di
Francesco Fiumalbi e Carlo Pagliai
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del post:
Nella
campagna per le prossime elezioni amministrative, sta facendo
capolino il tema del cosiddetto “social housing”. Per i non
addetti ai lavori, può sembrare un inutile anglicismo
e tutto dipende dal significato che gli si vuole attribuire.
Purtroppo, fino a questo momento, alle parole-spot non sono seguite
altrettante formulazioni esplicative. Si dirà che c'è tempo, ma la
questione rischia seriamente di rimanere materia fumosa e labile
rispetto alle interpretazioni e, soprattutto, alle aspettative di
chi, il prossimo 25 maggio andrà a scegliere i propri rappresentanti
all’interno delle Istituzioni. Per questo motivo nasce questa
riflessione, con lo scopo di fornire qualche spunto su un tema così
ampio e complesso, e magari stimolare il dibattito.
sono
stati costruiti con l'iniziativa L.O.D.E.
Foto
di Carlo Pagliai
01
SOCIAL HOUSING, ERS E ERP. Prima
di qualsiasi riflessione, vale la pena di indugiare sul termine
social housing,
provando ad indagarne il significato. In questo ambito più che
altrove, la definizione è importante innanzitutto perché dovrebbe
chiarire l’aspetto programmatico. In realtà, esiste un
corrispettivo italiano, ed è Edilizia
Residenziale Sociale (ERS),
che però è percepito pericolosamente vicino, a quello, sempre meno
utilizzato, di Edilizia
Residenziale Popolare,
che troppo spesso è confuso con quello relativo all’Edilizia
Residenziale Pubblica. Si
tratta quindi di una espressione accattivante, che cerca con una
formula politicamente corretta, di aggirare la comune sensibilità
sul tema. In pratica, lasciando da parte la normale evoluzione
normativa, che produce un aggiornamento regolamentare degli strumenti
e delle forme di attuazione, le tre espressioni, almeno da un punto
di vista programmatico, sono la stessa cosa. Si tratta di politiche,
volte a soddisfare esigenze abitative, che si rivolgono a quelle
categorie della popolazione che rientrano al di sotto di una certa
fascia di reddito. La prestazione sociale si risolve
nell’assegnazione di un alloggio a canone più o meno calmierato, o
all’acquisto di una abitazione ad un prezzo inferiore rispetto a
quello fissato dal libero mercato. A tal fine risulta necessaria
un’iniziativa economica di tipo pubblico, sia essa diretta o
indiretta, con tutte le sfumature del caso, e con i vari meccanismi,
più o meno virtuosi ed incisivi.
02
L'AREA GRIGIA. E’ stato
detto che il social
housing rientra nel più
generale complesso di iniziative volte, almeno a livello teorico, ad
accorciare le distanze sociali sul terreno della casa. Il tema
dell'abitazione è sicuramente un aspetto centrale nella vita delle
persone, specialmente in un sistema economico in cui il lavoro non è
più una certezza e in un contesto culturale in cui le dinamiche
relazionali sono più fluide rispetto al passato. Pensiamo al giovane
che desidera uscire dal nucleo familiare d'origine, ma non ha le
risorse per rendersi autonomo. Oppure alla giovane coppia con lavoro
precario che ha desiderio di autonomia e vuole costituire un nuova
famiglia. Ancora, pensiamo ai nuovi singles,
cioè a coloro che dopo la conclusione di un matrimonio, o di una
convivenza, si trovano a dover riorganizzare la propria vita e che
magari non vogliono/possono tornare nella famiglia d'origine. Oppure
pensiamo alle persone anziane, spesso sole, che hanno particolari
esigenze di assistenza legate al proprio stato di salute. Nella gran
parte dei casi si tratta di situazioni in cui le persone non hanno i
requisiti per accedere ad una vera e propria “casa popolare”
(cioè ad un'abitazione gestita da un particolare ente assistenziale,
generalmente pubblico o ad esso sussidiario, che la pone in affitto a
“canone sociale”), ma che non hanno nemmeno la capacità
economica per affacciarsi sul libero mercato, a causa del reddito
modesto, o per la difficoltà ad accendere un mutuo finalizzato
all'acquisto. Si tratta, quindi, di una vastissima “area grigia”,
multiforme e dai contorni spesso sfuggenti.
