a
cura di Francesco Fiumalbi
In
questo post è proposta la trascrizione di un'interessante
pubblicazione dal titolo Della
Vita e delle opere di Michele Mercati Junore,
redatta dal medico e professore Misael Pieragnoli (San Miniato, 17
gennaio 1817 – 29 gennaio 1878), già membro dell'Accademia degli
Euteleti, per una adunanza, in occasione della quale raccolse notizie
e informazioni sulla vita di Michele Mercati.
Il
Mercati fu una figura straordinaria all'interno dell'ambiente
scientifico del XVI secolo, raccoglitore di minerali e metalli nella
celebre “Metalloteca”, e i cui risultati furono divulgati come
opera postuma. Mercati fu importante anche per la storia
sanminiatese, perché acquistò l'antica Rocca, dismessa dai
fiorentini, e immortalata in suo onore all'interno della carta
dell'Etruria,
nella Galleria delle Carte Geografiche
del Palazzo Apostolico Vaticano, su iniziativa del Pontefice Gregorio
XIII [per chi desidera approfondire questo l'aspetto della
dismissione della rocca, si rimanda a E. Marcori, Decadenza
e cessione del sistema difensivo di San Miniato al Tedesco,
in «Bollettino
dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», n. 77,
San Miniato, 2010, pp. 309-318].
a
corredo della Metallotheca,
Roma, 1719
Di
seguito la trascrizione, tratta da: M. Pieragnoli, Della
vita e delle opere di Michele
Mercati Junore. Cenni biografici letti all'Accademia degli Euteleti
di S. Miniato nell'adunanza del dì 14 luglio 1853 dal socio onorario
Dottor. Misael Pieragnoli,
Stamperia Ristori, San Miniato, 1853.
di
Michele Mercati Junore etc...
Tip.
Ristori, San Miniato, 1853
Frontespizio
AVVERTENZA:
in blu sono indicati i numeri di pagina, in grassetto le note che,
come nel testo originale, sono collocate in fondo.
[01]
DELLA
VITA E DELLE OPERE
DI
MICHELE
MERCATI JUNORE
–
– –
CENNI
BIOGRAFICI
LETTI
ALL'ACCADEMIA DEGLI EUTELETI
DI
S. MINIATO
NELL'ADUNANZA
del
dì 14 luglio 1853
DAL
SOCIO ONORARIO
DOTTOR
MISAEL PIERAGNOLI
–
– –
S.
MINIATO
STAMPERIA
RISTORI
1853
[02]
[03]
AVVERTIMENTO DELL’ AUTORE
Nello
studiare la storia della Medicina del Secolo XVI mi occorreva
rintracciare il nome di Michele Mercati di S. Miniato. Dolente che la
memoria di sì grande uomo caduta fosse quasi nell'oblio, per quanto
ricordato con molto onore dal Tiraboschi, mi nasceva desiderio
conoscerne meglio le opere, alcune delle quali con somma difficoltà
mi veniva fatto ritrovare. Nell'esaminare la Metalloteca rinveniva
premessa a quella la Vita di Michele Mercati scritta da Monsignor
Magelli, ma in poche linee, e senza ordine cronologico. Volli allora
accingermi a dettarne brevemente la vita con quell'ordine che meglio
a me fosse possibile, per farne quindi oggetto di una lettura
Accademica, e corredandola di quelle Note e Documenti che in maggior
numero avessi potuto rintracciare.
Non
era mio pensiero renderla di pubblico diritto, ravvisando quanto
povera cosa essa fosse; e certo che se valeva a destare un qualche
interesse, ciò era solo per la memoria del sapientissimo uomo di che
in quella teneasi parola. Pure condescesi
[04]
a
stamparla, ed il feci per offrire un tributo di lode ad un sommo
nostro concittadino, e togliere quasi quella macchia d'ingratitudine
alla di lui memoria, che gravava sulla Città nostra, e che
cancellava in parte il benemerito Prelato Torello Pierazzi, non ha
guari rapito ai desiderj ed alle necessità della Patria, allora che,
zelantissimo delle cose nostre, faceva porre a sue spese nelle Sale
Vaticane una pietra che a ricordare valesse la sapienza, e la virtù
che insignirono, e fecero grande il nome del Mercati .
