La
rete fluviale fin dall'antichità era abbondantemente sfruttata per
lo spostamento delle merci dal mare all'entroterra e viceversa. Le
acque, tuttavia, costituivano anche una preziosa risorsa alimentare
e, spesso, le due attività di pesca e di navigazione entravano in
contrasto fra loro. Di una curiosa situazione ce ne parla Cassiodoro,
politico vissuto fra il V e il VI secolo d.C., durante il regno degli
Ostrogoti.
In
pratica gli alvei di alcuni fiumi, fra cui il Tevere, l'Arno e
l'Auser (antico nome del Serchio) erano ostruiti da steccati che, di
fatto, impedivano la regolare navigazione. Anche se non lo possiamo affermare con certezza, probabilmente tale pratica avveniva un po' in tutto il basso Valdarno, quindi anche nel territorio sanminiatese.
Si trattava di strutture, generalmente precarie che servivano per rallentare le acque, creare insenature artificiali, dove i pesci potevano trovare un habitat favorevole e dove potevano essere facilmente catturati. Probabilmente si trattava degli antesignani delle nostre “pescaie” o qualcosa di simile. La situazione, ovviamente, creava forte disturbo alla navigazione che risultava ostacolata in diversi tratti. Da qui il decreto del re Teodorico che minacciava di elevare pesanti sanzioni a quanti, con l'attività della pesca, avessero ostacolato il regolare traffico delle imbarcazioni. La norma riguardava soltanto la forma di pesca attraverso gli steccati e non quella con le reti, evidentemente considerata meno dannosa. Queste le parole:
Si trattava di strutture, generalmente precarie che servivano per rallentare le acque, creare insenature artificiali, dove i pesci potevano trovare un habitat favorevole e dove potevano essere facilmente catturati. Probabilmente si trattava degli antesignani delle nostre “pescaie” o qualcosa di simile. La situazione, ovviamente, creava forte disturbo alla navigazione che risultava ostacolata in diversi tratti. Da qui il decreto del re Teodorico che minacciava di elevare pesanti sanzioni a quanti, con l'attività della pesca, avessero ostacolato il regolare traffico delle imbarcazioni. La norma riguardava soltanto la forma di pesca attraverso gli steccati e non quella con le reti, evidentemente considerata meno dannosa. Queste le parole:
[…]
Illud
etiam magnopere credidimus amputandum, quod vestra fieri suggestione
comperimus: ne quis in fluminibus navigeris diversis territoriis
meantibus, id est in Mincio Ollio Ausere Arno Tiberi, audeat fluminum
alveos piscandi studio turpissima saepe concludere, et quae sunt
praesumpta, protinus auferantur. pateat amnis in navium cursus:
sufficiat humano desiderio consuetis artibus delicias quaerere, non
commento rustico libertatem fluminis impedire, ne, quod dici nefas
est, utilitati publicae voluptas privata obstitisse videatur.
[...]
Magni
Aurelii Cassiodori Senatoris (Cassiodoro), Variarum,
Libri Duocecim, XVII, 6.
[...]
In
Mincio Ollio Ausere Tiberi et Arno fluminibus comperimus quosdam
saepibus cursum fluminis, quantum ad navigandi studium pertinet,
incidisse. quod te volumus ordinatione magnifici viri Abundantii
praefecti praetorio modis omnibus amputare, nec tale aliquid
permittatis quemquam ultra praesumere, sed inviolati alvei tractus
navium relinquatur excursibus. scimus enim retibus, non saepibus esse
piscandum. nam hinc quoque detestabilis aviditas proditur, ut sibi
tantum festinet includere, quantum ad multos poterat pervenire.
[...]
Magni
Aurelii Cassiodori Senatoris (Cassiodoro), Variarum,
Libri Duocecim, XX, 3.
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Pescaia sull'Egola, nei pressi di
Molino d'Egola, costruita
su di una precedente steccaia a servizio del vicino mulino.
RIFERIMENTI:
Mencacci
Paolo, Vita
civile ed ecclesiastica a Lucca nell'Alto Medioevo,
Accademia Lucchese di Scienze, Lettere ed Arti, Maria Pacini Fazzi
Editore, Lucca, 2012, pp. 14-15.
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