03
L'INIZIATIVA PUBBLICA E LE RISORSE PRIVATE. Il
nodo centrale per qualsiasi politica sociale, e a maggior ragione
nell'ambito delle politiche abitative, è a chi deve essere riservata
l'iniziativa e a quale livello. Già da alcuni anni, il programma
GiovaniSì della Regione Toscana ha promosso una politica di sostegno
economico, attraverso contributi al pagamento del canone d'affitto da
riservare ai giovani, cioè a quelle persone che rientrano in una
specifica forbice d'età. Anche il Comune di San Miniato è attivo in
questo ambito, e lo fa attraverso la società Domus
Sociale srl
(compartecipata dagli altri Comuni del Comprensorio del Cuoio), che
ha aperto anche uno Sportello
di orientamento ai servizi abitativi.
Ad
Empoli invece si è rivelata una buona iniziativa la realizzazione di
un quartiere residenziale in località Serravalle supportato da un
cofinanziamento regionale nell’ambito dei L.O.D.E. (Livello Ottimale di Esercizio, una sorta di "assemblea" permanente dei Comuni, che gestisce le risorse regionali a livello di coordinamento provinciale),
istituito nei primi anni di questo secolo; per questo specifico intervento, furono
stanziati alcuni fondi a favore dell'ente costruttore abbinati ad
alcune agevolazioni (riduzione oneri urbanizzazione) condizionati
alla realizzazione di alloggi in quota parte di edilizia
convenzionata (vincolandone per venti anni la compravendita/locazione
a prezzi calmierati e alcune caratteristiche dimensionali) e in quota
parte a libero mercato.
Il
problema, purtroppo sta nel fatto che,
anche di fronte alle migliori intenzioni, nella realtà dei fatti la
richiesta di sostegno economico si fa ogni giorno più vasta ed
articolata. A causa anche della continua riduzione della
disponibilità finanziaria, gli strumenti “tradizionali” non
sembrano in grado di fronteggiare la situazione e di soddisfare le
esigenze. Non di rado, si sente parlare di “emergenza e/o tensione
abitativa”. Quasi ogni Esecutivo nazionale ha proposto in passato
la propria ricetta, con alterni risultati, fino alle misure
recentemente introdotte come il “Piano Casa” dell'attuale Governo
Renzi.
Proprio
per affrontare il problema senza aggravare i bilanci pubblici, sempre
più stretti dal cosiddetto “Patto di Stabilità”, da alcuni anni
le Amministrazioni Comunali hanno promosso l’attuazione di alcuni
meccanismi per raggiungere determinati obiettivi con il
coinvolgimento di soggetti privati. Come è noto, l’obiettivo di
una impresa costruttrice è quello di generare utili, in questo caso
attraverso la costruzione di abitazioni realizzate ad un certo costo,
e vendute ad un determinato prezzo. Nella differenza fra costo e
prezzo ci sta il guadagno o meglio l'utile di impresa. Quindi i
meccanismi attuati vanno nella direzione o di abbassare i costi o di
alzare la possibilità di guadagno. Tradotto: terreni reperiti
attraverso l’esproprio e aumento della capacità edificatoria.