Accogli,
o Lettore, con benigno aspetto questa brevi pagine, e solo al
pensiero riguarda di chi le dettava .
–
– –
[05]
Onorevoli per chi le promuove, efficaci per chi vi assiste sono
l’evocazioni degli uomini grandi dalla tomba e dall’oblio;
perciocchè il ricordare coloro che la patria con le virtù con la
sapienza illustrarono sia sprone ai presenti ad imitarne l’esempio,
sia tributo di meritata riconoscenza dalla patria offerto alla cara
memoria di quei magnanimi, che la fronte le decorarono con nobil
sorto di gloria. E bello è quel serto che posa sulla vetusta nostra
città, poiché nel lungo giro dei secoli, da Fulgardo da Leporaja ,
da Pietro Mangiadori fino a Pietro Bagnoli ed altri nostri
contemporanei, lo intesserono per non interrotto ordine quei preclari
ingegni, che uscirono dalle antiche casate dei Buonaparte, dei
Morali, dei Migliorati, dei Roffia, dei Cigoli, degli Ansaldi,
nobilitandole col lustro delle cittadine virtù, con lo splendore del
loro sapere. Opera egregia sarebbe raccogliere le biografie di questi
eletti, nè saprei a quale più nobile subietto rivolger si potesse
l'attenzione e l'operosità vostra, Colleghi onorandi – di questo
avreste conforto dai presenti, riconoscenza dai posteri – Intanto
mi sia [06]
permesso presentarvi la Biografia di MICHELE MERCATI juniore, che per
non comuni virtù, per rara attitudine diplomatica, per estesa
erudizione, per profondo sapere nelle Mediche e Naturali discipline
illustre addivenne fino a meritare, oltre un secolo dopo la sua
morte, gli encomj del sommo Lancisi; encomj che quando perdute
fossero le opere sue le sue memorie basterebbero soli a farci
rammentar con orgoglio il venerato suo nome.
Pietro
Mercati filosofo e medico prestantissimo, figlio di quel Michele
Seniore dal Ficino chiamato il suo confilosofo, ed Alfonsina di casa
Fiaminghi furono i genitori di Michele, che respirò in S. Miniato le
prime aure di vita nel giorno 6 aprile 1541. Ben poco dei primi
infantili anni di Michele sappiamo – questo solo è certo, che
nella sua patria poté attendere ai primi studi, e tutta procurarsi
quell'istruzione, che all’ammissione nel Pisano Ateneo richiedevasi
– Questo valga a provarci che la primitiva istruzione è antico
retaggio della città nostra, e che se alcuni benemeriti (1),
all'istruzione i loro averi legando, ebbero pensiero di assicurarci
per sempre al ricco tesoro, a noi incombe il sacrosanto dovere di
conservarlo, di ampliarlo – Fin dai momenti della prima educazione
diè il Mercati a divedere quanta speranza si potesse in lui riporre;
nei suoi studi sorpassò gli anni, e fù l’ammirazione dei
precettori, perocchè fornito fosse siccome scrive il Magelli, di
vivissimo ingegno, di tenace memoria, e di profondo criterio all'età
sua superiore. Con tali doti, ad una ferma volontà di apprendere
unite, applicò al Greco [07]
idioma,
fè sue le lingue di Tullio, e di Tacito, e la Platonica Filosofia,
la Filosofia dell’Avo, fù la delizia di quel giovinetto. In quei
teneri anni mostrava già una singolare pietà religiosa, una somma
propensione per lo studio delle cose naturali; e per questa, e per
correr sulle tracce, che il valente genitore allora segnavagli, amò
prescegliere lo studio della medicina e delle scienze che le fanno
corona, ben comprendendo non esservi applicazione più atta ad
inalzar l'animo a Dio quanto lo studiare le opere dell'eterna
creatrice Sapienza.
