Di
seguito è proposta la Veduta
della Cattedrale di San Miniato,
in Francesco Fontani, Viaggio
Pittorico della Toscana,
Tomo IV, Firenze, 1817, pp. 237-244.
VEDUTA
DELLA
CATTEDRALE
DI S. MINIATO
Di
un doppio titolo va attualmente insignita questa Chiesa, appellandosi
di S. Maria, e S. Genesio, perché alla memoria della gran Vergine
Madre era nei vetusti tempi dedicato il principal Tempio della Terra
di S. Miniato, e dal nome del celebre Martire era detto quello che
esisteva già nel Castello di San Genesio, rovinato (siccome anco
altrove avvertimmo) nel 1248 dai Samminiatesi. Il Lami rischiarando
per via di monumenti la Storia di queste due Chiese non pare che
sappia decidersi a quale e' ebbe dare il primato circa l'anteriorità,
sebbene ragionevolmente sembri di inclinare a credere che questa di
S. Genesio fosse eretta fino dal Secolo IX, e l'altra di S. Miniato
forse nell'XI, mentre da una Bolla di Celestino III, in cui si
rammentano varj privilegi conceduti a quella Chiesa da Alessandro II,
che fu eletto Pontefice nel 1061, si fa di lei menzione come di
esistente da qualche tempo innanzi, e convien credere che anco fosse
ben vasta, e capace, mentre nel 1074 vi si adunò un Concilio ad
oggetto di decidere la causa che verteva infra S. Anselmo Vescovo di
Lucca, ed i Canonici di quella sua Chiesa. Repugnava con assai di
fermezza il Prelato contro il parere del suo Capitolo per non
prendere l'investitura dall'Imperatore Enrico, il quale s'era
dichiarato nemico del Pontificato, e singolarmente di Gregorio VII,
il quale con particolar Breve aveva animato Anselmo a non cedere in
cosa alcuna contro l'immunità Ecclesiastica, e i diritti della
Chiesa. Insistevano all'opposto i Canonici protestando di non
volergli prestare obbedienza, quando ei non avesse giurato omaggio a
Cesare, e a tanto crebbero le dissensioni, che per la Città
nascevano dei ben frequenti tumulti. Per riparare si pensò pertanto
di adunare un Sinodo a S. Genesio, a cui intervennero molti Vescovi,
e fra gli altri ancora S. Pietro Igneo, Vescovo d'Albano in qualità
di Presidente, il quale unitamente ad Anselmo pronunziò anatema
contro i partigiani di Enrico: cosa che, al riferire del Baronio,
suscitò maggiori molestie, ed affidata questa sugli ajuti, che se le
promettevano per parte dell'Imperatore, senza aver riguardo alla
stessa Contessa Matilde, esiliarono il Vescovo dalla sua Sede. Niuno
degli Storici ci ha lasciata memoria del materiale della prelodata
Chiesa di S. Genesio, che pare fosse onninamente abbandonata nel
1248, quando i Samminiatesi distrussero il Borgo, e trasferirono il
titolo di questa Prepositura nella loro Terra, unendolo a quello di
cui godeva la Chiesa loro principale, appellata già Pieve di Santa
Maria.
E'
situata questa in una delle estremità della vecchia Terra, prossima
assai alla Rocca erettavi d'appresso nel 1237 per volontà di
Federico II Imperatore, ed a cagione di tal vicinanza, fu perciò in
varie occasioni di guerra esposta a diverse fatali vicende. Nel 1398
San Miniato obbediva ai Fiorentini, ed erano questi in continui
timori di guerra per parte dei Pisani, che dominati dall'Appiano, ora
scopertamente, ora con tentativi di tradimento, studiavansi di
conquistare i castelli, e le terre, le quali erano soggette al comune
di Firenze. Vedea l'Appiano di quanto vantaggio poteva essergli
l'acquisto di alcun luogo forte in prossimità di S. Miniato per far
di questa Terra l'impresa, quando fosse mai avvenuto che i Fiorentini
distratti in altre guerre, o umiliati da alcuno più potente, non
avessero più potuto sostenerla contro le loro forze. Tenne egli
perciò trattato (al riferire dell'Ammirato) con uno di Barbialla,
Castello del Contado Samminiatese in Val d'Evola, per impadronirsene,
e con esso avea disposto del modo, assicurandolo della più ampia
mercede. “Colui gli promesse di far l'opera, (scriveva il citato
Istorico) e convennero fra di loro dei dì: … ma egli andato a
trovare il Capitano dei Fiorentini, e i dieci di Balìa, avuto
promesse maggiori, si offerisce pronto a fargli venire in mano tutte
le genti dei Pisani, se nel dì che con esso loro si era convenuto,
il Capitano Fiorentino con le sue genti si trovasse in alcun vicino
aguato, onde fosse a tempo a chiudere in mezzo in nemici. Il giorno
determinato i Pisani non temendo di insidie ne vengono lieti verso
Barbialla, quando Bernardone, che in luogo assai celato con le sie
genti era riposto, con grandi grida assalì gli inimici dalle spalle.
