ARCHIVIO
DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
783,
16 gennaio, San Miniato – Il primo (erroneo) documento
Il
documento originale è conservato presso l’Archivio Arcivescovile
di Lucca, Diplomatico
antico,
*B.60. VAI ALLA TRASCRIZIONE
PREMESSA
La
Storia (intesa come disciplina scientifica) non può e non deve
accontentarsi dei risultati di volta in volta raggiunti. Capita, così, che un
episodio, o un documento, letto e riletto a distanza di anni, o
addirittura di secoli, possa fornire esiti in parte o completamente
diversi rispetto alle conclusioni fino a quel momento consolidate. In tale circostanza, la storia deve essere riscritta alla luce delle nuove
deduzioni. E' il caso del documento proposto in questa pagina.
COMMENTO:
In sintesi, l'atto datato 16 gennaio 783 vede protagonista il Vescovo di Lucca
Giovanni, impegnato a confermare il sacerdote Aucthis nel governo di
una chiesa dedicata a San Miniato, indicata geograficamente in un
luogo di nome “Quarto”. Il documento contiene anche altre
informazioni relative alla storia dell'edificio, dei suoi fondatori e
dei suoi rettori: era una chiesa semplice, ovvero un oratorio, ed era
stata fondata da 17 uomini al tempo del Vescovo Balsari (menzionato
nell'anno 700 e sicuramente morto nel 713) e poi officiata da altri
presbiteri, di cui è specificato il nome e il rapporto di parentela fra loro. Dal momento che il
territorio sanminiatese è stato fino al 1622 all'interno della
giurisdizione della Diocesi di Lucca, questo documento è stato
considerato l'atto con cui venne fondata la chiesa di San Miniato e che dette
avvio alla nascita del centro abitato o che comunque ne segnò una
delle fasi iniziali.
LA MANCATA MENZIONE DI SAN GENESIO
Un elemento che doveva far riflettere gli studiosi nel tempo e in qualche modo far suonare un campanellino d'allarme, è senza dubbio la mancata menzione della Pieve di San Genesio, ovvero la "chiesa madre" del territorio sanminiatese. La Pieve è attestata fin dall'anno 715 (in proposito si veda il COMMENTO e la TRASCRIZIONE del documento conservato nell'Archivio Capitolare d’Arezzo, n. 3 e datato 5 luglio 715) e gli scavi archeologici ne hanno attestata la funzionalità fin dall'epoca tardoantica. Non sarebbe questo l'unico caso, ma è assolutamente inconsueto che l'indicazione di un oratorio semplice, come quello indicato nella pergamena in oggetto, non sia accompagnata anche dalla menzione della pieve alla cui giurisdizione apparteneva.
QUARTO, RISPETTO A COSA?
Un elemento che doveva far riflettere gli studiosi nel tempo e in qualche modo far suonare un campanellino d'allarme, è senza dubbio la mancata menzione della Pieve di San Genesio, ovvero la "chiesa madre" del territorio sanminiatese. La Pieve è attestata fin dall'anno 715 (in proposito si veda il COMMENTO e la TRASCRIZIONE del documento conservato nell'Archivio Capitolare d’Arezzo, n. 3 e datato 5 luglio 715) e gli scavi archeologici ne hanno attestata la funzionalità fin dall'epoca tardoantica. Non sarebbe questo l'unico caso, ma è assolutamente inconsueto che l'indicazione di un oratorio semplice, come quello indicato nella pergamena in oggetto, non sia accompagnata anche dalla menzione della pieve alla cui giurisdizione apparteneva.
QUARTO, RISPETTO A COSA?
A
partire dal collegamento della chiesa con il centro urbano di San
Miniato, negli anni gli studiosi si sono chiesti cosa significasse
questa loc. “Quarto”, ovvero a cosa fosse riferita. Toponimi come
“Terzo”, “Quarto”, “Quinto”, “Sesto”, “Settimo”,
“Ottavo”, “Nono” e “Decimo” si ritrovano anche in
Toscana, nelle aree circostanti i grandi insediamenti urbani d'epoca
romana sedi di altrettanti municipi (Pisae, Florencia,
Faesule, Arretioum, Volaterrae, Sena Julia,
Lucae), rivelando l'indicazione della distanza in miglia.
Tuttavia, nel Medio Valdarno Inferiore non sono attestati grandi
insediamenti romani (se non Empoli, anticamente In portu) tali
da dar vita a toponimi di questo tipo. Un miglio romano misurava
all'incirca 1480 m, dunque “Quarto” avrebbe indicato una distanza
di poco meno di 6 km: troppi rispetto a Vico Wallari – Borgo San
Genesio, troppo pochi rispetto ad Empoli e alle altre città della
Toscana.
