892,
3 OTTOBRE – Pieve di Corazzano, il primo documento.
a
cura di Francesco Fiumalbi
In
questa pagina è proposto il commento del documento conservato presso
l'Archivio Arcivescovile di Lucca, Diplomatico
Antico,
††Q.53,
e pubblicato in D. Barsocchini, Memorie
e documenti per servire all’istoria del Ducato di Lucca,
Tomo V, parte II, Lucca, 1837, doc. CMLXXXI, p. 606. CLICCA QUI PER LA TRASCRIZIONE
Questo
documento è assai interessante in quanto rappresenta la prima
attestazione scritta relativa alla Pieve di Corazzano. Fu redatto a
Lucca il 3 ottobre dell'anno 892.
LA
PIEVE E IL SUO TITOLO
L'atto
rappresenta la prima attestazione documentaria della Pieve di
Corazzano alla fine de IX secolo, ma è probabile che la pieve fosse
stata fondata già nei secoli V-VI. La prima attestazione della
località Quarantiana
(da cui il nome di Corazzano) è invece dell'anno 767, come abbiamo
visto nel post ADDSM
– 767, SETTEMBRE – CORAZZANO IL PRIMO DOCUMENTO – TRASCRIZIONE
E COMMENTO.
La
Pieve di Corazzano è assai importante in Valdegola, poiché nei
pressi di tale chiesa
aveva sede una curtis,
una sorta di antesignana dell'azienda agricola, che costituiva anche
l'unità insediativa minima nelle campagne dell'epoca. Era sotto il
controllo diretto del Vescovo di Lucca, e risulta documentata fra
l'VIII e il X secolo.
La
Pieve inoltre viene indicata col titolo di Santa Maria. Essendo una
pieve, era dotata del fonte battesimale, ed aveva certamente una
doppia intitolazione, a Santa Maria e a San Giovanni Battista, che
però è omessa nel documento. Tuttavia, la dedica a San Giovanni
Battista prevarrà nel corso dei secoli, tanto che ancora oggi per
indicare la chiesa si dice “Pieve di San Giovanni Battista di
Corazzano”.
Un
po' come per la prima attestazione della coeva Pieve di San Saturnino
di Fabbrica (si veda ADDSM
- 867,
14 dicembre - AAL - S. Saturnino TRASCRIZIONE
-
COMMENTO),
anche in questo atto la documentazione della pieve è un fatto
secondario rispetto all'oggetto dell'atto, ovvero la cessione a
livello di una abitazione.
L'ATTO
E I PROTAGONISTI
Con
questo atto un tale Adalfredo del fu Benedetto dichiara di aver
ricevuto dal Vescovo di Lucca Gherardo I (in carica dall'869 all'895)
un'abitazione a livello, situata in località Titulo nei pressi della
Pieve di Santa Maria a Quarantiana.
Il documento è, dunque, di tipo “passivo”, cioè richiama l'atto
“attivo”, andato probabilmente perduto, con cui il Vescovo aveva
disposto la cessione della casa ad Adalfredo. Il documento “attivo”
citato da Adalfredo nell'atto è una cosiddetta cartula
livelli, ovvero una sorta di
contratto in un cui veniva ceduto un immobile "a livello",
una sorta di antesignano contratto di affitto, simile all'enfiteusi.
La
cessione del bene era di tipo oneroso, infatti Adalfredo doveva
pagare un canone annuo pari a 36 buoni denari d'argento, da
corrispondere direttamente alla Pieve di Corazzano. Non essendo
fissato un termine prestabilito, il contratto avrebbe continuato a
valere anche per gli eredi di Adalfredo e per i successori del
Vescovo Gherardo. Se una delle parti avesse contravvenuto ai termini
del contratto, la penale da pagare sarebbe stata di 30 denari
d'argento.
L'ABITAZIONE
La
casa oggetto dell'atto si trovava in località Titulo, che dalla
toponomastica odierna, non è possibile individuare. Certamente era
in Valdegola, nel territorio giurisdizionale della Pieve di
Corazzano, ma non sono specificati ulteriori elementi per poterla
collocare con precisione sul territorio. Era pertinentes
alla chiesa, per cui possiamo intuire che facesse parte del
patrimonio immobiliare della stessa, che comunque faceva capo al
Vescovo.
L'abitazione
viene descritta composta di fundamento
et edificio suo. Tale precisazione
indicava che la casa era "completa", cioè si componeva di
una parte di fondazione e una parte in elevazione. Oggi una tale
puntualizzazione può far sorridere, ma si trattava di “dettagli”
che all'epoca non erano così scontati. Durante i recenti scavi
archeologici nei pressi di Balconevisi in Valdegola, è stato
appurato che le abitazioni nelle zone rurali, addirittura fino agli
inizi del '300 (500 anni dopo la sottoscrizione del documento in
oggetto!), avevano ancora una conformazione “arcaica”. Le
abitazioni della zona prendevano corpo su di una sorta di perimetro
di fondazione sagomato nelle sabbie compatte (comunemente detto
"tufo"), su cui appoggiavano gli elementi strutturali in
legno, a loro volta "tamponati" con graticci e argilla.
Erano case modestissime, appena dei ripari, fatte di legno e terra,
che di solito siamo portati ad associare al periodo preistorico.
D'altra parte, l'assoluto stato di povertà e l'impossibilità di
reperire materiali più duraturi come la pietra, spesso non
permettevano condizioni abitative migliori. Nei documenti, quando era
presente solamente lo zoccolo di fondazione e non la struttura in
elevazione, tale manufatto non poteva essere definito “casa”, ma
prendeva il nome di “casalino”.
Tuttavia
questa sembra essere un'abitazione “buona” ed aveva anche dei
terreni pertinenziali coltivati ad orto e tenuti a oliveta. Infatti
il censo annuo, 36 buoni denari d'argento, non è così modesto.
Foto
di Francesco Fiumalbi
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