a
cura di Francesco Fiumalbi
Prosegue
il viaggio alla scoperta delle fonti cronachistiche per la storia di
San Miniato. Una delle opere principali a cui fare riferimento è
senza dubbio la Cronica
di
Giovanni Villani.
Nato a Firenze intorno
al 1280 da una famiglia popolana, fu mercante, poi dipendente della
compagnia dei Bonaccorsi, e nel terzo decennio del XIV secolo ricoprì
diverse cariche pubbliche nell'amministrazione della città gigliata.
Giunto a Roma in occasione del Giubileo del 1300, maturò l'idea di
scrivere la storia della sua città: Firenze.
Firenze, Loggia del
Mercato Nuovo (del Porcellino)
Foto di Michele
Baldini, per gentile disponibilità
L'opera
è suddivisa in 12 libri. I primi sei trattano dalla distruzione
della Torre di Babele fino alla discesa in Italia di Carlo d'Angiò
(1265) ed hanno un carattere talvolta leggendario, assumendo contorni
di veridicità mano a mano che si avvicinano al periodo in cui visse
il cronachista. In questa prima parte il Villani mantiene una forma
estremamente sintetica, e probabilmente fa largo uso di testi diffusi
a Firenze al suo tempo, su cui non staremo ad indugiare (l'opera
principale, andata perduta sembra essere i Gesta
Florentinorum,
a cui attinse probabilmente anche Ricordano
Malispini
per la sua Historia
Fiorentina).
I secondi sei libri descrivono la storia dal 1265 al 1348 (anno della
morte di Giovanni a causa della peste) e sono decisamente più ricchi
di dettagli, specialmente per quanto riguarda gli ultimi anni (in
particolare al 1322 in poi), dei quali egli è testimone diretto.
La
Cronica fu poi continuata dal fratello Matteo Villani, dal 1348 al 1363 per
ulteriori 11 libri, e, alla sua morte, dal nipote Filippo (figlio di
Matteo) fino al 1364 e che tratteremo in appositi interventi. In
totale l'opera dei tre Villani consta di 24 (12 + 11 + 1) libri.
Il
documento più antico della Cronica che ci è pervenuto è il cosiddetto “Codice Davanzati”,
conservato presso la Biblioteca Riccardiana, manoscritto n. 1532,
copia ordinata redatta dal fratello Matteo Villani. L'opera fu data alle
stampe per la prima volta a Venezia nel 1537, poi ripubblicata nel
1559 a cura di Remigio Nannini, da Niccolò Bevilacqua a Venezia, su
istanza di Filippo e Iacopo Giunti di Firenze. Ulteriori edizioni,
arricchite talvolta da tavole e dissertazioni, sono proseguite fino
ai giorni nostri, anche se manca una vera e propria edizione critica
e scientifica.
di
Giovan Villani Cittadino Fiorentino,
Venezia, 1559
Per
quanto riguarda San Miniato e il suo territorio le notizie sono molte
e spesso ricche di dettagli interessanti. La prima, analogamente a
Ricordano
Malispini
e Marchionne
di Coppo Stefani,
è quella riguardante la presenza di un vicario imperiale a San
Miniato nel 1113 [01], seguita dalle vicende che vedono in conflitto
il Borgo di San Genesio con il castello di San Miniato [02, 03, 05].
Quest'ultimo a partire dal 1220 sarà munito di nuove fortificazioni
da Federico II [04]. A seguire l'inasprirsi dello scontro fra Guelfi
e Ghibellini, in cui è coinvolto più o meno direttamente anche il
centro sanminiatese [06], e che non mancherà di mandare piccoli
contingenti armati a Montaperti [07]. Tuttavia la sconfitta del
sodalizio guelfo comportò l'allontanamento degli aderenti a tale
fazione dai maggiori centri della Toscana (trovando rifugio in
Lucca), e quindi anche da San Miniato, i cui ghibellini probabilmente
parteciparono al “parlamento” di Empoli in cui Farinata degli
Uberti riuscì ad impedire la distruzione di Firenze [08]. E' pur
vero che i sanminiatesi in tale occasione non sono rammentati
direttamente, ma potrebbero essere stati considerati “con
gli altri caporali ghibellini di Toscana”. Anche
Giovanni Villani, così come Simone
della Tosa,
riporta la notizia circa la morte, avvenuta a San Miniato nel maggio
del 1275, di Giovanni
Visconti,
padre di Nino (“celebrato” da Dante nel Purgatorio), che
ricopriva la carica di Giudice
di Gallura
[09].