La
mancanza di corrispondenze oggettive (documentali o archeologiche)
rispetto ad un punto di riferimento “forte”, tale da aver
determinato un toponimo come quello di “Quarto”, doveva far
sorgere il dubbio circa l'attendibilità della deduzione. Così non è
stato fino agli anni recenti, quando due studiosi sono arrivati,
autonomamente, alle medesime conclusioni. Ovvero che il documento
c'è, esiste ed è autentico, ma che è stato male interpretato da
tutti coloro che si sono occupati di storia sanminiatese negli ultimi
due secoli e mezzo.
QUARTO
DI LUCCA, A CAPANNORI
Alcune
indicazioni circa l'esistenza in epoca medievale di un insediamento
denominato “Quarto” nella
piana lucchese, entro le sei miglia dalla città, erano state
formulate da Chris Wickham nel suo testo Comunità
e clientele nella Toscana del XII secolo: le origini del comune
rurale nella Piana di Lucca,
I Libri di Viella, Roma, 1995, pp. 69-71.
Il
primo, in assoluto, a mettere in relazione il documento con una
chiesa dedicata al medesimo martire Miniato, sorta in Loc. Quarto
nella piana lucchese (oggi Capannori) è stato Marco
Stoffella nella sua Tesi di dottorato presso
l'Università Ca’ Foscari di Venezia (A.A. 2004-2005), dal titolo
Fuori e dentro le città. La
Toscana occidentale e le sue élites
(secoli VIII-XI)
(pp. 81-92).
In
maniera del tutto autonoma, Paolo Tomei ebbe modo di chiarire meglio
tutte le circostanze relative al documento, consultato in originale,
e anche rispetto al contesto storico, geografico, sociale e
patrimoniale del tempo, arrivando a smentire tutta la storiografia
sanminiatese dalla metà del '700 fino al XXI secolo. I risultati
sono stati ampiamente esposti in P. Tomei, Il
villaggio di Wallari, la chiesa di Autchis: San Genesio e San Miniato
nei secoli VIII-IX,
Tesi di Laurea, Università di Pisa, Facoltà di Lettere e Filosofia,
a.a. 2008-2009, pp. 31-45 e, del medesimo, «Locus
est famosus» Borgo San Genesio e il suo territorio (secc. VIII-XII),
Tesi di Laurea Università degli Studi di Pisa, Facoltà di Lettere e
Filosofia, Corso di Laurea Specialistica in Storia e civiltà, A.A.
2010-2011, pp. 32-33.
LA TESI DI PAOLO TOMEI
Di questo particolare argomento, Paolo Tomei ebbe modo di relazionare a San Miniato il 10 novembre 2012 nell'ambito del primo incontro del ciclo di conferenze sotto il titolo “San Miniato. Nuovi contributi per la storia urbana”, promosso dalle associazioni Moti Carbonari “Ritrovare la strada”, Architettura e Territorio “Lanfranco Benvenuti” e Pro Loco di San Miniato. Di seguito è proposta la porzione dell'intervento di Paolo Tomei relativa allo specifico del documento, trascritta fedelmente dalla registrazione della serata:
Di questo particolare argomento, Paolo Tomei ebbe modo di relazionare a San Miniato il 10 novembre 2012 nell'ambito del primo incontro del ciclo di conferenze sotto il titolo “San Miniato. Nuovi contributi per la storia urbana”, promosso dalle associazioni Moti Carbonari “Ritrovare la strada”, Architettura e Territorio “Lanfranco Benvenuti” e Pro Loco di San Miniato. Di seguito è proposta la porzione dell'intervento di Paolo Tomei relativa allo specifico del documento, trascritta fedelmente dalla registrazione della serata:
«Il
punto di avvio di questo intervento rappresenterà, per gli
appassionati di storia locale, una sorta di “colpo di scena”. La
fondazione della chiesa privata dedicata a San Miniato, rispetto alla
cronologia elaborata da eruditi e storici del passato (una
ricostruzione che gode ancora oggi di una grande eco) deve infatti
essere posticipata di almeno un secolo e mezzo. Il primo nucleo
dell'abitato, una chiesa intitolata al martire fiorentino Miniato,
non risale come si credeva al primo quarto dell'ottavo secolo, bensì
alla seconda metà del nono, ovvero alla matura età carolingia.
