venerdì 11 luglio 2014

GIUSEPPE RONDONI – UN PICCOLO ED IMPORTANTE COMUNE MEDIEVALE TOSCANO – SAN MINIATO AL TEDESCO

Giuseppe Rondoni (San Miniato, 17 novembre 1853 – 16 novembre 1919), già Direttore della Miscellanea Storica della Valdelsa e Presidente dell'Accademia degli Euteleti, è senza dubbio una figura molto importante per i suoi contributi sulla storia sanminiatese.
In questo post è proposto una breve comunicazione, dedicata a San Miniato, che il Prof. Rondoni ebbe modo di esporre durante il Congresso Internazionale di Scienze Storiche – Seconda Sezione, Storia Medievale e Moderna, tenutosi all'Accademia dei Lincei di Roma, nell'aprile del 1903. Di seguito la trascrizione. Anche se Rondoni non dice niente di nuovo, rispetto ad altre sue pubblicazioni dedicate a San Miniato, la sua presenza a tale congresso, dimostra l'elevata considerazione che lo stesso poteva vantare nel mondo scientifico e accademico dell'epoca.

Atti del Congresso Internazionale di Scienze Storiche
(Roma, 1-9 aprile 1903) – Vol. III – Sez. II – Roma, 1906
Frontespizio

Estratto da G. Rondoni, Un piccolo ed importante comune medievale toscano. S. Miniato al Tedesco, in Atti del Congresso Internazionale di Scienze Storiche (Roma, 1-9 aprile 1903), Vol. III, Atti della Sezione II: Storia Medievale e Moderna – Metodica – Scienze Storiche Ausiliarie, Accademia dei Lincei, Roma, 1906, pp. 529-531.

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[529] XXXVII.

UN PICCOLO ED IMPORTANTE COMUNE MEDIEVALE TOSCANO
S. MINIATO AL TEDESCO.

Comunicazione del prof. Giuseppe Rondoni.

