martedì 3 settembre 2013

IL PALAZZO ANSALDI A SAN MINIATO

di Francesco Fiumalbi

Da Piazza Buonaparte, appena entrati in via Paolo Maioli, lo sguardo viene catturato da alcuni edifici sul lato meridionale della strada. La via compie una leggera piega verso sinistra e gli occhi non possono fare a meno di porre l'attenzione, anche soltanto per un attimo, a quei tre palazzi. Due sono di colore rosa-arancio, l'altro bianco. Un tempo appartenevano a due rami di una delle famiglie più ricche ed influenti di San Miniato: gli Ansaldi.
Il primo, il più grande, fu oggetto di numerose ristrutturazioni fra '800 e '900, a seguito anche dei gravissimi danneggiamenti dovuti alle mine che l'esercito tedesco posizionò nel luglio del 1944 per rallentare con ogni mezzo l'avanzata degli Alleati. Da circa un secolo è di proprietà della famiglia Braschi e per questo è chiamato Palazzo Ansaldi-Braschi. Il secondo, di cui parleremo in questo post, è più piccolo ed ha mantenuto un aspetto vicino a quello originario; è contraddistinto da una facciata intonacata, tinteggiata di colore bianco. Disassato rispetto all'ideale asse di simmetria si apre l'austero portone, sovrastato da uno dei pochi stemmi nobiliari sopravvissuti lungo le strade sanminiatesi: quello della famiglia Ansaldi. Infine il terzo edificio, il più piccolo, nato dall'unione di due corpi.

Palazzo Ansaldi
Foto di Francesco Fiumalbi

Secondo una tradizione frequentemente citata, la famiglia Ansaldi trarrebbe la propria origine addirittura da un membro del seguito di Carlo Magno (1). In realtà sappiamo ben poco del principio di questa casata che, a differenza di altre, si è estinta relativamente di recente alla metà del '900 (2).
Gli Ansaldi non compaiono nell'elenco degli appartenenti al ceto magnatizio negli Statuti del Comune di San Miniato del 1337 e del 1359. Tuttavia, nel corso del '400 dovevano aver raggiunto una certa agiatezza economica, tanto che nel 1488 la famiglia risulta sostenere una delle cosiddette Prebende Canonicali (cioè del Capitolo dei Canonici della Collegiata dei SS. Maria Assunta e Genesio, oggi Cattedrale), a metà con i Ruffelli (3), che erano state istituite dal Papa Innocenzo VIII con apposita bolla pontificia (4).
Dopo la peste del 1527 e l'assedio da parte delle truppe imperiali di Carlo V nel 1530, i sanminiatesi, esanimi, chiesero ed ottennero dal Granduca Alessandro de' Medici di poter far tornare a San Miniato alcune famiglie, che da tempo risiedevano a Firenze, in modo da ricostituire il tessuto economico ormai fortemente compromesso (5). Fu l'avvio di una nuova stagione per San Miniato, che culminerà con il riconoscimento del titolo di Città e l'elevazione di una nuova Diocesi, a scapito di quella di Lucca, nel 1622 (6).

Palazzo Ansaldi
Disegno di Francesco Fiumalbi

Una nuova stagione che vide, quale manifestazione tangibile, anche un rinnovamento dell'edilizia privata con la costruzione di nuovi palazzi, residenze del ceto eminente sanminiatese. In questo processo di rinnovamento, per certi aspetti di vera e propria rigenerazione urbana che interessò San Miniato nella seconda metà del '500, possiamo ascrivere importanti interventi come la costruzione di Palazzo Grifoni, dei Palazzi Buonaparte (fra cui spicca quello oggi sede della Cassa di Risparmio di San Miniato), Morali, Morali poi Mercati e Pelli-Cini, Gucci, Ruffolo poi Samminiati-Pazzi e Piccolo, e gli edifici della famiglia Ansaldi, tra cui quello in oggetto.
Gli Ansaldi, nella seconda metà del '500, si erano distinti nell'attività forense, con buona parte dei membri avviati agli studi di Diritto civile e canonico presso l'Università di Pisa, di cui spesso divennero docenti. Non mancarono nemmeno filosofi ed ecclesiastici (7), come Ansaldo Ansaldi che fu Decano presso il Tribunale della Sacra Rota. Molti di essi ricoprirono anche diverse cariche pubbliche, come quella del Gonfalonierato (una sorta di “primo cittadino”) (8). A partire dalla metà del '600, Giovacchino e Giovanni Ansaldi fondano una commenda dell'Ordine di Santo Stefano, iscrivendosi di fatto a l'élite della Toscana granducale (9).
Un ramo degli Ansaldi, al pari di altre casate forti anche della consistenza economica, nella seconda metà del '500, avviarono la costruzione della propria residenza: una dimora adeguata per una famiglia abbiente, influente e nobile.