[…]
La
tradizione riferiva a San Miniato una pergamena del 16 gennaio del
783, conservata nel Diplomatico dell'Archivio Storico Diocesano di
Lucca. […]
Mediante
tale atto, una “cartula confermationis”, il Vescovo di Lucca
Giovanni I confermava l'ordinazione del nuovo rettore di questa
chiesa intitolata a San Miniato. Il “consilium” e il “consensum”
vescovili erano richiesti in maniera consuetudinaria sin da quando
l'edificio di culto era stato costruito e quindi nel documento si fa
una piccola storia dell'edificio, partendo dalla sua fondazione
avvenuta al tempo del vescovo Balsari (attestato a Lucca attorno
all'anno 700), per mano di diciassette persone non legate da vincoli
di sangue, ma piuttosto da una solidarietà di tipo orizzontale e,
fra questi, un uomo di nome Autchis.
La
carta prosegue, passando a citare gli ultimi tre rettori di questa
chiesa dedicata a San Miniato, i quali appartenevano tutti alla
stessa famiglia, ovvero erano i figli di un tale Autchis, cioè
discendenti dallo stesso Autchis I, ricordato tra i fondatori.
Infatti il prete Bonichis aveva adottato il figlio di Autchis, che si
chiamava Austripert, il quale poi aveva nominato come suo successore
Autchis II, colui che nel 783 chiedeva, come da consuetudine, la
conferma vescovile della sua ordinazione.
Veniamo
al punto fondamentale ovvero al modo con cui questa chiesa nel 783
veniva localizzata, cioè detta “in loco Quarto”. Questa
localizzazione ha sempre creato problemi, perché San Miniato, come è
noto, è soprannominata la “Città delle Venti Miglia” in quanto
si trova a circa 20 miglia dalle città romane più importanti
(Lucca, Pisa e Firenze). Per superare questa difficoltà sono state
avanzate nel tempo diverse spiegazioni, le quali però non trovano
alcun appiglio certo nelle fonti scritte.
[…]
La
spiegazione diventa immediatamente semplice se si pone attenzione
[...]
su chi fossero i figli di questo Autchis, ovvero su chi fossero i
rettori della chiesa di San Miniato “in loco Quarto”. Analizzando
gli esponenti di questa famiglia, studiando anche le altre pergamene
lucchesi nel loro complesso, […]
si
scopre che queste persone detenevano una posizione di preminenza
nelle zone di Capannori e Tassignano, quindi nella piana di Lucca,
dove allora si trovavano per l'appunto una località denominata
“Quarto” e un'altra detta “Rocta”. Proprio a “Rocta”
questa famiglia deteneva un piccolo oratorio familiare intitolato a
San Quirico. Come ha dimostrato Chris Wickham, “Quarto” e “Rocta”
erano due insediamenti, tanto vicini, da risultare praticamente
indistinti. Molte volte, infatti, ritroviamo nei secoli successivi la
chiesa di San Quirico una volta ubicata a Quarto e una volta indicata
a “Rocta”. Quindi la famiglia possedeva beni in una zona che non
c'entrava niente con San Miniato.
[…]
Quindi
l'ipotesi che l'eccessiva prossimità delle due chiese (San Miniato
di Quarto e San Quirico di Rocta) possa avere provocato la scomparsa
di San Miniato di Quarto, a vantaggio della chiesa di San Quirico
(che poi è l'attuale chiesa parrocchiale di Capannori) pare
tutt'altro che remota. Anche perché, nel territorio di San Miniato
il Vescovo non possedeva assolutamente niente. Leggendo tutte le
pergamene, mentre l'area delle “sei miglia”, del Capannorese e
più in generale nella piana di Lucca, sono attestati vastissimi
possedimenti del Vescovo, nel territorio di San Miniato non aveva
alcun rilevante complesso patrimoniale in questo periodo. Le uniche due testimonianze
d'epoca longobarda sul territorio riguardano la Pieve di San Genesio,
che aveva uno status particolare e una grandissima rilevanza dal
punto di vista politico ed economico poiché era un centro di
pertinenza fiscale.
[…] Dunque
la localizzazione di tale chiesa nell'area sanminiatese, a mio
avviso, non è accettabile.»
UN RIFERIMENTO IMPORTANTE
IL MONASTERO DI SAN QUIRICO A QUARTO A ROTTA
Seguendo le indicazioni fornite da Paolo Tomei, effettivamente i contenuti di vari documenti sembrano confermare la posizione di Quarto nell'area lucchese.
In particolare, in una pergamena coeva, datata all'anno 786, i medesimi protagonisti si ritrovano legati ad un monastero dedicato a San Quirico. Questo risultava essere stato fondato in loco Quarto ad Rotta da Autchis I e, al momento della stesura dell'atto, l'abate era proprio il figlio Austripertus. Quest'ultimo, per l'appunto, elegge quale suo successore Autchis II.