Contava
appena sedici anni ed era già alunno nella Pisana Università, la
celeberrima allora sovra ogni altra d’Italia – Attese in seno di
quella con studio indefesso alle mediche scienze, e risvegliò
l’ammirazione dei suoi condiscepoli, pei quali addivenuto era
subietto continuo dei loro sguardi e delle loro parole, e l'onore si
fù di quei Sapienti, che gli Ippocratici dogmi, e la scienza
dell’Uomo ai numerosi alunni dettavano – Fra i quali basti solo
ricordare Andrea Cesalpino, che sulle vie procedendo dal Fabrizio
tracciate, gli arcani della circolazione sanguigna investigava e
tutto ne disvelava il sublime meccanismo – Che se l’Harveo alla
scuola stessa educato del Fabrizio, e dei migliori Anatomici Italiani
di quel tempo si appropriò la grande scoperta, che fè superbire
Albione, di non grave difficoltà gli riesciva, dappoichè Cesalpino
aveva indicato qual fosse il magistero delle valvole, come il cuore,
e non il fegato fosse l'organo centrale del circolo sanguigno, come
le arterie con le vene comunicassero, come la circolazione polmonale
[08]
e
la generale si effettuasse (2)
– La scoperta della circolazione è gloria Italiana, e noi non
dobbiamo onorare l’inglese, che per la sapienza con la quale
illustrò quanto dall’Anatomico d’Arezzo era stato discoperto –
Ne ciò è soverchio amore di nazionale gloria ma storica verità.
Ritorniamo al subietto nostro dal quale ne aveva allontanato il
venerando nome del Cesalpino – Tanto insigne anatomico ascrive a
sua gloria avere avuto per alunno il Mercati (3),
e questa è luminosa e magnifica testimonianza di quanto valesse il
nostro concittadino. Nel tempo in cui Egli con tanto lustro attendeva
al tirocinio Accademico il Padre in Roma la medicina esercitava
consultato, ed onorato dai Romani Pontefici pel suo medico sapere,
facendo reverito il nome dei Mercati, e la via dischiudendo alla
carriera che correr doveva il figlio; il quale, compiuti appena gli
universitarj studj, si portava a Roma nel suo ventesimo anno, ove
facendo tesoro dei larghi mezzi d’istruzione che gli offriva la
Città eterna, arricchì di peregrine cognizioni il suo spirito, con
i Grecisti di quel tempo conversando la greca lingua maggiormente
apprese, e con l’aiuto di quella poté viepiù introdursi nei
misteri dell'antichità, nei quali divenne dottissimo, come vedremo
allorché sarà parola di una delle sue opere – Ma ciò che reca
meraviglia si è, come mai potesse in tanta varietà e difficoltà di
studi occuparsi più particolarmente delle scienze naturali, in modo
da farne la sua scienza prediletta, ed acquistarsi in quella fama di
valentissimo; e tanto maggiore si fa la nostra meraviglia quando si
riflette allo stato in cui allora trovavansi le scienze [09]
naturali. Queste tenute fino oltre il cominciar del secolo XVI poco o
punto in onore giacevano avvolte nelle tenebre dell’errore e del
pregiudizio – solo l’anatomia umana incominciava a correr sulle
vie del progresso per gli studj del Fabrizio, del Cesalpino, e di
altri egregi – Ascosi gli insegnamenti della Fisica, spenta sempre
la face della Chimica – perciò nessuna idea vera della natura e
della composizione dei corpi, sconosciuti i loro rapporti, i loro
attributi, ignote le leggi che li governano, ed alla generale armonia
dell’ universo li ricongiungono – Gli uomini piuttosto che
osservare le cose che sono in natura, e da quelle alla considerazione
elevarsi delle maggiori, perseveravano a perdersi nella fallacia di
astratte speculazioni, ed in vane fogge d’argomentare – Non per
anche il genio del Galileo, quella grande irradiazione della Divina
Sapienza, aveva gli uomini all’osservazione dei fatti richiamato, e
dischiudendo le vie della sapienza siccome dischiudeva quelle dei
Cieli, sovra le sue vere basi lo studio delle scienze restaurato.
Pure il Mercati cotanto allo studio di queste applicò, che dal solo
lume guidato del proprio criterio poté con sicurezza procedere in
mezzo alle tenebre che lo circondavano, nelle opere degli Antichi il
vero dal falso distinguere, e la natura nei suoi tipi studiando a
dissipare giungeva non pochi errori.
