mercoledì 28 maggio 2014

LA VITA DEL SEMINARISTA - 01 PARTE - Racconto di Giancarlo Pertici


di Giancarlo Pertici

LA VITA DEL SEMINARISTA
Dal 1650 la Diocesi di San Miniato ricava dalle mura perimetrali della cittadella alcune aule da destinare a Seminario, spazi già utilizzati per botteghe artigiane.
La mia non vuole essere una ricerca storica... rappresenta solo un'esperienza vissuta in un determinato momento, dal '58 al '63, con un personalissimo punto di vista. Si tratta di piccoli ricordi, alcuni flash o aneddoti rimasti nella memoria ... questi ... più di altri ... con affetto e riconoscimento per un'esperienza spirituale e umana che mi ha accompagnato fino ad oggi. L'auspicio è che altri, "preti" o "preti mancati" portino i loro ricordi con foto e storie. La vita del Seminario è stata nel tempo strettamente legata allo sviluppo sociale e civile della nostra Città per i personaggi che ne sono usciti, preti o no, per l'impronta che nel tempo ci ha consegnato a noi la San Miniato che viviamo.

San Miniato vissuta tra le mura del Seminario - PRIMA PARTE

Può sembrare strano come certi ricordi restino impressi nella mente mentre di altri non ne rimanga traccia alcuna. Credo si tratti di un meccanismo simile o assimilabile all’istinto di sopravvivenza che ti fa ignorare o accantonare certi episodi mentre altri te li riporta alla mente … mondati … rivisti.. purgati. Tra questi un sabato pomeriggio di tanti anni fa: 23 marzo del ’63 …ore 15 del pomeriggio. Appena uscito dalla porta principale del Seminario per non tornarvi più dopo una permanenza di cinque anni… mia madre sa già che ho rinunciato a farmi prete .. in attesa della reazione di mio padre …. ora che si era abituato all’idea di venirmi a suonare le campane!
La cosa più buffa, sì! …strana! E’ che non riesco più …a camminare da solo per la strada, abituato come sono ad uscire in gruppo, sempre in fila indiana. O cammino troppo piano o troppo veloce. Oltre il Comune davanti alle scuole, …. prima al centro della strada ….poi a rasentare il muro. In lontananza odo delle grida … sono quelle di gioia di mia sorella Maurizia e delle mie cugine.
Ma, come una storia che tale vuole essere, cominciamo da capo, da quell’agosto del 1958 quando tutto ebbe inizio! Ed iniziò come una vacanza.. anzi! Con una vacanza … in montagna col seminario .. potevano partecipare anche i nuovi iscritti. Fu proprio da Prataccio, nella colonia di Cecafumo che iniziai la nuova vita da seminarista in San Miniato insieme all’amico Alberto, noi che in San Miniato vivevamo già. Alberto nella parrocchia di Santo Stefano io in quella di Santa Caterina.
Esperienza in colonia gradevole ma non priva di impegni …. la messa ogni mattina… il rosario nel pomeriggio … momenti di preghiera lungo l’arco dell’intera giornata. Con il vantaggio, il mio, dell’esempio e dello stimolo costante del mi’ nonno Nuti; nonno di Stoppa come si definiva lui. Mi aveva abituato alle mie “devozioni”, lui uomo di altri tempi (nato nel 1871), sia prima di dormire che al momento di alzarsi. Tra queste una preghiera a San Giuseppe del quale era particolarmente devoto … e che ancora ricordo e canto.
Giuseppe rimirate la povera anima mia, nella diletta via fate ch’io ponga in piè, e quando sarà l’ora del mio fatal periglio, chiedete al caro figlio amor pietà e mercé”
A mia madre chiedeva, quasi un comando “Cambiami il puttero che lo porto alla messa”. E mi portava alla messa ogni domenica nelle prime panche, qualche volta anche al “Pontificale” delle 11 in Domo. Non mancavamo mai alla novena di Natale nella Chiesa di San Paolo o al maggio in Santa Caterina.
L’inizio dell’anno fu traumatico. I primi giorni …. niente scuola …solo silenzio… impossibile la conoscenza reciproca di ragazzi del tutto nuovi: era la settimana di “ESERCIZI SPIRITUALI” Overdose di ..Preghiere, … meditazioni, …di omelie… nessuna pausa. Silenzio assoluto, anche durante il pranzo e la cena, … atmosfera quasi irreale, e… colonna sonora… la lettura a turno della vita dei santi e del “Martirologio”. Settimana lunghissima che ci trovò pronti tutti, eravamo una camerata di 25, ad esplodere ….. quando ci venne consegnato il primo pallone … erano finiti gli esercizi spirituali. Potevamo correre liberi anche di gridare nonostante un misero campetto in terra battuta tutto cosparso di pietre e macerie..