In pratica abbiamo lo stesso luogo (Quarto), gli stessi protagonisti (Autchis I, Austripertus, Autchis II) e il medesimo sviluppo della vicenda (fondazione del "nonno", subentro del "figlio" ed elezione del "nipote"). Più chiaro di così...
[Il documento è conservato presso l'Archivio Arcivescovile di Lucca, Diplomatico Antico, +N.89; ed. D. Bertini, Memorie e documenti per servire all’istoria del Ducato di Lucca, Francesco Bertini Tipografo Granducale, Lucca, 1818, Appendice, doc. XCVI, pp. 152-153]
LA STORIOGRAFIA SANMINIATESE SETTE-OTTOCENTESCA
IL MONASTERO DI SAN QUIRICO A QUARTO A ROTTA
Seguendo le indicazioni fornite da Paolo Tomei, effettivamente i contenuti di vari documenti sembrano confermare la posizione di Quarto nell'area lucchese.
In particolare, in una pergamena coeva, datata all'anno 786, i medesimi protagonisti si ritrovano legati ad un monastero dedicato a San Quirico. Questo risultava essere stato fondato in loco Quarto ad Rotta da Autchis I e, al momento della stesura dell'atto, l'abate era proprio il figlio Austripertus. Quest'ultimo, per l'appunto, elegge quale suo successore Autchis II.
In pratica abbiamo lo stesso luogo (Quarto), gli stessi protagonisti (Autchis I, Austripertus, Autchis II) e il medesimo sviluppo della vicenda (fondazione del "nonno", subentro del "figlio" ed elezione del "nipote"). Più chiaro di così...
[Il documento è conservato presso l'Archivio Arcivescovile di Lucca, Diplomatico Antico, +N.89; ed. D. Bertini, Memorie e documenti per servire all’istoria del Ducato di Lucca, Francesco Bertini Tipografo Granducale, Lucca, 1818, Appendice, doc. XCVI, pp. 152-153]
LA STORIOGRAFIA SANMINIATESE SETTE-OTTOCENTESCA
Dopo
aver riportato la tesi di Paolo Tomei, di seguito sono proposte le
tappe iniziali della storiografia sanminiatese a proposito della nascita dell'abitato e della sua chiesa e della località Quarto. Di fatto la notizia è rimasta pressoché la stessa fin
dal 1758, senza che nessuno abbia avanzato, negli anni, particolari perplessità o
considerazioni diverse.
LUDOVICO
ANTONIO MURATORI – 1742
La
prima edizione di questa pergamena è quella di Ludovico Antonio
Muratori nel tomo VI delle Antiquitates
Italicae Medii Aevi [Milano,
1742, coll. 405-406] con la seguente indicazione: Literae
Johannis Lucensis, per quas Rectorem Ecclesiae Sancti Miniati in loco
Quarto constituit, sive confirmat Autchis Clericum, Anno 783. Il
Muratori, tuttavia, non collegò (almeno nel testo) la chiesa di San
Miniato al castello, poi Città, di San Miniato. Si limitò solamente
a constatare che si trattava di un oratorio
semplice, senza aggiungere nulla di più.
GIOVANNI
LAMI – 1758
Giovanni
Lami, attentissimo all'opera del Muratori, fu il primo a notare il
testo della pergamena pubblicata nel 1742 e ad associarlo con la
città di San Miniato. Nel primo tomo della sua opera G.
Lami, Sanctae Ecclesiae Florentinae
Monumenta (pubblicata
in Firenze nel 1758), parlando
del monastero fiorentino di San Miniato al Monte, ebbe modo di
confutare (pp. 333-334) che «in
Dioecesi quoque Lucensi, ubi nunc Sancti Miniatis urb est in Valle
Arni Inferiori, Ecclesiam hujus Martyris honori constructam ab
antiquis temporibus exstitisse, & oppidum illud nomed ab ea
mutuatum esse, non est dubitandum. […]
Nisi
autem fallor, Ecclesia, qua de agimus, illa est, quae antiquitus S.
Miniatis in Quarto, in Dioecesi Lucensi, vocabatur».
A
queste considerazioni, fece seguire in nota una nuova edizione della
pergamena derivante direttamente dal testo muratoriano (pp. 334-335).