Palazzo Ansaldi
Foto di Francesco Fiumalbi

L'edificio fu realizzato dall'unione di due unità abitative più antiche, due cosiddette “schiere” medievali. Oltre che dalla planimetria, tale circostanza è verificabile anche attraverso la facciata: il portale non si trova in posizione centrata, bensì disassato verso destra. Realizzare il portale al centro avrebbe comportato una nuova ridistribuzione interna e, quindi, anche forti modifiche di tipo strutturale. Diversamente ne sarebbe risultata una vera e propria operazione di sventramento. Invece, l'espediente di accorpare due unità, molto frequente anche a San Miniato, consentiva di mantenere l'ossatura strutturale, risparmiando sui costi. La facciata sarebbe stata facilmente realizzabile, compositivamente, e la disposizione degli ambienti interni non stravolta.
Oltre al portale, al piano terreno si trovano due eleganti finestre con davanzale e tettoia a mensola, rifinite in pietra o in scialbatura (probabilmente dovute ad un rifacimento ottocentesco) ed una apertura più ampia. Curiosa la finestrella circolare e le due mensole che la sovrastano, quest'ultime residui di un'apertura analoga alle altre due tuttora esistenti, poi rimossa. Quindi, inizialmente, le finestre al piano terreno dovevano essere tre, più o meno in asse con le aperture del primo piano, e intervallate dalla presenza della porta d'ingresso.
Da notare l'ampia cornice, che separa idealmente il piano terreno dal primo piano, ovvero il “piano nobile” della casa. Questo elemento è collocato molto in alto rispetto alla quota della strada, denotando un'altezza consistente del livello terreno.

Il portale di Palazzo Ansaldi
Foto di Francesco Fiumalbi

Al primo piano, si aprono quattro grandi finestre arcuate, caratterizzate da una cornice a bugne, con terminazione a punta. Assieme alle finestrelle quadrangolari dell'ultimo livello, costituiscono uno degli elementi caratteristici degli edifici nobiliari sanminiatesi, e ricorrenti anche a Palazzo Buonaparte Morali Formichini (sede della CRSM), Palazzo Stefani, Palazzo Buonaparte (ex Tribunale). Per questo motivo l'edificio è stato accostato (per la prima volta da Dilvo Lotti (10) e da Anna Matteoli (11)) alle maestranze di Giuliano di Baccio d'Agnolo, che lavorò a Palazzo Grifoni fino all'anno della sua morte, avvenuta nel 1555. Tuttavia, si tratta di una ipotesi difficile da sostenere, anche perché non risulta sostenuta da alcuna documentazione, ma solamente da alcuni tratti stilistici. Invece è molto più probabile che taluni elementi compositivi di Palazzo Grifoni, e dei vicini palazzi Buonaparte (CRSM) e Samminiati-Pazzi (Piccolo) abbiano costituito il modello per molti altri edifici, costruiti in un'epoca di poco successiva, da maestranze certamente meno qualificate. In altri termini probabilmente siamo di fronte ad un comune esempio di “contaminazione” o di “osmosi”. Sono questi i termini utilizzati per descrivere quei processi in cui un modello primigenio costituisce il campionario per gli elementi di realizzazioni successive. E questo sotto vari punti di vista: compositivo, formale, tecnico, tecnologico.

Lo stemma del Palazzo Ansaldi
Foto di Francesco Fiumalbi

Sopra il portale campeggia l'arme della famiglia Ansaldi. Non sappiamo se sia sopravvissuto alle distruzioni Giacobine di fine '700 o se, più probabilmente, si tratti di un rifacimento del primo Ottocento.
Si tratta di una viverna (un rettile alato simile al drago, da cui differisce per l'assenza delle zampe anteriori) di colore verde su sfondo dorato, e con doppio capo, d'Angiò (ovvero con i tre gigli alternati da quattro dentelli di lambello) e di Santo Stefano (ovvero con la croce biforcata a otto punte dell'Ordine di Santo Stefano, apposta quando la famiglia prese parte al sodalizio stefaniano, costituendo una commenda (12)). Quindi lo stemma è sicuramente posteriore alla metà del '600, ma come detto, non è possibile stabilire con certezza se si tratti dell'originale o di una copia successiva.

