a
cura di Francesco Fiumalbi
In
questa pagina è proposto il testo dedicato a San Miniato, contenuto
all'interno del libro di M. H. Hewlett dal titolo The
Road in Tuscany
e pubblicato a New York e Londra nel 1904. Si ringrazia l'amico Carlo
Pagliai, autore e curatore del sito Della
Storia d'Empoli,
per la segnalazione.
Maurice
Hanry Hewlett è stato un poeta e romanziere inglese, nato a
Weibridge nella contea di Surrey, nel 1861. Morì a Broadchalke, nei
pressi di Salisbury, nel sud dell'Inghilterra, nel 1923. Fu autore di
romanzi “storici”, molti dei quali ambientati nel medioevo
inglese, ma anche in Italia, di cui era ottimo conoscitore, grazie
anche alla sua attività di saggista e traduttore.
Fra
le sue opere narrative, compare anche una vera e propria “guida”
della Toscana, The Road in Tuscany.
Una guida un po' speciale, una vera e propria esplorazione, alla
scoperta della storia toscana, offerta dal punto di vista di un
erudito viaggiatore inglese della fine del XIX secolo, animato dal
più puro spirito romantico. Si tratta di un “commentario”, come
tiene a precisare l'autore, ovvero di una serie di dissertazioni
sulla storia, sulle bellezze artistiche e sulla letteratura toscana.
Il tutto organizzato secondo la logica del viaggio e, dunque, anche
della strada, intesa sia come infrastruttura per garantire gli
spostamenti, ma anche come luogo di incontro con la popolazione
locale e punto di vista privilegiato per osservare i centri
raggiunti. Da qui il titolo The Road in Tuscany.
Insomma, si tratta di un vero e proprio odeporico.
L'opera
di Hewlett si compone di due volumi. Il primo è incentrato sulla
città di Firenze e i suoi dintorni, oltre a Lucca, alla Garfagnana,
alla Lunigiana e alla costa fra La Spezia e la Versilia. Nel secondo
volume l'attenzione si sposta su Pisa, e poi sulla Valdelsa, prima di
passare a descrivere Siena, Volterra, e poi Grosseto, la Val di
Chiana e Arezzo. Ed è proprio in questa “seconda parte” del
viaggio, nella “tappa” da Pisa a Certaldo, che Hewlett dedica
circa quattro pagine anche a San Miniato, che egli menziona come “San
Miniato–of–the–Germans”, tradotto nel testo in San
Miniato dei Tedeschi, più o
meno l'equivalente del nostro “San Miniato al Tedesco”.
The
Mac Millian Company, Londra - New York, 1904
Frontespizio
A
San Miniato, Hewlett, giunge da Pisa, percorrendo quella che oggi è
la Strada Statale n. 67 Tosco-Romagnola Est. Nota immediatamente il
paesaggio collinare della zona, punteggiato da case, chiese
(Cigoli?), monasteri (la Badia di Santa Gonda?) e ville circondate da
cipressi (Villa Sonnino?). Sale probabilmente da La Catena e osserva
una piccola chiesa di forma ottagonale (a little octagonal
church), da riconoscere,
evidentemente, nella chiesa della SS. Annunziata comunemente detta
“La Nunziatina”.
L'attenzione
di Hewlett è poi concentrata sull'apice della collina sanminiatese e
sulla “minacciosa” Rocca (on the summit of its final
rock, higher than the highest belfry, the great shaft, cleft in the
midst, which is the terrific menace of all the valleys about).
L'erudito viaggiatore si sofferma molto sull'antica fortezza
militare, in quanto luogo sede dell'amministrazione imperiale, e
tradizionalmente legato alla prigionia di Pier delle Vigne, a cui
dedica un'ampia digressione citando Dante Alighieri (That
was where the Suabian Emperors had their high seat and bed of
justice. There judged, there sonnetteered, and there pined Pier delle
Vigne, from whom Dante, brushing by him in the hell-wood of suicides,
tore a gnarly limb).
Osserva
poi la “nudità” della facciata della chiesa di San Domenico,
situata in una piazza “vuota”, prima di accedere al chiostro dove
può ammirare il tondo robbiano in terracotta invetriata (The
church, which must have heard those rascal sing “O Salutaris
Hostia”, is bare of any sign that so it did. It stands in a little
empty piazza, which it graces with a tondo of the Della Robbia, no
more out of place and no less fragrant than a flower in a wall).