E quindi, di seguito, aggiunse:
«Ex
hac charta etiam coniugium, seu concessinatus, Clericorum illius
temporis, existat. Episcopi Lucenses, qui in ea membrantur, sunt
Balsarius, qui anno DCC. vivebat: Walprandus, qui etiam Tusciae Dux
erat, quique anno DCCXLII fioruit: Peredeus, qui in Aule Regis
Franciae versatus est, & post Walprandum, secundum hoc
Instrumentum, Lucensem Ecclesiam rexit, praecessitque άμεσωϛ
Episcopum Ioannem, qui hanc chartam scribi iussit. Quum autem aliam
Ecclesiam D. Mineati sacram in Lucana Diocesi olim exstitisse, nisi
eam, unde nomen accepit oppidum S. Miniatis, minime constet, si
excipias Ecclesiam D. Mineatis in Faugnana, suburbio oppidi
Miniatensi; adfirmare probabiliter possumus, Ecclesiam D. Miniatis in
Quarto, in illa Diocesi, esse han eamdem Ecclesiam; adeoque ex adlato
instrumento patet, eam aedificatam fuisse anno circiter DCC. Hinc
habemus prima initis huius oppide, quod ab huius Ecclesiae
celebratione, & frequenti populorum….»
ANTONIO
MARIA VANNUCCHI - 1758
L'erudito
Antonio Maria Vannucchi, essendo in corrispondenza con Giovanni Lami
e da esso debitamente edotto, non mancò di inserire una tal
informazione nella pubblicazione dal titolo Ragionamento
storico al nobil giovane Gio. Battista Gucci gentiluomo samminiatese
sopra la nobiltà della sua patria e della sua famiglia,
edita presso la stamperia fiorentina di Gaetano Albizzini, nel 1758.
Vedi il post IL
RAGIONAMENTO STORICO SANMINIATESE DI A. M. VANNUCCHI AL GIOVANE G. B.
GUCCI ↗
In
particolare alle pp. 21-22 ebbe a scrivere:
«Qual
si fosse cotesto Colle, sovra cui stendesi la Città vostra, o nel
fiorire, o sul cadere del Romano Imperio, malagevole cosa è il
dimostrarvi. Certo prima dell'ottavo secolo ei si chiamava Quarto,
come abbiamo dallo Strumento della fondazione della Chiesa di
Samminiato; ma donde, e come in tal guisa si denominasse, non saprei
ridirvelo sicuramente. I nomi, che quasi sempre sono più durevoli
delle cose da loro significate, niente qui ci manifestano per la
proposta materia.
[…] Ma
discendendo alle più sicure memorie, circa il 700 di nostra salute,
sotto Belsario Vescovo di Lucca, fu edificata in Quarto la Chiesa di
Samminiato, sommessa alla Prepositura di S. Genesio, siccome a più
antica; e questa fabbrica richiedeva bene, che già vi fosse
all'intorno qualche Borgata, ai comodi della quale essa servisse, e
questa diede senza dubbio nome, e popolazione a cotesta Patria.»
GIOVANNI
LAMI - 1766
Le
medesime considerazioni furono nuovamente esposte da Giovanni Lami
nel suo Lezioni
di Antichità Toscane e spezialmente della Città di Firenze recitate
nell’Accademia della Crusca da Giovanni Lami pubblico professore,
pubblicato appresso Andrea Bonducci in Firenze l'anno 1766 [Parte
Seconda, pp. 323-342]. Vedi il post: SAN
MINIATO, DESIDERIO RE DEI LONGOBARDI E I FOCENSI SECONDO GIOVANNI
LAMI ↗
In
particolare egli
scrisse [p. 332]: «In
altra parte, ma sempre non lungi dalla Valdelsa, era stata fabbricata
altra Chiesa sotto il titolo di S. Miniato Martire, nella Diogesi di
Lucca: e siccome quel Santo era un Martire Fiorentino sì famoso, che
dedicate a lui si ritrovano da trenta Chiese; quella divenne un
celebre Santuario, e i popoli la cominciarono a frequentare; onde ivi
ancora furono costruite abitazioni diverse, che cominciavano già a
prender forma di Terra
[…] Quella
poi di San Miniato è sicuro, che è stata edificata intorno all'anno
settecento di Cristo, riconoscendosi da antica Carta riportata dal
famoso Lodovico Antonio Muratori nelle Antichità Italiche del Medio
Evo, qualmente fu fondata, essendo Vescovo di Lucca Balsario.»