Era
l'anno 1566 – 25mo. del Mercati – quando il Domenicano Ghislieri
fu portato dal partito Borromeo al Pontificato (4)
il nome assumendo di Pio V – Questi il suo regno incominciava col
rendersi bene affetti i Romani spargendo ovunque i tratti della sua
[10]
beneficenza,
della quale appunto ebbe d'uopo in quell'anno il popolo Romano
travagliato da grave morbo epidemico – A tutti i poveri infermi
dispensava il Pontefice limosine, e d’ogni maniera soccorsi – In
tal circostanza gli fù agevole conoscere la pietà, il disinteresse,
ed il sapere del giovane Mercati , che pronto accorreva ove potesse
un'infelice ammalato con le sue cure sollevare; per cui volle dargli
un attestato di ben meritata considerazione deputandolo a Prefetto
degli Orti Botanici del Vaticano; il che gli valse ad argomento di
vera lode, di somma probità, di non comune erudizione. Poiché per
la traduzione del Dioscoride pubblicata pochi anni avanti dal
Mattioli, tornato in onore e cominciato a risorgere lo studio della
Botanica, erasi nelle città Italiane manifestata quasi una nobile
emulazione nell’istituire orti botanici, che a facilitare valessero
lo studio di quella scienza, preponendo alla direzione di quelli gli
uomini più illustri del secolo, e giù erano sorti Orti Botanici in
Pisa per le cure del Chini (5),
e del Cesalpino (6),
in Padova per quelle di Luigi Anguillara (7),
ed istituendosi allora quello di Bologna sotto la direzione di Ulisse
Aldrovandi (8),
Roma dovea pure deputate alla cura dei suoi Orti un’uomo il cui
valore scientifico non fosse a quello degli altri inferiore. Nè fù
invano la fiducia da Pio nel Mercati riposta, avendoci lasciato
scritto il Magelli, che tanta si fù l’attenzione e la diligenza da
Esso impiegata nell’ordinare ed ampliare i giardini a lui affidati,
che confermò ed aumentò quella generale estimazione d’ingegno e
di dottrina di cui godeva: e l’Orto Vaticano che incominciò allora
[11]
ad aver nome, in pochi anni fu reputato uno dei più cospicui della
nostra Penisola, arricchito per lui di molte piante esotiche con
grande difficoltà e fatica raccolte, e distribuite con quel maggior
ordine scientifico che i tempi permettevano; del che l’Aldrovandi
stesso, parco lodatore, fa testimonianza chiamando il Mercati
attento, ed indefesso raccoglitore di semplici (9).
Ne
ai soli vegetabili limitavansi le sue cure: fin d’allora Egli
concepiva il pensiero di fondare ed ordinare un Museo di metalli, e
l’attuava collocandolo nelle stanze contigue all'Orto Vaticano;
quello negli anni successivi con tanto zelo, fatica, e scienza
ampliava, ed arricchiva di ogni maniera di naturali prodotti, di
ciascuno facendo la respettiva descrizione, e le prime basi gettava
della sua METALLOTECA, opera della quale in ultimo terremo parola.
Così protetto dal favore di Pio V, e del suo successore Gregorio
XIII continuava i suoi studi di storia naturale sulla scorta di
Plinio, e dei di lui illustratori, corrispondendo di continuo con gli
scienziati di quel tempo, facendo suo quanto dei progressi delle
scienze veniva annunziato dagli studiosi che le coltivavano –
estendeva la sua erudizione sulla recondita antichità – ingrandiva
la sfera delle sue cognizioni con frequenti viaggi per le Italiane
contrade, nel tempo che per questi di sempre nuovi prodotti si
l’Orto, come il Museo locupletava. L’esercizio pur della medicina
non era da Esso trascurato, che anzi a quello con generale
estimazione attendeva, e la Corte Romana era dalle sue cure
assistita. Se noi dovessimo attenerci a quanto lasciò scritto il
Magelli, si dovrebbe ritenere essere [12]
stato il Mercati Archiatro solamente di Clemente VIII; ma in
un'autografo della deliberazione del Senato di Firenze per la quale
Egli veniva ascritto al patriziato di quella Città, autografo del
quale più oltre, trovansi scritte queste parole «poichè
si è trovato a servire con l'esercitio suo li dua sommi Pontifici
passati Pio V, et Gregorio XIII di gloriosissima memoria, et ancora
si trova di presente al medesimo servitio di Sisto V Sommo
Pontefice....» per le quali parole mi sembra debba arguirsi che se
Egli fu Archiatro di Clemente VIII, servì pure siccome medico Pio,
Gregorio, e Sisto, per quanto il nome di Archiatro non fosse a lui
stato conferito; che anzi mi giova ora notare, per quanto ciò mi
porti ad anticipar le epoche, che il Magelli stesso, rammentando la
ultima malattia di Gregorio ne dice, che il Mercati lo assistè di
continuo diligente ed assiduo senza mai lasciarlo, amministrandogli
da se stesso ogni maniera di medicamento.
