La
prima parte delle Historie universali de' suoi tempi
di
Giovan Villani Cittadino Fiorentino,
Venezia, 1559
31
[anno 1333] LIBRO XI. CAPITOLO I.
Qui
comincia il libro undecimo. Nel suo cominciamento faremo memoria
d'uno grande diluvio d'acqua che venne in Firenze e quasi in tutta
Toscana.
«[…]
E seguendo il detto diluvio appresso la città verso ponente, tutto
il piano di Legnaia e d'Ognano, e di Settimo, d'Ormannoro, Campi,
Brozzi, Sammoro, Peretola, e Micciole infino a Signa, e del contado
di Prato coperse l'Arno diversamente in grande altezza, guastando i
campi e vigne, menandone masserizie, e le case e mulina e molte genti
e quasi tutte le bestie; e poi passato Montelupo e Capraia, e per la
giunta di più fiumi che di sotto a Firenze mettono
in Arno, i quali ciascuno venne rabbiosamente rovinando tutti i loro ponti. Per simile modo e maggiormente coperse l'Arno e guastò il Valdarno di sotto, e Pontormo e Empoli e Santa Croce e Castelfranco, e gran parte delle mura di quelle terre rovinerò, e sotto il piano di Samminiato e di Fucecchio e Montetopoli e di Marti al Pontadera. E giungendo a Pisa sarebbe tutta sommersa, se non che l'Arno sboccò dal fosso Arnonico e dal borgo alle Capanne nello stagno; il qual stagno poi fece un grande e profondo canale infino in mare, che prima non v'era; e d'altro lato di Pisa isgorgò negli Osoli e mise nel fiume del Serchio; ma con tutto ciò molto allagò di Pisa, e fecevi gran danno, e guastò tutto il piano di Valdiserchio e intorno a Pisa, ma poi vi lasciò tanto terreno che alzò in più parti due braccia con grande utile del paese. Questo diluvio fece alla città e contado di Firenze infinito danno. Di persone intorno di CCC., tra maschi e femmine, piccioli e grandi, ch' in principio, si credea più di III.m., e di bestiame grande quantità, di rovina di ponti e di case e molina e gualchiere in grande numero, che nel contado non rimase ponte sopra nullo fiume o fossato che non rovinasse; di perdita di mercatanzie, panni lani di lanaiuòli per lo contado, e d'arnesi, e di masserìzie, e del vino, che ne menò le botti piene, assai ne guastò; e simile di grano e biade ch'erano per le case, senza la perdita di quello ch'era seminato, e il guastamento e rovina delle terre e de' campi; che se li piani l'acqua coperse e guastò, i monti e le piaggia ruppe e dilaniò, e menò via tutta la buona terra. Sicché a stimare a valuta di moneta il danno de' Fiorentini, io che vidi queste cose per nullo numero le potrei né saprei adeguare, né porreivi somma di stima; ma solo il comune di Firenze si peggiorò di rovina di ponti è mura di comune e vie, che più di centocinquanta migliaia di fiorini d'oro costarono a rifare. […]»
in Arno, i quali ciascuno venne rabbiosamente rovinando tutti i loro ponti. Per simile modo e maggiormente coperse l'Arno e guastò il Valdarno di sotto, e Pontormo e Empoli e Santa Croce e Castelfranco, e gran parte delle mura di quelle terre rovinerò, e sotto il piano di Samminiato e di Fucecchio e Montetopoli e di Marti al Pontadera. E giungendo a Pisa sarebbe tutta sommersa, se non che l'Arno sboccò dal fosso Arnonico e dal borgo alle Capanne nello stagno; il qual stagno poi fece un grande e profondo canale infino in mare, che prima non v'era; e d'altro lato di Pisa isgorgò negli Osoli e mise nel fiume del Serchio; ma con tutto ciò molto allagò di Pisa, e fecevi gran danno, e guastò tutto il piano di Valdiserchio e intorno a Pisa, ma poi vi lasciò tanto terreno che alzò in più parti due braccia con grande utile del paese. Questo diluvio fece alla città e contado di Firenze infinito danno. Di persone intorno di CCC., tra maschi e femmine, piccioli e grandi, ch' in principio, si credea più di III.m., e di bestiame grande quantità, di rovina di ponti e di case e molina e gualchiere in grande numero, che nel contado non rimase ponte sopra nullo fiume o fossato che non rovinasse; di perdita di mercatanzie, panni lani di lanaiuòli per lo contado, e d'arnesi, e di masserìzie, e del vino, che ne menò le botti piene, assai ne guastò; e simile di grano e biade ch'erano per le case, senza la perdita di quello ch'era seminato, e il guastamento e rovina delle terre e de' campi; che se li piani l'acqua coperse e guastò, i monti e le piaggia ruppe e dilaniò, e menò via tutta la buona terra. Sicché a stimare a valuta di moneta il danno de' Fiorentini, io che vidi queste cose per nullo numero le potrei né saprei adeguare, né porreivi somma di stima; ma solo il comune di Firenze si peggiorò di rovina di ponti è mura di comune e vie, che più di centocinquanta migliaia di fiorini d'oro costarono a rifare. […]»
Croniche
di Giovanni, Matteo e Filippo Villani secondo le migliori stampe e
corredate di note filologiche e storiche,
Vol. I, Trieste, 1857, pp. 374-375.
Nessun commento:
Posta un commento