Nel
1281 San Miniato e Pisa furono gli unici due centri che accolsero
favorevolmente il Vicario dell'Imperatore Rodolfo
d'Asburgo,
Loddo di Alamagna, il quale ben presto intraprese una campagna contro
le città guelfe, ed in particolare contro Lucca e Firenze, ma con
scarsi risultati [10].
Nel
1288 i Sanminiatesi, ormai entrati nell'orbita guelfa, parteciparono
con un alcuni uomini armati alle prime schermaglie contro Arezzo
[11]. L'anno seguente, ancora un contingente sanminiatese prese
parte alla Battaglia
di Campaldino,
in cui gli Aretini e la fazione ghibellina uscirono sconfitti e
ridimensionati, consentendo a Firenze di allargare progressivamente
la propria egemonia a buona parte della Toscana [13]. Nel mentre, da
segnalare un nuovo scontro tra Pisani e Fiorentini, con quest'ultimi
che si mossero contro la compagnia pisana che veniva da Roma. La
battaglia si svolse in Maremma e con l'esercito fiorentino mosso da
Nino
Visconti,
Giudice di Gallura, che in quei giorni si trovava a San Miniato
essendo stato da poco esiliato dai Pisani [12].
I contrasti fra le due
città toscane proseguirono anche negli anni successivi, con i Pisani
che nel 1291 si ripresero il castello di Pontedera, controllato dai
Fiorentini. Di lì a poco sobillarono la rivolta del castello di
Vignale presso Camporena, oggi nel Comune di Montaione ma che
all'epoca era retto dai Sanminiatesi e protetto dagli alleati
Fiorentini. La poderosa controffensiva e il mancato sostegno dei
Pisani segnarono la fine del tentativo di rivolta e la resa del
castello, che tornò sotto il controllo di San Miniato [14].
Nel
1308 i magnati sanminiatesi, capeggiati dai Malpigli e i Mangiadori
organizzarono una rivolta, evidentemente in chiave anti-guelfa. Di lì
a poco la situazione si normalizzò, allorché le due casate
entrarono in conflitto fra loro [15]. Un paio d'anni dopo, la discesa
dell'Imperatore
Enrico VII di Lussemburgo
determinò uno stato di tensione in tutta la Toscana con i Ghibellini
pronti ad accendere la rivolta. In via cautelativa i Fiorentini
inviarono a San Miniato un contingente armato a presidio del
castello. Lo stesso fecero i Lucchesi con i castelli della Lunigiana
e del Valdarno [16]. Lo stesso avvenne nel 1312, quando i Pisani
capeggiati da Arrigo di Namurro (fratello del conte Roberto di
Fiandra, fiduciario dell'Imperatore) tagliò i collegamenti
commerciali tra Firenze e il porto, con grave danno per la città
gigliata [17].
La situazione sembrò quasi precipitare, quando l'arrivo in Pisa
dell'Imperatore portò dapprima ad una serie di incursioni militari
nei contadi di Lucca e San Miniato [18], e nel mese di ottobre
all'assedio di Firenze, che fu soccorsa dagli altri centri toscani
suoi alleati con l'invio di uomini e mezzi, tra cui un contingente
sanminiatese composto da 50 cavalieri e 200 pedoni [19]. Il tentativo
di prendere Firenze si concluse con un nulla di fatto, con
l'Imperatore costretto a ripiegare nuovamente su Pisa (prima di
dirigersi in Calabria), da cui continuò a lanciare incursioni verso
Lucca e San Miniato [20]. L'anno successivo, la città di Pisa dette
la signoria a Uguccione
della Faggiuola,
che riprese con nuovo vigore gli attacchi verso San Miniato e verso
Lucca, in cui fece rientrare la casata degli Antelminelli, che erano
stati messi al bando in quanto filo-imperiali [21]. L'offensiva di
Uguccione conobbe il proprio apice nel 1315, quando dopo aver
sottomesso Lucca, proseguì la campagna militare verso San Miniato
ponendo l'assedio al castello di Cigoli e a molti altri centri
dell'orbita sanminiatese [22]. Chiusa la parentesi di Uguccione della
Faggiuola, nel 1323 prese avviò una nuova fase di duri scontri che
vide protagonista Castruccio
Castracani.