DOMENICO
BERTINI – 1818
Anche
in ambito lucchese venne accolta la deduzione di Giovanni Lami. E'
il caso di Domenico Bertini che nella sua dissertazione a proposito
della storia ecclesiastica lucchese contenuta nel quarto volume de
Memorie e documenti per servire
all’istoria del Ducato di Lucca,
(presso Francesco Bertini Tipografo Granducale, Lucca, 1818, p. 12) ebbe a
scrivere:
«Fu
scritta una tal pergamena l'anno IX di Carlo Magno, e II di Pipino ai
16 gennajo, Indizione VI vale a dire al principio del 782. Ci narra
la stessa, che poco tempo innanzi, “qualiter ante hos annos”,
alcune persone, il nome delle quali ce le dimostra per la maggior
parte Longobarde fondarono la nuova Chiesa di S. Miniato “in loco
Quarto”, ed alla custonia della medesima posero un tal “Naudolfo,
cum licentia consilii bone memorie Balsari, hujus Lucensis Ecclesie
Episcopi”. Dipoi il Prete Bonichis, col permesso del nostro Vescovo
Valprando, pose per Rettore di detta Chiesa Austriperto suo figlio
adottivo ed erede. Questi pure vi pose Autchis cherico, senza
permesso del nostro Vescovo Peredeo, perché in tal tempo trovavasi
in Francia al servizio del Re. Autchis dunque prega il Vescovo
Giovanni a volerlo confermrar nella rettorìa, lo che ottiene con
certe condizioni. Ecco l'origine di Samminiato, ora detto del Tedesco
Città posta nel Valdarno inferiore, distante da Pisa, e da Lucca 22
miglia, e 23 da Firenze. Inanto il Vescovato di Balsari, col permesso
del quale si fondò una tal Chiesa, è compreso fra gli anni 700, e
713: e siccome i successivi Vescovi Lucchesi esercitarono fino al
Secolo XVII sul luogo stesso la loro di autorità, è chiaro, che
colà si estese la Diocesi nostra per tutto il corso del tempo
accennato.»
DAMIANO
MORALI – 1834
Dopo la pubblicazione del Vannucchi, nel 1758, ormai la notizia fu accettata universalmente a San Miniato. Fu così che anche l'Accademico degli Euteleti Damiano Morali, riportò le considerazioni dei precedenti, nel
libro Un
cenno sulle Memorie di Sanminiato,
pubblicato in San Miniato presso la tipografia di Antonio Canesi nel 1834, vedi il post
[LIBRO]
UN CENNO SULLE MEMORIE DI SAN MINIATO ↗
In
particolare, il Morali a p. 5 ebbe a scrivere:
«Cresciuto
sotto il nome di Quarto, per la sua centrale posizione venne anco
aumentato per opera dei Re Longobardi: nel 573 secondo la cronaca del
Bardi fu edificata la fortezza, e nel 782 fuvvi fabbricata una chiesa
col titolo di S. Miniato martire, da cui prese la nuova
nomenclatura».
DOMENICO
BARSOCCHINI – 1837
Domenico
Barsocchini curò l'edizione di centinaia e centinaia di pergamene
conservate presso l'Archivio Arcivescovile della Diocesi di Lucca. In
particolare nella parte II del Tomo V delle Memorie
e Documenti per servire all'Istoria del Ducato di Lucca [doc.
CLXXXIX, p. 111],
ritroviamo
anche
quella in oggetto, precedentemente pubblicata da Ludovico Antonio
Muratori nel 1742 (e riproposto poi da Giovanni Lami nel 1758). Al pari dello stesso Muratori, a corredo del testo propose una breve nota, una
sorta di “spoglio”, utile ad indicare il contenuto sintetico
dell'atto, senza tuttavia avanzare alcuna considerazione circa il
collegamento con la primigenia chiesa che dette origine all'abitato
di San Miniato.
Queste
le sue parole: «Giovanni
Vescovo conferma nella Chiesa di S. Miniato del luogo Quarto Autchis,
il quale n'era stato eletto rettore precedentemente, nel tempo che il
vescovo Peredeo trovavasi in Francia in servizio di Carlomagno,
nell'anno 783. Arch. Arc. *B.60»
EMANUELE
REPETTI – 1843
Anche
Emanuele Repetti, attento ricercatore di memorie storiche nel suo
Dizionario
Geografico, Fisico, Storico della Toscana,
vol. V, pubblicato in Firenze nel 1843 prese per buone le indicazioni
dei precedenti. Addirittura attribuì tutto al Muratori, l'edizione e
il collegamento con la città di San Miniato (cosa che invece deve
essere attribuita al Lami e poi al Vannucchi). Di seguito il testo che
possiamo leggere a p. 79:
«Il
fatto meno soggetto a controversia è che forse la vera origine di
questa città trovasi registrata in una membrana dell'Arch. Arciv. di
Lucca, scritta lì 16 gennajo dell'anno 788,la quale ne avvisa della
fondazione di una chiesa fatta verso l' anno 700 sotto il titolo di
S. Miniato in loco Quarto dentro i confini del piviere di S. Genesio.
Il Muratori, che nelle sue Ant. M. Aevi (Vol. VI) rese di pubblico
diritto quell'istrumento, rilevò, che la chiesa di S. Miniato in
quel tempo era un oratorio semplice, sottoposto fino dalla sua
erezione alla chiesa plebana di S. Genesio situata presso la
confluenza dell' Elsa in Arno e forse quattro miglia romane distante
dal luogo Quarto».