Il bassorilievo, su cui Hewlett si sofferma, all'epoca si trovava al
di sopra della porta della Biblioteca ed è descritto anche da
Giuseppe
Piombanti nella sua Guida
della Città di San Miniato al Tedesco
(Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894,
p. 64) e da
Guido
Carocci ne “Il
Valdarno. Da Firenze al mare”
(edito
a cura dell'Istituto Italiano d'Arti Grafiche di Bergamo, nel 1906,
p. 94). Attualmente, invece, è collocato sulla parete sinistra all'interno della chiesa. L'inglese entra poi in San Domenico, osservando l'apparato
pittorico medievale, costituito da affreschi e da pale d'altare, da
cui rimane piacevolmente colpito (the
church reveals frescoes and mild Tuscan altar-pieces – this, happy
things).
Infine
un accenno al “bianco intonaco” degli edifici, in inglese
whitewash,
con il quale a San Miniato si sarebbe coperto il sangue dei Malpigli
e dei Mangiadori (Whitewash
covers all the blood-stains made by Mangiadori rending Malpigli, or
Malpigli stabbing Mangiadori in the dark).
Si tratta di una nota di “estetica urbana”, inserita nel citare
la storica rivalità fra le due consorterie, di cui Hewlett poté
avere notizia consultando il Viaggio
Pittorico della Toscana di
Francesco Fontani,
oppure il Dizionario
di
Emanuele Repetti,
due opere fondamentali per conoscere e apprezzare la storia dei
luoghi e dei centri abitati della Toscana. Hewlett doveva avere con
sé una copia di questi testi, oltre alla Divina
Commedia
di Dante Alighieri.
Nessuna altra
descrizione di edifici, luoghi o opere d'arte. Non una parola sulla
Cattedrale, sul Seminario, o su altre chiese. Si intuisce, dal testo,
che San Miniato sia stata per Hewlett una tappa “fugace”, di
brevissima durata, giustificata in funzione del “mito” di Pier
delle Vigne. Probabilmente l'ora tarda della sera costrinse l'inglese
a muoversi velocemente verso Empoli. Alcune note di colore, invece,
sugli abitanti del luogo.
C'è
il “vecchio sacerdote” che fa catechismo ai bambini (a
wise old priest teaching the Catechism to a score of children, doing
the best he could of the reputation of San Giuseppe).
C'è il canto, simile al cinguettio degli uccelli sugli alberi al
tramonto, delle donne che vanno a lavorare nei campi (the
women singing like wood-birds at dusk).
E poi c'è quel “grasso sanminiatese” che lo sorpassa col calesse
in discesa (probabilmente la discesa di La Scala, di cui cita i
tornanti), in modo pericoloso. Egli infatti stava guidando il cavallo
con una briglia sola, con gli occhiali sul naso, intento a leggere il
Corriere della
Sera (che,
appunto, veniva distribuito nel pomeriggio) e fregandosene sia della
strada, sia del bellissimo panorama collinare al tramonto che si
parava di fronte ai loro occhi. Hewlett prova quasi rammarico,
commiserazione, nel vedere che l'uomo, a cui non riusciremo mai ad
associare un nome, è completamente indifferente al paesaggio. Quello
stesso paesaggio, fatto di tratti grigi e violacei, di contorni
sfumati al tramonto, che invece, colpisce ed affascina il narratore
inglese (A fat
Samminiatese passed me on this declevity, swaying in his tax-cart as
his horse galloped down with a loose rein. Good, easy man, he had
this spectacles on his nose and read the “Corriere della Sera”.
Neither the terrors of the steep nor the purple and grey stretches of
the great valley, half revealed in the gathering dusk, had any
interest for him).
in
M. H. Hewlett, The Road in Tuscany,
The
Mac Millian Company, Londra - New York, 1904, p. 33
Tuttavia
il libro offre anche un secondo livello di interesse, rappresentato
dalle illustrazioni di Joseph Pennell, disegnatore e critico d'arte
americano, nato a Philadelphia nel 1857 e morto a New York nel 1926.
Anche Pennell, nella sua attività di illustratore, fu mosso da
profondo spirito romantico, tanto da ergersi a strenuo difensore
della validità dell'immagine disegnata, rispetto al diffondersi
della tecnica fotografica, che proprio fra la fine dell'800 e gli
inizi del '900 muoveva i primi passi. I disegni “toscani” di
Pennell, utilizzati sia in The Road of Tuscany
di Hewlett che nell'opera Italian Hours di
Henry James, sono stati recentemente ripubblicati in La
Toscana di Joseph Pannel tra Otto e Novecento a
curata di L. Monaci Moran, Leo
S. Olschki Editore, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Firenze,
2004.