Numerose furono le incursioni nel Valdarno, con varie azioni militari
anche nel contado di San Miniato [23]. L'episodio più significativo
fu il tentativo, nottetempo, di conquista del castello di Fucecchio,
che non andò a buon fine grazie al soccorso dei Fiorentini che si
trovavano all'interno dei castelli vicini, fra cui anche quello
sanminiatese [24].
Un
contingente inviato da San Miniato, partecipò al fianco dei
Fiorentini durante la Battaglia di Altopascio, vinta dalle truppe
guidate da Castruccio Castracani, il quale probabilmente vide in
questo episodio il momento più alto della sua ascesa [25]. Nel 1326
Firenze, molto provata dalla guerra contro Castruccio, chiese aiuto
agli altri centri ottenendo l'invio di uomini solamente da Colle Val
d'Elsa e da San Miniato [26]. L'anno successivo, molte città Toscane
fra cui Firenze, Prato, San Gimignano, Colle Val d'Elsa e San Miniato
dettero la signoria a Carlo
d'Angiò Duca di Calabria,
anche se questi nel 1327 fu costretto a tornare a Napoli dove aiutò
il padre Roberto d'Angiò a contrastare l'avanzata di Ludovico
il Bavaro
[27]. Dopo la morte di Castruccio Castracani i Fiorentini partirono
da vari centri toscani dove erano dislocati, fra cui da San Miniato,
assediarono e si ripresero il castello di Carmignano [28]. Un paio di
anni dopo, nel 1329, Ludovico il Bavaro si trovava in Pisa, il cui
contado fu attaccato dalle truppe di Roberto d'Angiò, guidate da
Beltramone del Balzo e affiancate dall'esercito fiorentino, che
partite dal territorio sanminiatese, giunsero in Valdera compiendo
prede e distruzioni [29]. Dopo il vano tentativo di acquistare Lucca
e ormai abbandonati dal Bavaro, i Pisani subirono nuove incursioni da
parte di Beltramone, alloggiato a San Miniato, che segnarono la
perdita dei castelli di Pratiglione e Camporena. A quel punto, i
Pisani in grave difficoltà, chiesero ed ottennero un accordo con i
Fiorentini, che si concretizzò con la cosiddetta Pace di Montopoli
[30].
Di
grande interesse la testimonianza di Giovanni Villani a proposito
della grande inondazione che colpì Firenze e il Valdarno il 4
novembre 1333 (nello stesso identico giorno della grande alluvione
del 1966!), con gravi danni in tutta la valle ed anche nella pianura
ai piedi di San Miniato [31].
Nell'estate
del 1336 Mastino
II della Scala, intraprese da Lucca una nuova offensiva ai danni
di Firenze, alleata di Venezia nella guerra volta a contrastare la
politica di conquista intrapresa da Verona. Dopo aver preso Cerreto
Guidi, oltrepassò l'Arno e penetrò nel territorio sanminiatese. Qui
guastò il borgo di Santa Fiore (nei pressi dell'odierna Ponte a
Elsa) e si accampò a Marcignana, dove rimase per due notti. I
Fiorentini non erano stati a guardare e si avvicinarono
pericolosamente alle truppe di Mastino che erano rimaste senza
rifornimenti. Per questo motivo ripiegarono disordinatamente verso
Pisa e verso l'Usciana, passando dal borgo di Santa Gonda, nonostante
il timore di essere sorpresi da un attacco di San Miniato. A causa di
questa facile incursione, i Fiorentini ordinarono il rifacimento
delle mura di Empoli e di Pontormo, il ripristino di quelle di
Cerreto Guidi, e la nuova costruzione di quelle di Montelupo [32].