GIUSEPPE CONTI - 1863
Le stesse notizie, riprese dal testo del Bertini del 1818, vennero proposte anche dal Proposto della Cattedrale Mons. Giuseppe Conti, nel suo testo dedicato alla Storia della venerata immagine del SS. Crocifisso detto di Castelvecchio nella Città di Sanminiato (Tip. Cellini, Firenze, 1863) in cui propose anche notizie e considerazioni sulla storia sanminiatese in generale:
«700. Fu fondato l'Oratorio di S. Miniato martire dai Longobardi padroni del castello, sotto Barsari vescovo di Lucca, come apparisce da un diploma del 783 pubblicato tra le memorie e i documenti per servire alla 'Storia di Lucca', T. IV, pag. 12».
GIUSEPPE RONDONI - 1876
Anche Giuseppe Rondoni, autore di un volume dedicato alle Memorie della Città di San Miniato (stampato presso al Tip. Ristori a San Miniato nel 1876) ripropone la medesima notizia:
«Anche S. Miniato, da parte le ipotesi intorno al villaggio romano di 'Quarto' ed al suo tempo di 'Pane'', deve la propria e vera sua origine ad una chiesa. Nell'anno 783, regnante Carlo Magno, fu edificato un tempietto in collina a due miglia da S. Genesio, in onore di S. Miniato martire, da sedici devote persone, cioè Bonomo, Aidualdo, Ropualdo, Teodilapo, Manolfo, Kaleuso, Muroaldo, Teodosi o Teudizio, Auchis, Geminiano, Ferminoso, Fermiciano, Tecudaldo o Taginaldo, Candolo, Wilinando, e Gundualdo. A giudicare dal nome la maggior parte di costoro sembrerebbero longobardi; ma tal criterio dei nomi, sebbene adottato quasi generalmente, non presenta sempre molta sicurezza [...] cosicché i nostri sedici supposti longobardi potevano essere lucchesi con nome longobardo, o meglio e lucchesi e longobardi insieme. [...] Costoro posero a capo della nuova chiesa un certo Naudolfo con licenza di Balsari, vescovo di Lucca, e Naudolfo adottò il successore non Austriperto, come erroneamente crede il Lami, ma Bonichi prete, secondo è notato nelle 'Memorie lucchesi' il quale, col permesso del vescovo della diocesi, Walprando, assunse rettore della chiesa Austriperto, suo figlio adottivo ed erede. A lui seguì Autchis chierico, senza il permesso del vescovo lucchese Peredeo, che allora trovavasi in Francia a servizio del re, di modo che in progresso troviamo che Autchis prega il Vescovo Giovanni a volerlo confermare nella rettoria, il che ottenne facilmente, anzi egli solo poté conseguire l'usufrutto e la potestà piena».
GIUSEPPE PIOMBANTI - 1892
Più onesto, si fa per dire, Giuseppe Piombanti, il quale nella sua Guida della Città di San Miniato al Tedesco (Tip. Ristori, San Miniato, 1894, p.14) ammise che circa l'origine della città non vi fosse nulla di certo. Queste le sue parole:
«Intorno alla sua origine nulla si può asserir con certezza. Havvi una tradizione che dice esserci stato, nell'età romana, un villaggio, chiamato Quarto, con tempio dedicato al dio Pane, dipoi convertito in chiesa cristiana, in luogo detto Pancole, cioè dove Pane ebbe adorazione. [...] Il fatto meno controverso, al dire del Repetti, si è che, nel secolo VIII, dove ora sorge il tempio di S. Francesco, i vinti e dispersi longobardi, uniti per avventura ai lucchesi, erigessero una chiesa in onore del martire S. Miniato, assai venerato in quei tempi, cui il vescovo di Lucca Balsari prepose un tal prete Naudolfo. Presto aumentò intorno ad essa il numero delle abitazioni; e pare che il villaggio fosse di giurisdizione ecclesiastica, poiché doveva pagare un annuo tributo alla mensa vescovile di Lucca».