Giungeva
intanto l'anno 1575 – Il Pontefice Gregorio XIII apriva la Porta
Santa, e pubblicava il Giubileo – in quell'istesso tempo nel
Trentino, in Sicilia, ed in altre Città Italiane compariva la
pestilenza – Roma nonostante il concorso straordinario dei
forestieri ne rimaneva immune (10)
–
l'anno appresso ritornava ad inferocire il terribile morbo –
Milano, le città Lombarde, la Venezia, Genova, le Sicilie ne furono
orrendamente percosse – cadevano ovunque decimate le popolazioni.
Girolamo Mercuriale chiamato prima a Venezia a giudicar del morbo che
allora sorgeva, lo dichiarava influenza epidemica, [13]
ed
escludeva il contagio; ma il popolo al veder mietute migliaia di
vittime e rimaste deserte le vie di Venezia, inferociva contro
Mercuriale, ed a prender la fuga lo costringeva se voleva salvar la
vita – cotali fatti si sono veduti rinnuovarsi ai nostri giorni
tristo esempio di un popolo fatto cieco dell’ignoranza, ed
inferocito dal timore di una vicina morte e dalla disperazione –
Afflitto il Pontefice per tanta calamità volle che il Mercati
scrivesse della Peste, ed al mezzo di fuggirla accennasse. Egli
scrisse allora LA ISTRUZIONE SOPRA LA PESTE, che pubblicò nello
stesso anno 1576, e per le gravi spese cui allora portavano le
pubblicazioni, ed alle quali l'autore di per se si accinse, Gregorio
accordo a quell’opera il privilegio di non poter essere ristampato
per dieci anni nel dominio della Chiesa; lo stesso privilegio le fu
pure concesso per la Toscana da Francesco I dei Medici, comminando la
pena di cento fiorini d’oro al contravventore della legge;
privilegio non accordato allora che agli scrittori di un merito
insigne – L’opera è dedicata a Jacopo Buoncompagni Governator
Generale di S. Chiesa – E' dettata in volgare ad imitazione del
Ficino, che nella stessa lingua scrisse pur della Peste. Definita la
Peste per un morbo epidemico mortifero, che può propagarsi per
contagio, o vapore
velenoso
emanante dagli appestati, dai letti, e da altre masserizie, ove può
conservarsi anche per tre anni, accompagnato da febbre di natura
putrida, viene a parlare delle cagioni dividendole in interne, ed
esterne – fra le prime ripone gli umori disposti alla putrefazione
per la respirazione di aria carica di perniciosi effluvj, e [14]
per ingestione di cibi di prava qualità – fra le seconde
l'imputridimento dei tre elementi
inferiori aria,
acqua, terra, le ragioni indicando per le quali possono questi
imputridire – conclude essere l'aria caldo-umida la condizione più
favorevole allo sviluppo della peste. Non parlerò dell'estesa
erudizione storica della quale fa sfoggio in questo capitolo, ne mi
farò a norare quelle verità dai progressi della scienza sanzionate,
che spesse volte visi riscontrano, fra le quali non può tralasciarsi
l'aver ritenuto il calorico siccome agente distruttore del contagio,
come appunto intesero provare in questi ultimi anni alcuni medici
alcuni medici Francesi con esperienze sotto il sole della zona
torrida istituite. Paga
ancora Egli il suo tributo alle credenze dei tempi, ed alle dottrine
astrologiche delle quali erano infestate le scuole di Galeno e degli
Arabi ritenendo, sebbene con molto dubbio, la influenza delle stelle
e la congiunzione di pianeti siccome causa della peste – Dopo tre
secoli di progresso, ed in tanto lume di scienza eravamo destinati a
sentire ai nostri giorni riprodurre da qualcuno con sorprendente
asseveranza consimili delirj – Parlando dei segni della peste
futura discorre saviamente del corso straordinario delle stagioni,
del dominio dei venti australi, dello sviluppo strabocchevole
d'insetti, delle vicessitudini atmosferiche, dei terremoti; ed è da
notarsi l’osservazione del precedere lo sviluppo della pestilenza
il manifestarsi, e correr con frequenza i carboncelli, le pustole, le
macchie, i vajoli, ed altre congeneri affezioni, come l’assumer le
malattie sporadiche molti dei sintomi propri dell'imminente contagio
[15]
– Osservazioni che riproduceva, e sapientissimamente illustrava il
sommo mio maestro Bufalini nei suoi pensieri intorno alla colera –
Bella ed esatta è la sintomatologia che Egli dà del feral morbo; e
per quanto vi dominino i principi Galenici vi si ravvisa però sempre
l'uomo che osserva secondo il naturale criterio, piuttosto che
guidato da preconcette teorie – La cura preventiva, come la cura
della peste già sviluppata racchiude in questi due principj: 1mo.
