a
cura di Francesco Fiumalbi
La
città di Pisa, uscita malamente sconfitta dalla Battaglia della Meloria
nel 1284, era in cerca da tempo di una nuova dimensione territoriale.
Senza scendere nei dettagli, nel 1313 i Pisani avevano affidato il
governo cittadino ad Uguccione della Faggiuola
che avviò un'imponente campagna di conquista, arrivando ad occupare
Lucca e a mettere sotto scacco il territorio di San Miniato. In
breve, la strategia di Uguccione dopo una prima fase di conquista
vera e propria, si incentrò sul controllo di una fitta maglia di
insediamenti più o meno fortificati e spesso controllati da
ristrette cerchie familiari. Queste erano costituite da piccoli e
medi proprietari terrieri, che videro nell'avanzata pisana
l'occasione per ribellarsi alla dominante San Miniato e strappare
condizioni economico-fiscali più vantaggiose. Ovviamente ciò poteva
avvenire solo in presenza di specifici accordi politico-militari,
volti a garantire la sicurezza delle terre ribelli, che al contempo
erano ristorate da congrui sussidi economici. D'altra parte, per
niente non si fa niente.
Uno
di questi castelli era quello di Moriolo,
che fu una vera spina nel fianco in grado di tagliare le
comunicazioni tra San Miniato e la Valdegola. Questo insediamento era
controllato da una specifica famiglia, che non a caso furono
qualificati da Giovanni di Lemmo da Comugnori come i “da
Moriolo”.
Di essi conosciamo soltanto quattro nomi: Ciuccolo e Nuccio, fratelli
e figli di Guardardo; Piglio figlio di Ciuccolo e Guardaduccio di cui
non è chiaro il legame di parentela.
Ciuccolo morì il 10
giugno del 1306 (1) e Guardaduccio fu ucciso il 10 novembre del 1310
(2), entrambi prima di tutte le vicende legate ai Pisani. Invece i
figli di Ciuccolo (Piglio e ?) si videro distruggere il palazzo di
famiglia e una torre in contrada di Fuordiporta il 17 maggio del 1314
(3) proprio come rappresaglia per la ribellione del castello. Pochi
giorni dopo, il 5 giugno, Piglio risultò morto in circostanze non
specificate (4), ma facilmente accostabili alle vicende di quei
giorni.
La sorte peggiore,
probabilmente, toccò a Nuccio. Egli fu catturato il 15 novembre del
1314, durante una controffensiva sanminiatese volta al recupero dei
castelli di Montalto e di Comugnori, situati sul confine con
Montopoli e caduti nelle mani dei ghibellini pisani. Nuccio di
Guadardo fu condotto a San Miniato, al cospetto del Podestà Donato Donati da Firenze. Quest'ultimo impartì una
condanna a dir poco raccapricciante, che, evidentemente, doveva
servire da deterrente contro gli altri ribelli. Il Podestà ordinò
che Nuccio di Guadardo venisse trascinato per le strade di San
Miniato e, infine, segato a metà. Una scena terribile,
inimmaginabile; una fine raccapricciante riservata ad un ribelle, ad
un traditore. D'altra parte San Miniato era da mesi stretta sotto
l'attacco pisano e solo la cacciata di Uguccione nel 1316 segnò il
vero punto di svolta verso la riappropriazione delle terre ribelli.
La condanna fu eseguita
il giorno 21 novembre 1314 e queste furono le parole di Giovanni di
Lemmo da Comugnori per descrivere l'episodio:
“[...]
Item, soprascriptus Nuccius Guadardi venit in fortiam Comunis, et
dominus Donatus de Donatis de Florentia, potestas Comunis, fecit eum
trascinare per terram Sancti Miniatis et secare per medium die
mercurii XXI novembris. […]”
(5).
RIFERIMENTI
(1)
Giovanni di Lemmo da Comugnori, Diario
(1299-1319),
edizione a cura di Vieri Mazzoni, Deputazione di Storia Patria per la
Toscana, Documenti di Storia Italiana, Serie II, Volume XIV, Leo S.
Olschki Editore, Firenze, 2008, c. 11v, p. 14.
(2)
Ivi,
c. 18r, p. 22.
(3)
Ivi,
c. 30v, p. 41.
(4)
Ivi,
c. 31v, p. 42.
(5)
Ivi,
c. 36v, pp. 47-48.←TORNA ALL'INDICE DELLE “PILLOLE”
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