sabato 24 maggio 2014

CIAMPALINO E LA NANA - Racconto di Alberto Vincenti


di Alberto Vincenti

Alcuni personaggi della Contrada di Sant'Andrea;
CIAMPALINO E LA NANA
Nella Contrada di Sant’Andrea un tempo abitavano alcuni personaggi che per certi versi sono rimasti in maniera indelebile nella memoria della gente del posto. Chi non ricorda il buono e generoso Cionce col suo carretto bianco, quando nelle prime ore del pomeriggio nei giorno del sol leone si sentiva la sua voce “gelatiiii… duri di menta… croccanti alla mandorla…” Noi ragazzi andavamo incontro a quella grande figura inclinata sul carretto… un cono da 10 lire… una schiacciola da 5 lire, semmai un bambino non avesse avuto gli spiccioli, Cionce, nella sua generosità, non lo faceva restare senza gelato dicendogli: “vai fegatino”. Il gelato alla crema aveva un sapore indescrivibile. Lo faceva lui in un contenitore a doppio rivestimento girandolo per ore; all’nterno ci stavano le uova e lo zucchero mentre nel rivestimento esterno aggiungeva il ghiaccio.
Un altro personaggio che abitava poco prima della salita di S. Francesco era Ciampalino, lui era un omaccione che si guadagnava da vivere andando a scaricare le ceste degli ambulanti il martedi al mercato ed aveva sposato una donna bassa di statura che tutti chiamavano la Nana. Qui cominciava il problema: gruppetti di ragazzi, e anche più grandicelli, andavano sotto la finestra di casa sua mentre Ciampalino era a cena e si mettevano a gridare “la Nana... la Nanaaa…” a quel punto Ciampalino scendeva le scale di corsa e si metteva ad inseguirli e talmente era la rabbia per non riuscire ad acciuffarli che il pover uomo si strappava i peli dalle braccia. Capitava che mentre Ciampalino era in giro con la moglie si sentisse gridare da qualche angolo della strada “oggi pastasciutta e nana !!!” a quel punto accadeva il finimondo.
Un altro personaggio di Sant’Andrea era Burchio. Il nome stesso rappresentava bene l’aspetto morfologico del personaggio: il burchio infatti, in epoche passate, era un grosso barcone e chiatto così come era Burchio, basso e tozzo. Anche lui, che detestava sentirsi chiamare Burchio, era oggetto talvolta degli impietosi attacchi dei ragazzacci impenitenti della contrada. Poiché la porta d’ingresso di casa di Burchio faceva angolo fronteggiandosi con quella di Ciampalino, un giorno qualcuno ebbe l’idea di legare con del filo di ferro i due battenti delle porte e quindi di mettersi a gridare “Burchiooo… la Nanaaaa”. Sia Ciampalino che Burchio si precipitarono giù per le scale ma quando andarono ad aprire la porta ognuno tirava quella dell’altro: “lascia andare la porta! fammi uscire!” e dall’altra parte “no… lasciala andare te, devo uscire!”;
Scherzi di altri tempi di una gioventù reduce della guerra.

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