porre il corpo in condizione tale che sia vuoto di superfluità, e
che possa mandar fuori i vapori per i pori: 2do. far resistenza alle
cagioni ed alle potenze distruggitrici della peste – quindi
moderati salassi nei pletorici, purgativi tratti del regno vegetabile
per ottenere certe particolari evacuazioni secondo la medicina di
quell'epoca; fra queste si trovano più particolarmente raccomandate
quelle sostanze che per uso interno, ed esterno valgono a tener vive
le azioni nervee – raccomanda poi la pulizia delle abitazioni,
delle vesti, la salubrità del vitto, commendando in special modo le
sostanze acide, ed assegna tutte le cure che debbonsi seguire nella
dieta degli appestati. Parla in ultimo dell'influenza che gli
accidenti
dell'animo
puonno esercitare sugli individui esposti a contrarre il pestifero
contagio – e bellissimi appunto, e meritevoli di esser letti e
studiati sono gli articoli sull’ira, tristizia, invidia, accidia,
gola, lussuria, avarizia, superbia, perocchè in questi rifulgano i
tesori della Platonica filosofia, e lo studio dei Santi Padri –
Tale è l'opera sulla peste del nostro concittadino (11).
A ben comprenderne il pregio importerebbe analizzare lo stato [16]
delle mediche scienze nel secolo decimosesto – ciò mi trarrebbe in
lungo di soverchio, per cui mi limiterò a rammentare che l'anatomia
sola i primi passi segnava nel medico progresso; però gli studi di
quella non furono diffusi, ne alla Patologia con profitto applicati
che nel secolo appresso – e per quanto la medicina fra i suoi
cultori annoverasse un Fracastoro, un Alpino, un Brasavola, un
Mercuriale, un Montano, ed altri valenti ingegni pure continuava a
dettar legge la scuola Galenica intralciata, e sfigurata dalle
sottigliezze speculative degli Arabi, e dai sogni dell’Astrologia
giudiciaria, contro la quale erano già stati svegliati i primi colpi
da Giovanni Pico della Mirandola, e dall'Accademia dei quattro medici
Fiorentini (12).
Ora se si considera il Mercati al paragone della medicina del suo
secolo ci appare sorpassare i tempi; perocchè vi si scorga l'uomo
che osserva le vere cause dei morbi, che incomincia ad emanciparsi
dai lacci delle dottrine allora professate, che ritorna
all’osservazione delle cose sulle vie dal Vecchio di Ceo tracciate.
– LA ISTRUZIONE SULLA PESTE è seguita da altre tre brevi
ISTRUZIONI; una sui VELENI accennando ai più securi mezzi per
guardarsene, sulla PODAGRA l'altra, la terza sulla PARALISI, e questa
scritta a richiesta del Granduca Cosimo I dei Medici, afflitto da
paralisi per replicati accessi di apoplessia (13).
Negli
anni che succedettero il Mercati si occupò più specialmente del suo
Museo di già assai arricchito, continuò l'illustrazione dei
raccolti metalli, facendo nel tempo istesso con somma diligenza
scolpire i rami di quei pezzi dei quali maggiore il pregio giudicava,
[17]
sollevato in queste sue gravi fatiche dall’amicizia, e dalla
singolare predilezione che per esso sentivano il Santo Filippo Neri,
l'illustre storico Cesare Baronio da Clemente VIII della Porpora
Gardinalizia insignito, e Giovanni Giovenale d’Ancina, di cui il
Tiraboschi non sa dire se maggiore fosse la santità o la dottrina.