Quivi non accadde combattere, perciocché tutti coloro, che non
potettero fuggire, sensa fare alcuna difesa fur fatti a man salva
prigioni dai Fiorentini, il numero dei quali giunse a trecento con
più di cinquanta cavalli”. Nonostante questo vantaggio però il
Comune di Firenze credé di non doversi fidare a segno di non
premunirsi contro i nuovi attentati, e attacchi, ch'e' sipoteva
aspettare; perlocché volendo provvedere alla sicurezza della Terra,
oltre il bastionare le vecchie mura, ordinò che si fortificasse la
Rocca, estendendone altresì il circuito, ed includendovi la Chiesa
stessa, che in quella occasione soffrì non pochi cangiamenti dal suo
primo stato, e figura. Pel corse adunque di 90 anni fu questo Tempio
onninamente chiuso al pubblico servizio della Religione, e debbono i
Samminiatesi il bene di averne riacquistato l'uso al celebre Per
Vettori il Seniore, che nel 1488 essendo loro Vicario pel Comune
Fiorentino, ottenne dagli Otto di Pratica della Repubblica che fosse
ad essi restituito a lustro maggiore della Terra, e del Clero, il
quale privilegiato già un anno innanzi dal Pontefice Innocenzo VIII
della istituzione di dieci Canonicati, ardentemente desiderava di
ritornare al libero possesso dell'antica sua Chiesa. “Noi abbiamo
condetudo per partito nostro ai Preti di costì, (scrisse il
Magistrato della Pratica al prenominato Vicario) la Chiesa, ed il
Palazzo di sotto, che sono nella Cittadella costì, con patto che
siano obbligati a loro spese conservare detta Chiesa, e Palazzo di
tetti, e usci, e ciò che faccia loro di bisogno, e così abbiano a
murare e smurare, tanto quanto tu ci scrivesti a' dì passati, che ti
pareva di fare per separare il detto Palazzo, e Chiesa dalla
Cittadella, e dal Ponte entrare nell'orto, che và alla Fortezza di
sopra. Essendo tu prudente, e nel facto, vogliamo che tu sia quello
che ordini, e disegni a' detti Preti quanto ti parrà debbano fare
circa il soprascritto effetto. Dovendo nel Palazzo essere la
Canonica, vogliamo che quello del Cavalcanti, che è costì Proposto,
possa eleggere una stanza per se, qual più gli piacerà. E detti
Preti sono obbligati dare ogni anno per S. Bernardo al Palazzo nostro
due Torchi di cera bianca di libbre tre l'uno. Consegnerai dunque a
tua posta ai detti Preti la detta Chiesa, e Palazzo, e sollecitagli a
murare, e smurare quanto ti pare da fare, primaché tu esca di
codesto Ufizio”. Non sgradiranno i Lettori che noi abbiam riportato
per intiero questo autentico documento, il quale non prova solo
quanto abbiamo riferito sopra riguardo alle vicende della Chiesa di
S. Miniato, ma serve ancora a provare la semplicità, con cui si
comportavano nello scrivere per officio le Magistrature Fiorentine ai
subalterni ministri dello Stato.
E'
questa Chiesa adunque nella sua prima mossa, per quanto apparisce,
condotta a tre Navate, e con magnificenza sul fare degli edifizj
sacri del Secolo XI; se non che le posteriori variazioni ordinatevi
l'hanno in gran parte fatta cangiare e d'aspetto, e di pregio. Non si
sa di preciso come essa si fosse nell'occasione che fu riaperta ad
uso pubblico dal predetto Pietro Vettori, che si meritò ne fosse
eternata la memoria in una iscrizione apposta nella principal sua
facciata; ma nell'interno ha sofferto tali alterazioni che appena più
cu è dato ora il ravvisarne un qualche leggiero indizio. Con la
falsa idea d'abbellirgli, bene spesso si guastano gli edifizj,
togliendosi loro quella semplicità, che in principio forse era il
loro massimo pregio. Clemente VII decorò di insigni privilegi questa
Chiesa, e nel 1526 concesse al Proposto della medesima Giovanni de'
Cavalcanti l'uso dei Pontificali, l'ordinare i Chierici negli Ordini
Minori, ed altre prerogative ed esenzioni, che lo rendevano quasi
Ordinario del luogo, anzi unicamente soggetto alla Sede Apostolica,
come si ha dalla Bolla spedita da quel Pontefice nel detto anno, e
riportata per intero dall'Ughelli nella sua Italia Sacra. Maria
Maddalena d'Austria poi, moglie del Gran-Duca Cosimo II, volle ancora
nobilitarla di più, poiché nel 1624 a di lei petizione Urbano VIII
le concesse un Vescovo Proprio, secondoché avea determinato il suo
antecessore Gregorio XV, il quale con sua Bolla del 1622 aveva già
circoscritta la nuova Diocesi. I Samminiatesi dunque riconoscenti, e
grati alle premure usate a loro riguardo dalla predetta
Gran-Duchessa, le eressero nella principal piazza della Città una
Statua di marmo con una opportuna iscrizione incisa nella base,
perché rimanesse ne' secoli avvenire come eterna la memoria della
degnazione di quella Principessa, che volle nobilitare sì fattamente
la loro Patria, della quale non è piccola gloria l'aver data
l'origine alla sì celebre famiglia de' Borromei, esistente ora in
Milano, e l'essere stata la cuna di moti insigni uomini, cultori
delle buone lettere, e delle scienze, fra i quali non sono da tacersi
lo Storico Lorenzo Bonincontri, di cui sì ampiamente parlò il Lami
nel pubblicare una parte della latina di lui storia, e il rinomato
Autore della Metalloteca Vaticana, Michele Mercati, molte notizie
della di cui vita, e de' molti suoi studi, e fatiche si possono
vedere nel lungo ragionamente, che delle di lui più singolari azioni
scrisse Monsignor Magella, premettendo all'edizione della sopra
enunciata Vaticana Metalloteca.
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