Se molto e bene è stata studiata la storia dei maggiori Comuni italiani del medioevo, non così può dirsi di quella dei medi e dei piccoli, numerosi e fiorenti specialmente in Toscana, dove solo S. Gemignano e pochissimi altri, soprattutto senesi, furono fatti segno di assidue ricerche, secondo i dettami del buon metodo e della sana critica. Ecco perchè mi propongo dettare una monografia su S. Miniato al Tedesco, per la quale da vario tempo sto raccogliendo il materiale. Ma vi è di più. Unica questa cittadina conserva vivo nel nome il ricordo del sacro romano impero. Essa fu sede principalissima dei vicari imperiali, e centro per la Toscana del sistema col quale gli Svevi vollero raffermare e svolgere un effettivo e gagliardo potere in Italia, onde il Carducci la disse : «alabarda ghibellina eretta a minacciare il guelfo Valdarno» . Eppure ebbe anch'essa un Comune, che divenne autonomo, e si mantenne tale fino al 1370, finendo per cadere nell'orbita del dominio di Firenze.
Come sorse e si svolse il Comune in questa terra d'imperio, e quali caratteri peculiari esso offre, mi parve studio da avere importanza più che di storia puramente municipale; tanto più che nessuno fino a qui ha trattato di proposito l'argomento.
Come dai tempi nei quali imperatori e vicari cogli armigeri tedeschi invigilavano di lassù tanta parte della Toscana, e specialmente i più potenti Comuni, venner fuori quelli nei quali un Comune che si inspira agli esempì di Firenze e di Lucca, sorse e s'impose intorno alla rôcca imperiale di Federigo II divenuta così rôcca comunale, ed infine fiorentina? Ho studiato documenti editi ed inediti, e, sebbene poco mi sia stato dato conoscere di nuovo intorno all'età dei vicari ed al vicariato, pure da documenti posteriori, e soprattutto da due redazioni inedite di statuti del secolo XIV, contenenti evidentemente [530] disposizioni molto più antiche, e da qualche altro documento può ricavarsi che Firenze mirasse fino dai tempi della Lega guelfa a tirare a sé con ogni sforzo quel forte luogo centralissimo e adattatissimo a dominare il Valdarno e le valli che vi fanno capo, sottraendolo all'influsso imperiale, e che anche l'impero alla sua volta cercasse di affezionarselo e di render vani ed inutili i conati de' Fiorentini con concessioni e privilegi. Ciò spiega le divisioni fierissime che travagliarono S. Miniato, e come per ben due volte parte dei Samminiatesi scendessero al piano, per fare, come scrisse il Villani, una nuova terra, e magari una città. Caduta la potenza sveva, S. Miniato poco a poco si dà in braccio ai Fiorentini, che vi si sostituiscono all'impero con gran danno e dispetto de' Pisani, eppoi dei Visconti. Questi ultimi, nella loro qualità di vicari imperiali, accampando diritti su quella antica sede del vicariato, cercarono indefessamente di occuparla a detrimento del Comune di Firenze, fomentandovi le parti, e per ultimo ponendovi presidio. Ciò anzi indusse i Fiorentini a fare un ultimo sforzo, ad assediarla ed a farla passare nel proprio dominio, esercitandovi la più gelosa custodia.
Quanto ai caratteri del Comune vi s'incontra una Società di giustizia, antichissima, e che fu il primo nucleo del Comune stesso, organizzato dapprima a guisa di Ghilda, e che poi imitò gli Ordinamenti di giustizia di Firenze: Comune formato da concessioni imperiali e da una lega di protezione e di resistenza contro l'impero e sotto gli auspici guelfi e fiorentini, e così da due Comuni primitivi fra loro in contrasto, e che infine le vicende dei tempi e l'interesse fusero in uno appunto colla Società di giustizia della quale facevano parte i veri ed originari cittadini. Non riuscì mai però, nonostante le sue gelose precauzioni ed i rigori, a fiaccare veramente la potenza dei nobili, che sovrastavano di leggieri e s'imponevano, audaci forse e prepotenti più che in altri Comuni. Il nostro fu un consorzio più specialmente agricolo, e che si prevalse della situazione felicissima in mezzo al Val d'Arno di Sotto, fra Pisa, Lucca, Siena e Firenze. Per quanto in quel consorzio presto si formasse, come si è detto, una lega di resistenza, che ambì d'imitare Firenze, e prevalersi del suo aiuto, il popolo non riuscì mai a vincere i grandi, i quali, essendo i proprietari del suolo s'imponevano necessariamente, mentre il popolo non ebbe né poteva avere la forza delle corporazioni sorte dal prosperare rigoglioso dei commerci e delle industrie. Ebbe sì le arti; ma furon poche e non fiorirono. Infine il Comune per aver pace dovè sacrificare a Firenze la sua autonomia. Certe particolarità curiose del modo come era organizzata e funzionava la Società di giustizia, e come si svolse [531] poi ed ebbe fine, non è qui il luogo di esporre; ma piuttosto, concludendo, noterò che l'impero non dimenticò questo curioso ed irrequieto Comune, sorto intorno ad una cittadella imperiale, e che i Samminiatesi non dimenticarono l'impero, del quale cercarono di farsi schermo contro Firenze che li assoggettava, come già parte di loro si erano fatti schermo di questa città contro i vicari imperiali.
L'imperatore Sigismondo, essendo in Siena, fece capo e centro S. Miniato di trame, che dovevano forse concludere ad una specie di rivendicazione, che avrebbe del resto giovato più specialmente ai Senesi; se non che Firenze vegliava, e la congiura non fece che fruttare esili e condanne. Un quadro completo al possibile della vita di questo Comune e delle sue relazioni coll'impero e colle altre città grandi e piccole della Toscana; un quadro delle sue istituzioni e del carattere che le impronta, riflettendo contrasti tanto più aspri e minuti quanto più s'incrociavano e si combattevano su di un breve territorio pieno di tradizioni cosi diverse e contrarie, ecco, riepilogando, quanto mi parve utile, non solo per la storia regionale, ma ancora per quella generale, che de' particolari più minuti sente sempre più vivo il bisogno di far largo ed opportuno tesoro, assorgendo da questi a sintesi sempre più vaste e precise (*).


(*) Con altra recente sua pubblicazione: Uno sguardo alla rócca ed alla storia di S. Miniato al Tedesco (Miscellanea storica della Valdelsa, anno XII, fase. 2-3), Castelfiorentino, 1904, il prof. Rondoni ha illustrato sotto altri punti di vista il medesimo Comune di S. Miniato al Tedesco. 



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