Nel 1337 i Fiorentini attaccarono il territorio lucchese, riuscendo ad organizzare una rete di alleanze con molte città della Toscana. Fra queste Siena che, pur non entrando ufficialmente a far parte della Lega, dette il suo contributo con 100 uomini che andarono a controllare, almeno provvisoriamente, la Rocca di San Miniato [33]
Nel 1337 i Fiorentini attaccarono il territorio lucchese, riuscendo ad organizzare una rete di alleanze con molte città della Toscana. Fra queste Siena che, pur non entrando ufficialmente a far parte della Lega, dette il suo contributo con 100 uomini che andarono a controllare, almeno provvisoriamente, la Rocca di San Miniato [33]
Quattro anni dopo, nel 1341, lo stesso Mastino della Scala cedette la città
di Lucca a Firenze per la somma di 250.000 fiorini. La cosa provocò
la dura reazione di Pisa che pose l'assedio attorno alla città del
Volto Santo. I Fiorentini per rappresaglia fecero una grande
incursione nel contado di Pisa, nella piana pisana, in Valdera e
nella bassa Valdicecina. A tale operazione partecipò anche un
contingente sanminiatese composto da 300 pedoni [34]. Pochi mesi dopo
Firenze investì della signoria Gualtieri
VI di Brienne, con il titolo di Duca d'Atene, il quale stabilì
un accordo di pace con i Pisani. Quest'ultimi, forti dell'accordo con
i Fiorentini, costituirono una grande compagnia di ventura che
determinò non pochi subbugli fra Siena, Perugia e Rimini. Per
recarsi a Siena il contingente transitò dalla Valdelsa, passando per
i territori San Miniato, San Gimignano e Colle Val d'Elsa senza
arrecare danni [35]. Tuttavia a Firenze crebbe il malcontento per la
politica dispotica del Duca d'Atene che fu cacciato da una
insurrezione popolare il 26 luglio del 1343. A tale sollevazione
concorsero anche gli altri centri della Toscana, fra cui San Miniato
che inviò 2000 pedoni. Tale episodio comportò gravi rivolgimenti in
tutta la regione [36].
L'anno
seguente Luchino
Visconti intraprese la guerra contro Pisa. Dopo una prima
vittoria, per meglio attaccare la città toscana, decise di aggirarla
passando per il Valdarno. Tuttavia i Pisani, avendo tagliato il ponte
sul Serchio, costrinsero Luchino Visconti a passare dalle Cerbaie.
Una volta giunto in Valdarno, il campo fu fissato nel borgo di Santa
Gonda, ai piedi di San Miniato. Così come narrato con maggiori
dettagli anche dall'Anonimo
delle
Istorie
Pistolesi,
i
Pisani riuscirono a sorprendere le truppe di Luchino che ricevettero
un fortunoso rifugio dai Sanminiatesi, prima di poter fare ritorno al
nord [37].
Curiosa
poi la notizia del 1345 secondo cui le casate sanminiatesi dei
Malpigli e dei Mangiadori prestarono aiuto ai della Volta, nel
tentativo di impadronirsi del controllo sul castello di Fucecchio.
Tuttavia i Fiorentini non si fecero sorprendere e il piano andò a
monte. Tale risoluzione provocò non pochi malanimi fra le due
famiglie sanminiatesi, che non persero l'occasione di darsi battaglia
vicendevolmente [38]. Tutto ciò portò ad una situazione di grande
tensione in San Miniato, che fu risolta soltanto nel 1346 con
l'assegnazione della signoria e della guardia alla Città di Firenze
per 5 anni [39].
Di
seguito è proposto il regesto completo delle notizie riguardanti San
Miniato e il suo territorio nella Cronica di
Giovanni Villani.
Come i Fiorentini presono il castello di Carmignano per forza.
29 [anno 1329] LIBRO X. CAPITOLO CXVI.
29 [anno 1329] LIBRO X. CAPITOLO CXVI.
Come le masnade di messer Mastino ch’erano in Lucca cavalcaro in sul contado di Firenze.
33 [anno 1337] LIBRO XI. CAPITOLO LXIII.
Come i fiorentini fecero oste sopra la città di Lucca.
33 [anno 1337] LIBRO XI. CAPITOLO LXIII.
Come i fiorentini fecero oste sopra la città di Lucca.
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