Ricordo ancora alcuni nomi e alcuni volti, mentre altri si sono dissolti nel tempo. Eugenio veniva da Fabbrica di Peccioli e aveva il letto accanto al mio, che conservò pur nelle diverse camerate negli anni successivi. La camerata mi sembrava una reggia… per luminosità …rispetto a casa mia dalle camere buie. Solo la camera che condividevo con Nonno Nuti aveva una finestra. Finestra che prendeva luce ed aria, lassù a due metri di altezza, da un tetto laterale. Ognuno aveva un piccolo armadietto che fungeva anche da comodino, a segnare lo spazio tra un letto e un altro. I letti lungo le pareti ed un ampio corridoio centrale. La Camerata, quella dei “Piccoli”, intitolata a San Luigi era posta al primo piano della parte a destra del complesso stesso. Quella costituita da due soli piani fuori terra con, di lato, lo scalone di accesso alla terrazza che si erge sopra la porta Toppariorum. In dotazione alla camerata due grandi armadi: uno per le scarpe e un altro per le merende. Da un lato la stanza dei WC (tre bagni con turca) e dall’altro lato il reparto docce e lavandini. Il clima apparentemente sereno, si fece pesante nella giornata del 9 ottobre, quando non avevamo ancora preso confidenza con gli spazi, e nemmeno con le regole. Era morto Papa Pacelli: Pio XII. Mi venne a mente che solo alcuni mesi prima le suore di San Paolo mi avevano fatto scrivere di pugno una lettera al Papa con la richiesta di una macchina da scrivere. Macchina che era arrivata giusto pochi giorni prima del mio ingresso in seminario.
Di lì a pochi giorni mi buscai una bella bronchite, come sentenziò il Dott. Bellini, dottore del Seminario. Ero ancora a letto quando il 28 arrivò la fumata bianca quindi l’annuncio “Abemus Papam”. Mons. Roncalli da Sotto il Monte diventava Papa con il nome di Giovanni XXIII.
Era così cominciata la nuova vita, ricca di sorprese, ma anche di disagi, di sacrifici, come di regole nuove: tante regole diverse per stabilire.. cosa… quando… dove… come… perché … di ogni momento della giornata. Nessuna possibilità di libera scelta, anche per i bisogni essenziali come quelli elementari .. senza il “permesso” non si poteva andare neppure al cesso. Come dimenticare durante un’ora di latino, nel secondo anno, sotto interrogazione alla lavagna, … quando me la feci addosso per merito del prof. Busdraghi (se ricordo bene il nome) parroco di San Quintino e prof. di matematica.
Una campana scandiva la giornata iniziando già alle 6 a far sentire i suoi rintocchi, accompagnata da una scampanellata infinita …..fine del sonno e dei sogni. Potevamo aprire gli scurini delle finestre esposte verso Gargozzi, ma guai ad affacciarsi alle altre che davano sulla piazza del Seminario! Ogni mancanza poteva essere segnata e punita con ..“il silenzio”…o… “il senza gioco”: Il primo vietava sia di parlare con chicchessia, eccetto che a scuola se interrogato, sia di partecipare a qualsiasi gioco o svago di gruppo. Il “Senza gioco” era una punizione… ridotta … ti consentiva comunque di parlare. La prima mattina mi chiesi … anzi chiesi ad alta voce “dove c’è da andare?”. La risposta era ovvia: da nessuna parte! Dovevamo comunque prepararci per andare a scuola distanza 50 metri …. alle 8,30. Con un canovaccio consolidato nel tempo, forse vecchio anche di qualche secolo, la giornata cominciava con il riordino del proprio letto, l’igiene personale, del viso, dei denti. Alle 6,30 in doppia fila, costeggiando i lunghi corridoi attraversavamo tutta l’ala centrale del seminario per giungere al lato estremo della Piazza …la Cappella e le sue panche di legno. Momento della meditazione!!! … occhi segnati dal sonno e momento personale di riflessione con l’aiuto di libretti e/o pubblicazioni. Durante l’inverno, avvolti nella mantella di lana pesante, restavamo combattuti tra sonno e freddo. Tra le camerate girava il canovaccio di una rivista musicale mai messa in scena “La Vita del Seminarista” in chiave tragicomica e con una forte connotazione di autoironia … su regole e abitudini. Questo dovrebbe essere, vado a memoria, il canto che accompagnava l’ingresso in Cappella: “Quando si va a far la meditatio, qualcuno pensa anco ad Orazio, qualcuno va su una costellatio e così se ne va meditatio. Ma perché far così? Sarebbe meglio stare a dormir! Tra “preludi” “colloqui” ed “affetti” chiudiamo i libretti e schiacciamo un bel pisolin”
Si giungeva così al momento della Messa, in latino, “introibo ad altare dei” etc.. che durava una mezz’ora quale liturgia feriale, senza omelia. Subito dopo la Prima Colazione avara in quantità e qualità!! Eravamo tutti vittime della febbre di cui soffriva la Diocesi, febbre alimentata dall’economo Don Cheti, tutta presa come era dalla costruzione della Stella Maris. Se risorse c’erano venivano usate sempre e soltanto per Calambrone, mentre mancavano quando c’era da approvvigionare la dispensa del Seminario. I risultati si vedevano già al momento della colazione del mattino. Anche in questo caso non c’è bisogno di sforzi di fantasia per descrivere o dare un’idea … basta trascrivere, se ben ricordo, il brano musicale della rivista anzi detta: “ Si va al refettorio.. fettorio, ti danno la colazione.. lazione, un bricco di CaffeLatte un altro di CaffeNero che quando le senti dici è Pozzonero, .. è vero… è vero…”
FINE PRIMA PARTE.


Agosto 1958 - Aspiranti seminaristi a Cacafumo
Il primo dietro a sx Giancarlo Pertici
Collezione di Giancarlo Pertici 



Ottobre 1958 - Gruppo della camerata dei piccoli
ritratti nel "cortile" che serviva anche da campetto per il calcio
In piedi al centro Giancarlo Pertici.
Con Norberto Pandolfi e Alberto Cheti
Collezione di Giancarlo Pertici



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