oltre a questo vedete la balìa del vicario di San Miniato quanta è grande. Però siate contenti che freno si pogna a questi lupo; e ove siate contenti, io aconterò tutti gli altri comuni del vicariato, e con questo ci verrà fatto che le condempnagioni che fa il vicario proverranno al comune di San Miniato, e vedrete bel giugho dirizare».

Le stesse parole furono pronunciate da Arrigo Mucciori anche nei castelli di San Quintino, Castelnuovo e Barbialla, cioè tutti centri della parte sud-orientale dell'antico contado sanminiatese, oggi in gran parte appartenenti ai comuni di Castelfiorentino e Montaione.
Una cosa del genere, non poteva certo essere ignorata dalle orecchie del Vicario, il quale convocò Arrigo Mucciori. Quest'ultimo si rese irreperibile, per evitare una quasi certa condanna dalle conseguenze praticamente scontate. D'altra parte, simili situazioni erano già avvenute nel territorio sanminiatese e la condanna a morte era la pena con cui venivano combattuti i tentativi di rivolta e cospirazione contro l'ordine costituito.

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RIFERIMENTI:
Archivio di Stato di Firenze, Giudice degli Appelli, 93, fasc. 10, cc. 39r-40v
Giuliano Pinto, “Toscana Medievale. Paesaggi e realtà sociali”, Le Lettere, Firenze, 1993, p. 63.

1 commento:

  1. Come si concilia la bramosia fiorentina su San Miniato con il movimentarismo attuale di riportare San Miniato sotto Firenze, atteso che le provincie ce la facciano a reggere!

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