Fino
ad non molti anni fa il meccanismo più utilizzato era quello
dell’assegnare il terreno all’impresa costruttrice attraverso un
costo decisamente più basso, cioè attraverso procedure di
esproprio. Tuttavia con il D.P.R. n. 327/2001 e successive
modificazioni, le aree edificabili devono essere espropriate
corrispondendo al proprietario un’indennità pari al “valore
venale” del terreno. Pur con l’incentivo della riduzione
dell’indennità pari al 25% (prevista quando l’esproprio è
finalizzato ad interventi di
riforma economico-sociale,
quindi anche i programmi di Edilizia
Residenziale Pubblica e/o
Sociale),
il maggior costo, anzi la minor riduzione del costo, dei terreni ha
ridotto notevolmente questo tipo di meccanismo. Senza considerare
anche l’ulteriore indennità, pari al valore
agricolo medio, spettante
al proprietario o al coltivatore diretto, nel caso in cui l’area
sia coltivata. Prima di questa normativa l’indennità da
corrispondere al proprietario del terreno edificabile era molto più
bassa, in alcuni periodi normativi, addirittura “irrisoria”. Vale
la pena soffermarsi su questo punto. La procedura normativa
dell'esproprio, in Italia, è stata più volte reiterata con svariati
provvedimenti legislativi [L. 2892/1885, L. 865/1971, L. 359/1992,
DPR 327/2001], che proponevano indennità ridotte col nobile scopo di
calmierare il "plusvalore" sui terreni edificabili;
purtroppo tutti questi provvedimenti nel giro di alcuni anni furono
tutti dichiarati “incostituzionali”, in quanto in sede
giurisprudenziale venivano rinvenute lesioni nel diritto privato,
ovvero sulla proprietà privata. Nonostante gli indirizzi delle
rispettive Corti Supreme, i provvedimenti proposti dal Legislatore
non sono andati verso la risoluzione della questione. Più volte, nei
dibattiti accademici è stato proposto di introdurre una coraggiosa
modifica costituzionale, capace di "rompere" col passato, e
adottando un impianto normativo simile (ma non uguale) al modello
olandese, che verosimilmente ritiene lo Ius
Edificandi un valore di
prevalente pubblica utilità sovrastante il diritto di proprietà
privata. Le suddette impostazioni normative, frutto della dicotomia
fra Pubblico/Privato, riflettono per certi aspetti la cultura
generale dei due Paesi. Inutile dire che in Italia prevale la linea
"privata-individualista" rispetto ad una linea di "bene
comune collettivo". Naturalmente questa successione normativa
nazionale in materia di esproprio, seguita da altrettante bocciature,
ha generato una enorme mole di contenziosi con i conseguenti costi a
carico delle Pubbliche Amministrazioni locali, arrivando a casi
limite in cui i proprietari di alloggi in Edilizia Convenzionata si
sono visti recapitare richieste di conguaglio scaturiti dalla
definizione processuale del contenzioso tra Ente espropriante e
soggetto espropriato. Una bella beffa.
L’altro
meccanismo, a cui si è accennato, è quello dell’aumentare la
capacità edificatoria, quindi di aumentare la redditività
dell’intervento edilizio (tradotto: più appartamenti nello stesso
terreno) a fronte di una percentuale del costruito da destinare
all’Edilizia
Residenziale Sociale,
generalmente intorno al 10%. Tuttavia questo sistema funzionava bene
in tempi di “vacche grasse”, cioè in presenza di un “vivace”
mercato immobiliare in cui prevaleva la domanda rispetto ad un'offerta e in condizioni, spesso, di selvaggia speculazione.
Sfortunatamente già da alcuni anni, l’esplosione della bolla
immobiliare unitamente alla stretta creditizia, ha prodotto una forte
contrazione del mercato immobiliare, con quote di alloggi invenduti
cresciute esponenzialmente. E’ infatti aumentato notevolmente il
“rischio di impresa”, cioè la possibilità che l’impresa non
riesca a generare utili, e quindi gli ulteriori Piani di
Lottizzazione o i Piani di Recupero sono diventati sempre meno
appetibili e meno frequenti; di conseguenza sono crollate le
potenzialità offerte da tale meccanismo.
Sempre
più spesso, alla parola social
viene affiancato un altro termine: il co-housing.
