lunedì 22 luglio 2013

GIORGIO GIOLLI - 22 LUGLIO 1944 - VIA CRUCIS DI GUERRA

di Giorgio Giolli


SAN MINIATO, 22 LUGLIO '44
"Via crucis di guerra" [1984]
Stazione sesta - Invasione fra gli sfollati
tecnica mista su carta pacchi.

SAN MINIATO, 22 LUGLIO '44
"Via crucis di guerra" [1984]
Stazione ottava (?) - L'amore in Gargozzi
tecnica mista su carta pacchi.

SAN MINIATO, 22 LUGLIO '44
"Via crucis di guerra" [1984]
Stazione nona - Prima dell'eccidio
tecnica mista su carta pacchi.

(…) Nella stessa riproposizione del dolore,(..) Giolli, un quindicennio avanti aveva dato vita a una “Via Crucis di guerra” per il quarantennio dell’eccidio. Quei fogli, a ben guardarli, mantengono ancora oggi una loro drammatica e presaga freschezza, quasi l’artista volesse insistere nel sottolineare l’attualità di un evento feroce che non cessa mai – purtroppo – di porsi come contemporaneo.
E’ il diario di un delitto nato nel sangue e concluso nella ricerca dei morti e delle cose perdute, realizzato con una tecnica mista che ben si adattava nella promiscuità delle materie al caos delle vicende. Un calvario che da corale si presta a caratterizzazioni individuali: la via crucis di una popolazione, di un paese, del mondo intero.
Il paese di San Miniato si erge a simbolo di una storia di popolo, – di qualunque popolo – votato alla superficie del nemico. La storia inizia con una “colpa”, cioè con la sofferenza di un “oppressore ucciso”, già autore di chissà quante stragi, che nel bluastro della notte è disteso, enorme e livido, a disposizione per una specie di rendiconto morale di chi lo guarda, con se stesso e con la storia, e anche con le ombre circostanti colme di risentimento e di vergogna, in un alone di espressionistica perdizione.
Poi “l’invasione del tedesco nella comunità”: un angolo acuto nello spazio tra la tavola dei frati e i mobili rovesciati: il bagliore delle armi si placa in un leggio abbandonato quale momento di ravvedutezza perduta con i cibi offerti ad una ipotetica quiete del cuore.
Poi “l’invasione nella famiglia” raccolta intorno al desco, col tedesco sulla porta come ombra dell’imminente terrore: un bambino ci guarda per chiamarci a testimoni del male. 
La quarta “stazione” di questa passione di morte segna il trasferimento dal convento dei frati alla Cattedrale: si delinea l’eccidio tra le carrette inutili e il passo lento della gente. 
[testo di Dino Carlesi]

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