Ma
la sua salute cominciava già a declinare; dai dolori cruciato gli
convenne desistere dai suoi studi, e dai consigli confortato di S.
Filippo si portava in S. Miniato, ove infermo languiva il vecchio
Genitore (14),
a respirar quell'aere salubre che aveva alimentato i primi giorni
della sua giovinezza. Non è possibile assegnare il tempo del suo
soggiorno in patria; certo è però che sul cominciar dell'anno 1585,
calmate le sue sofferenze, trovavasi nuovamente nella Capitale del
mondo cattolico, perciocchè nell’Aprile di quell’anno attaccato
il Pontefice dalla grave infermità che lo spingeva al sepolcro era,
siccome poc'anzi abbiam detto, dal Mercati nostro assistito. Morto
Gregorio, il 24 aprile ascendeva la Cattedra di Pietro Sisto V.
Profondo scrutator degli ingegni dal silenzio della sua vigna
osservato aveva il Prefetto degli Orti Vaticani, ebbene il di lui
merito conosciuto appena toccata la meta dei segreti suoi voti lo
insigniva della dignità di Protonotario Apostolico, e con più ampie
rendite il suo annuo assegnamento aumentava.
Il
nome di Michele Mercati era già fatto illustre, e reverito in
Italia; con esso corrispondevano i più rinomati personaggi di quel
tempo, e quasi gareggiavano nel tributare onore alla sua dottrina.
Francesco [18]
dei Medici che allora dominava in Firenze (15)
il faceva dai Consiglieri della Repubblica Fiorentina ascrivere al
novero dei Patrizj di quella Città. L'antografo della deliberazione
del Senato di Firenze, che io riporto alle annotazioni, mostra la
fama cui avea raggiunto il nostro concittadino, e l'onore di che
godeva la sua famiglia (16)
– L’anno appresso il Senato Romano gli accordava la stessa
onorificenza. Vediamo ora l' epoca più luminosa della vita del
Mercati.
Si
combatteva fra Sigismondo e Massimiliano per la successione al Trono
di Polonia. La incerta fortuna delle armi se aveva rotte le forze di
Massimiliano, non ne aveva fiaccata l’alterigia, e benché
prigioniero di Sigismondo III non voleva renunziare al trono
Pollacco, e senza questa formale renunzia la sua prigionia non
cessava: invano riuscirono i preghi di Spagna e le minacce
dell'Impero per ottenerne la liberazione – Sigismondo rimaneva
inflessibile – Sisto temendo i progressi del Turco, che in quei
tempi, ben dai nostri diversi, spinto dal fanatismo religioso e dalla
forza di un giovane e potente impero l'Europa tutta d'invasione
minacciava, non voleva che ad altro si rivolgessero le armi dei
Pollacchi, reputando Egli il braccio di quei prodi quale
inespugnabile baluardo della Cristianità contro il furore dei figli
di Maometto. Il saggio Pontefice librando in sua mente la bilancia
dei destini Europei voleva che Sigismondo rimanesse Signore di
Polonia, ma desiderava ancora che fosse aperto quel carcere che già
da un anno si era chiuso sopra Massimiliano, e che una stabile pace
ponesse termine alle sanguinose gare di quei Principi. [19]
A
questo oggetto nel 1588 spediva a Sigismondo per suo legato il
Cardinale lppolito Aldobrandini con numeroso e magnifico seguito: fra
i più eminenti personaggi che accompagnavano il Legato primeggiava
il Mercati. Difficile era la missione al Porporato affidata, e di
sommo giovamento gli valse la perspicacia e l'abilità del nostro
Michele, siccome Egli stesso confessa nelle sue lettere a Sisto. Il
Mercati non solo prendeva parte agli affari, ma gli presiedeva
trattando con sommo sapere ed accortezza le alte questioni di
politica di quel tempo, del che scrivendogli a Cracovia con esso lui
congratulavasi Lorenzo Frizzolio – La gravità degli affari che
Egli era chiamato a trattare nol distoglieva dai suoi più cari studi
– di là pure l'animo teneva rivolto al suo museo, e spinto
dall’amor di arricchirlo profitto del soggiorno in Polonia per
intraprendere viaggi scientifici, per perlustrare le miniere delle
regioni che percorreva, e così studiare trarre e raccogliere da ogni