Tradotto in italiano: co-abitazione
o abitare
insieme. Il principio è
abbastanza semplice. Molte persone hanno esigenze comuni e
necessitano dei medesimi servizi, che possono essere gestiti in
maniera collettiva. Una micro esperienza di co-housing
potrebbe essere quella di alcuni studenti universitari fuorisede che
prendono un appartamento in affitto: ognuno ha la sua stanza, ma
tutti usufruiscono della stessa cucina, dello stesso bagno, della
stessa lavatrice, etc. Un’esperienza più elaborata e gestita in
maniera più complessa è quella delle cosiddette residenze
universitarie, che in
Toscana sono gestite dall’Azienda
della Regione Toscana per il Diritto allo Studio Universitario.
In pratica funziona come un grande albergo. Ogni studente ha una sua
stanza, e poi può usufruire di servizi collettivi come la mensa, la
lavanderia, gli spazi di incontro e socializzazione, talvolta anche
impianti sportivi, etc. Un altro esempio di co-housing
potrebbero essere anche
le cosiddette “Case di Riposo”, dove alle persone che vi
risiedono è offerta, oltre ad una serie di servizi collettivi, anche
un’assistenza sanitaria continua.
In
generale, queste forme di coabitazione funzionano bene quando le
persone che vi abitano hanno le stesse esigenze, cioè quando
l’“utenza” è omogenea: tutti studenti, tutte persone anziane,
tutte giovani coppie, etc.
Viene
da chiedersi, cosa può fare un’Amministrazione Comunale per il
co-housing?
Il
Comune di San Miniato, attraverso la Società Pubblica di Servizi
alla Persona “Del Campana Guazzesi”, offre la possibilità alle
persone anziane di risiedere all’interno di una struttura dove è
garantita in modo continuativo l’assistenza sanitaria.
Contributi,
incentivi, residenze per i giovani? Già viene fatto dalla Regione
Toscana attraverso il programma “Giovani Sì” o attraverso la
società per il Diritto allo Studio Universitario.
Quindi,
chiediamo a quelle liste che si candidano alle prossime elezioni
amministrative, di specificare meglio le proposte sul tema del social
housing e del co-housing.
Di seguito si propongono alcune domande che vogliono essere di
stimolo alla discussione.
PROPOSTE
– Cosa è proposto in concreto? Costruzione di nuovi complessi
abitativi nell’ambito dell’Edilizia
Residenziale Pubblica?
Edilizia Residenziale
Sociale? Imposizione
percentuale di Social Housing per i nuovi interventi di espansione
urbana attuativa? Contributi al pagamento degli interessi sui mutui?
Contributi al pagamento del canone d’affitto? Reintroduzione e
rielaborazione dei virtuosi PRUSST (Programmi
di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio)?
Istituzione di una Società di Trasformazione Urbana a partecipazione
mista pubblico-privata?
A
CHI SONO RIVOLTE – Quali saranno i criteri di scelta delle fasce
della popolazione destinate a tali vostre proposte? Giovani coppie
e/o singles, anziani ?Fasce di reddito? Nazionalità dei soggetti
destinatari?
OBIETTIVI
– Quali sono gli obiettivi in termini quantitativi e qualitativi?
Quanti alloggi? Quanti abitanti coinvolti nel programma? E in che
modo?
LE
RISORSE – Quante risorse, in termini finanziari (€), si reputano
necessari per il vostro programma sulle politiche abitative? E in tal
caso qual è la Valutazione Costi/Benefici ricadenti sulla
collettività? Quale percentuale del bilancio comunale proponete di
destinare alle politiche abitative più di quanto non sia stato fatto
in precedenza?
MECCANISMI
– Quali meccanismi si intende attuare affinché il vostro programma
sia non solo sociale,
ma anche sostenibile
finanziariamente? Si vuol
consentire l'autocostruzione abbinata alla crescente Bioedilizia? Si
intende incentivare il Social Housing con particolari procedure o
incrementi?
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