FEDOR SCHNEIDER – 1914
Le stesse notizie, riprese dal testo del Bertini del 1818, vennero proposte anche dal Proposto della Cattedrale Mons. Giuseppe Conti, nel suo testo dedicato alla Storia della venerata immagine del SS. Crocifisso detto di Castelvecchio nella Città di Sanminiato (Tip. Cellini, Firenze, 1863) in cui propose anche notizie e considerazioni sulla storia sanminiatese in generale:
«700. Fu fondato l'Oratorio di S. Miniato martire dai Longobardi padroni del castello, sotto Barsari vescovo di Lucca, come apparisce da un diploma del 783 pubblicato tra le memorie e i documenti per servire alla 'Storia di Lucca', T. IV, pag. 12».
GIUSEPPE RONDONI - 1876
Anche Giuseppe Rondoni, autore di un volume dedicato alle Memorie della Città di San Miniato (stampato presso al Tip. Ristori a San Miniato nel 1876) ripropone la medesima notizia:
«Anche S. Miniato, da parte le ipotesi intorno al villaggio romano di 'Quarto' ed al suo tempo di 'Pane'', deve la propria e vera sua origine ad una chiesa. Nell'anno 783, regnante Carlo Magno, fu edificato un tempietto in collina a due miglia da S. Genesio, in onore di S. Miniato martire, da sedici devote persone, cioè Bonomo, Aidualdo, Ropualdo, Teodilapo, Manolfo, Kaleuso, Muroaldo, Teodosi o Teudizio, Auchis, Geminiano, Ferminoso, Fermiciano, Tecudaldo o Taginaldo, Candolo, Wilinando, e Gundualdo. A giudicare dal nome la maggior parte di costoro sembrerebbero longobardi; ma tal criterio dei nomi, sebbene adottato quasi generalmente, non presenta sempre molta sicurezza [...] cosicché i nostri sedici supposti longobardi potevano essere lucchesi con nome longobardo, o meglio e lucchesi e longobardi insieme. [...] Costoro posero a capo della nuova chiesa un certo Naudolfo con licenza di Balsari, vescovo di Lucca, e Naudolfo adottò il successore non Austriperto, come erroneamente crede il Lami, ma Bonichi prete, secondo è notato nelle 'Memorie lucchesi' il quale, col permesso del vescovo della diocesi, Walprando, assunse rettore della chiesa Austriperto, suo figlio adottivo ed erede. A lui seguì Autchis chierico, senza il permesso del vescovo lucchese Peredeo, che allora trovavasi in Francia a servizio del re, di modo che in progresso troviamo che Autchis prega il Vescovo Giovanni a volerlo confermare nella rettoria, il che ottenne facilmente, anzi egli solo poté conseguire l'usufrutto e la potestà piena».
GIUSEPPE PIOMBANTI - 1892
Più onesto, si fa per dire, Giuseppe Piombanti, il quale nella sua Guida della Città di San Miniato al Tedesco (Tip. Ristori, San Miniato, 1894, p.14) ammise che circa l'origine della città non vi fosse nulla di certo. Queste le sue parole:
«Intorno alla sua origine nulla si può asserir con certezza. Havvi una tradizione che dice esserci stato, nell'età romana, un villaggio, chiamato Quarto, con tempio dedicato al dio Pane, dipoi convertito in chiesa cristiana, in luogo detto Pancole, cioè dove Pane ebbe adorazione. [...] Il fatto meno controverso, al dire del Repetti, si è che, nel secolo VIII, dove ora sorge il tempio di S. Francesco, i vinti e dispersi longobardi, uniti per avventura ai lucchesi, erigessero una chiesa in onore del martire S. Miniato, assai venerato in quei tempi, cui il vescovo di Lucca Balsari prepose un tal prete Naudolfo. Presto aumentò intorno ad essa il numero delle abitazioni; e pare che il villaggio fosse di giurisdizione ecclesiastica, poiché doveva pagare un annuo tributo alla mensa vescovile di Lucca».
FEDOR SCHNEIDER – 1914
Lo
studioso tedesco F. Schneider, nel suo Reichsverwaltung
in Toscana von der Gründung des Langobardenreichs bis zum Ausgang
der Staufer, 568-1268,
(Verlag Von Loescher, Roma, 1914) sostenne che il toponimo di
“Quarto” andasse riferito alla distanza rispetto ad un ponte sul fiume
Elsa, presente lungo una strada romana (che da una cartografia storica aveva dedotto essere la via Clodia nova). Queste le sue parole a p.
230n:
«Der
Ort, wo S. Miniato gegrundet ist, hiess Quarto, er liegt 4 romische
Meilen von der Elsa-brucke entfernt, offenbar an einer Romerstrasse,
die von dieser ab die Entfernung Mass.»
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