A
San Miniato, Pennell dedica una illustrazione che coglie il
caratteristico profilo del “colle”, con la Rocca che sovrasta
l'abitato. Si tratta di un disegno realizzato a carboncino, da un
punto di vista difficilmente collocabile, forse in una delle vallate
fra Cerreto e Vinci. L'immagine, dai contorni sfumati e poco
definiti, contiene tutto il sapore romantico percepito dall'autore
statunitense, immerso nella campagna toscana.
Estratto
da M. H. Hewlett, The Road in Tuscany,
The Mac Millian Company, Londra - New York, 1904, pp. 32-36:
[32]
San Miniato de' Tedeschi. As
the land closes in upon the river the country grows fantastically
fair. An amphitheatre of abrupt monticules reveals itself, on each a
towered town, a castle, a heap of monastery building, or a gleaming
while villa, cypress-haunded; but the highest in alwaus that which
carriers San Miniato-of-the-Germans, a city impossible to be hid. I
[33]
turned aside from
the Empoli road to see it for the sake of Pier delle Vigne, a
pleasant poet and much-injured statesman. Nor did I repent, though I
suppose my horses did, for it stands upon a rock, the highest of a
series of three, round each of which we had to creep afoot. Cypresses
led us the way, and heavy-booted peasants, trudging home from the
fields in companies, the women singing like wood-birds at dusk, the
men apart. The town has a castellated keep and gatehouse, a little
octagonal church, and on the summit of its final rock, higher than
the highest belfry, the great shaft, cleft in the midst, which is the
terrific menace of all the valleys about. That was where [34]
the Suabian
Emperors had their high seat and bed of justice. There judged, there
sonnetteered, and there pined Pier delle Vigne, from whom Dante,
brushing by him in the hell-wood of suicides, tore a gnarly limb.
According to his own account, he was a faithful servant of Caesar's,
but he used a privilege for which a man must pay dear:
I
am that one who hel both keys
Of
Frederick's heart, which I dispended,
Opening
and shutting with such case,
There
was no man but found in fenced.
Envy,
he says:
Envy
the whore, who from gates
Of
Caesar never takes her eyes –
envy,
the disease in the bones of princes, undid him. The story says that
in this tower they blinded him by means of the red-hot basin (This
torment has a verb of its own: bacinare, to wit. The atrocity must
have been ad common ad boycotting), and that from this very rock, as
he was being led to his death at Pisa, he dashed himself headlong:
My
spirit, driven by scornful gust
To
case in death the sting of scorn,
To
my just self made me unjust.
Milton
never wrung stronger juices from common word. But if we fail to
undestand why Caro was to be at large in Purgatory while Pier grew
writhen in Hell – seeing each had preferred death [35]
to his dishonour –
it may be because great Rome seem to us greates without such
accommodations. Let Cato stand with his own, say we. But Dante
thought not.
Pier
is a ghost for whom the great tower stand spokesman; other there were
who now have no witness in this little old town.
Pleasant
things in San Miniato. Whitewash
covers all the blood-stains made by Mangiadori rending Malpigli, or
Malpigli stabbing Mangiadori in the dark. They have looked to see one
to the “Stupur Mundi”. The church, which must have heard those
rascal sing “O Salutaris Hostia”, is bare of any sign that so it
did. It stands in a little empty piazza, which it graces with a tondo
of the Della Robbia, no more out of place and no less fragrant than a
flower in a wall – being, indeed, the same sort of artless accident
of the sun's to all appearance, and as different from its brethren as
one flower differs from another. A stooping Madonna, deeply
curtseying with crossed arms, an angel frizzed like a “signorino”,
God the Father with His meinie of cherubim approving from the sky.
Good title deeds for a “marchese” the like of these. Beyond that,
the church reveals frescoes and mild Tuscan altar-pieces – this,
happy things – and a wise old priest teaching the Catechism to [36]
a score of
children, doing the best he could of the reputation of San Giuseppe.
There is a scouring drive to be done – circle after circle of road
at an angle of forty-five – before you recover the plain of Empoli.
A fat Samminiatese passed me on this declevity, swaying in his
tax-cart as his horse galloped down with a loose rein. Good, easy
man, he had this spectacles on his nose and read the “Corriere
della Sera”. Neither the terrors of the steep nor the purple and
grey stretches of the great valley, half revealed in the gathering
dusk, had any interest for him.
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