a cura di Anna Orsi
Idillio tratto da "POESIE VARIE" di Pietro Bagnoli Can. Samminiatese, Prof. di Lettere Greche e Latine nella R. Università di Pisa, Antonio Canesi, Tomo II, Samminiato, 1834: GLI ULTIMI SEI MESI DELL'ANNO - Idilli, pp. 169-171.
"Il tramonto dell'estate a San Miniato"
Foto di Giuseppe Chelli
IL
PRIMO
DI
SETTEMBRE
I.
L'arbore che ama i
colli, e ben v'alligna
Già si vedea pei
lunghi ordini esteso
Ornar di chioma, e
decorar la Vigna
Di bel rubino, e di
piropo acceso,
senza Cerere e lui
fredda è Ciprigna.
Alla rete dei grappoli
vien prese
Il solar raggio, e si
fa vino insieme
Col grato umor che
dalla vite geme.
II.
Altri bassi per file
erran spariti
Pampineri tralci a
ritte canne attorti,
Altri pendono in alto
dai mariti
Olmi, a cui colle
braccia e i piè distorti
Avvincolate appongiànsi
le viti,
Di pingue prole gravide
consorti,
E quindi in alto la
pomposa chioma
Spiegan, frapposta di
nettarea soma.
III.
Quindi si forman di
viticci avvolte
L'aste, che un dì
squassaron le Baccanti,
Che andavano ebbre, e
di consiglio tolte
Alteruando Evoè con
balli e canti.
Così il dì primo di
Settembre accolte
Donzelle si recàr, per
ire erranti,
E gustar la dolce uva
in festa uguale
Ad un'antica frotta
Baccanale.
IV.
Pria si saziàr del bel
frutto soave,
Cogliendone le pigne
più nitenti,
Dov'era di nettareo
succo grave
Nei ben maturi grappoli
pendenti.
Poi cantàr Bacco,
quando venne in Nave,
E fe'dei Nauti i rei
consigli spenti,
E quando in mezzo
all'ebbrìosa plebe
Guisò le tigri,
trionfante, in Tebe.
V.
Colla fronte di pampini
crinita
Si fingon d'esser
Vergini Baccanti,
In bei giri di piè
torcon la vita;
Le tese pelli ai
cembali sonanti
Scorron celermente
colle dita,
Che battono, che
scrisciano tremanti;
Di tirso armate in
simulata sfida
Empion di moti il suol,
l'aria di grida.
VI.
Corron le damigelle in
pugna finta,
Come
le sacre viti a far sicure
Dal
Tracio Re, che si fingeano accinta
La
mano aver dell'esecranda scure.
Ma
brancolar colla pupilla estinta,
Ben
presto lo facean per orme oscure,
E
il caro frutto prezioso, e il culto
Del
Dio inventor non rimaneane inulto.
VII.
Di
Penteo, ch'empio fu contro Lièo,
Pur
compiangean da chi fu ucciso, e come.
Ma
quando il fatto memoràr d'Orfeo,
Gittaro
i Tirsi, e disfrondàr le chiome,
Detestando
l'atroce caso e reo,
E
le Baccanti d'infamato nome;
Che
lor parea la lingua udir, che dice,
Gelida
e morta: Euridice, Euridice.
VIII.
Sofia
saggia parlò. Ben fu disposto
Da
chi far copia al nostro sesso volle
Delle
dolci uve, ma non già del mosto,
Che
si fa vin, poiché nie tini bolle:
A'bei
costumi virginali è opposto.
Che
farà in donna, se l'uom rende folle?
In
femmine ebbre, basti dir, che il vino
Costò
la vita del cantor divino!
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