Finestra del piano terreno, Palazzo Ansaldi
Foto di Francesco Fiumalbi

Tornando alla facciata, la necessità di non far emergere la doppia struttura originaria, unitamente all'esposizione verso nord (quindi il lato più freddo), ha in qualche modo imposto l'utilizzo del rivestimento ad intonaco, oggi trattato con una tinteggiatura di colore bianco.
Sul fronte tergale, che guarda verso la valle di Gargozzi, si apre il giardino pensile. E' un altro degli elementi caratteristici sanminiatesi, con funzione non solo estetica, ma anche e soprattutto statico-geologica. Infatti il collasso di tale struttura creò non poca apprensione nel 1772, allorché fu interessata da un consistente smottamento, come possiamo desumere dal resoconto pubblicato sulla Gazzetta Toscana, Tomo VII, nn. 17 e 24 e che abbiamo visto nel post LE FRANE A SAN MINIATO NEL 1772.

In conclusione, questo edificio presenta molti degli elementi architettonici e compositivi peculiari del rinnovamento edilizio del tardo '500 sanminiatese. Più in generale, possiamo vederlo come uno dei molti esempi tipici della residenza nobiliare nei centri di provincia. Una residenza nata dall'accorpamento di edifici più antichi, di cui conserva almeno in parte la struttura, e quindi la distribuzione degli ambienti al suo interno. Tuttavia, nel suo piccolo, il Palazzo Ansaldi ben rappresenta una delle espressioni concrete dell'influenza, tutta fiorentina, del primo Rinascimento a San Miniato. Anche se questo avviene con diversi decenni di ritardo.


NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) Boldrini Roberto (a cura di), Dizionario Biografico dei Sanminiatesi (secoli X-XX), Comune di San Miniato, Pacini Editore, Pisa, 2001, p. 17.
(2) L'ultimo membro della famiglia Ansaldi fu Antonietta (1865-1948). Boldrini, Dizionario... cit., p. 18.
(3) La prebenda fu fondata da Giovanni Ansaldi e Luca Ruffelli. Boldrini, Dizionario... cit., p. 20; cfr. Boldrini Roberto, Il capitolo del Duomo dalla rifondazione all'erezione della Diocesi (1488-1622), in AA.VV., La Cattedrale di San Miniato, Cassa di Risparmio di San Miniato, Pacini Editore, Pisa, 2004, pp. 21-26: 23, nota 9.
(4) Il testo della bolla è stato pubblicato in Lami Giovanni, Charitonis et Hippophili Hodoeporici, pars prima, Deliciae Eruditorum, 1741, pp. 194-199.
(5) Rondoni Giuseppe, Memorie storiche di San Miniato al Tedesco: con documenti inediti e le notizie degl'illustri sanminiatesi, Tip. Ristori, San Miniato, 1876, p. 189.
(6) Per tutte le informazioni in proposito si rimanda al volume: Simoncini Vasco (a cura di), San Miniato e la sua Diocesi. I Vescovi, le istituzioni, la gente, Cassa di Risparmio di San Miniato, San Miniato, 1989.
(7) Labardi Andrea, Gli Ansaldi di San Miniato e l'Ordine di Santo Stefano, in Marrara Danilo (a cura di), San Miniato e l'Ordine di Santo Stefano, Atti del Convegno, San Miniato, 14 maggio 2004, Edizioni ETS, Pisa, 2004, pp. 101-104.
(8) Morelli Paolo, Classe dirigente e nobiltà a S. Miniato fra Cinque e Seicento, in Bollettino Storico Pisano, n. LII, 1983, pp. 211-225: 215.
(9) Labardi, Gli Ansaldi... cit., p. 104.
(10) Dilvo Lotti, Edilizia e Architettura Sanminiatese tra il '5 e il '600, in Dilvo Lotti (a cura di), San Miniato nel Tempo, Catalogo della Mostra San Miniato 20 giugno-30 settembre 1981, Pacini Editore, Pisa, 1981, p. 226.
(11) Matteoli Anna, Palazzo Roffia ora dell'Arciconfraternita di Misericordia, in Lotti, San Miniato nel Tempo... cit., p. 235.
(12) Vedi supra, nota 7.

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