parte quegli oggetti che migliori ed in maggior numero poteva – Ne
a questo limitavasi l'infaticabile scienziato. Grato agli onori ed ai
benefizj che da Sisto aveva ricevuti voleva dargli un attestato di
sentita riconoscenza; per lo che vedendo quel Pontefice, che
chiamerei l’uomo più straordinario del suo secolo, dalle
gravissime cure che gli arrecavano lo stato, e le cose della
sconvolta Europa l’animo sollevarsi nell'abbellir Roma di fontane,
nel rialzare grandiosi Obelischi, fra i quali il più grande quello
di Ramesse trasportato in Roma da Costanzo, volle scriver di tutti
gli Obelischi la illustrazione ed al Pontefice inviarla . A tale
oggetto detto l'opera ma ROMANIS [20]
OBELISCIS – nella quale mostrò quanto versato fosse nello studio
degli antichi scrittori, come valesse a comprendere i reconditi miti
degli Egiziani, e la storia intendesse di quei popoli che stati erano
la cuna delle scienze, ma che avvolte le aveano nel velo
impenetrabile del mistero, e sfigurate innestandovi ridicole
superstizioni. Quello però che desta alta meraviglia si è che
questo libro scritto, come abbiam detto, in Polonia in quelle ore che
carpir poteva agli affari ed al sonno, fu da Esso compilato senza
aiuto alcuno di libri, e col solo soccorso della memoria – frutto
del diligente studio da Esso fatto degli antichissimi scrittori. Ma
basti di questo perocchè meglio ne parli la lettera che da Olmuz
scriveva a Sisto il Cardinal Legato inviando e raccomandando al
Pontefice il libro del Mercati (17)
. Pubblicato questo nell'anno 1589 Latino Latini ne avvertiva
l'autore avere errato sulla natura della palla posta in cima
dell'Obelisco Vaticano, sulla cagione per la quale alcuni Obelischi
mostrino due lati più larghi degli altri, sulla riduzione di alcune
misure Egizie a misura Toscana, sull'inesattezza delle misure fatte
con piedi e palmi Romani, sulla vera epoca della morte di Costantino
e di Costanzo. Per le quali censure era costretto pubblicare il
Mercati l’anno appresso LE CONSIDERAZIONI SOPRA GLI AVVERTIMENTI
DEL SIG. LATINO LATINI; e con quella urbanità che al vero scienziato
si addice, e con quel corredo di erudizione che sorprende le
obiezioni tutte rigetta del preopinante, e nuovi argomenti ritrova a
convalidare le già emesse opinioni; estendesi in belle
considerazioni sulla natura dei metalli e delle pietre, [21]
e chiude il suo libro con un dotto articolo sulle lettere
Geroglifiche, articolo del quale non saprei dire se maggiore sia il
pregio per la sapienza istorica sparsavi a larga mano, o per lo
istile limpido, piano, e piuttosto conciso col quale è dettato.
Nel
tempo che dimorava in Polonia fu il Mercati per la sua dottrina dai
Principi che lo conobbero onorato, e tutti della di lui
conversazione, siccome di venerato maestro, dilettavansi.
L'Imperatore Rodolfo II, meravigliato della sapienza dello scienziato
Italiano, e desiderando rivederlo anche una volta, fu ad aspettarlo
in Praga per dove doveva passare al suo ritorno in Italia, e rimase
dolentissimo quando intese aver egli presa altra via.
Reduce
in Italia continuò a tener corrispondenza scientifica e politica con
quei Regnanti che aveva personalmente conosciuti, e con i grandi
funzionari degli Stati. Trattò alla Corte di Roma gravissimi affari
siccome incaricato particolare di Ferdinando I di Toscana; e spesse
volte fu l'opera sua richiesta presso quella Corte dalla Veneta
Repubblica, dall'Arciduca d'Austria, dal Duca d'Urbino, da Sigismondo
di Polonia. E ciò sia prova della sua sagacia, della sua attitudine
diplomatica.
Grande
intanto addivenuta era la sua fama: da ogni parte da coloro, che in
quel tempo maggior nome acquistato aveano nella cultura delle
scienze, il giudizio suo ricercavasi nelle gravi questioni di
Filosofia, di Medicina, di Scienze naturali. In esso onoravasi il
fondatore del Museo Vaticano, e se ancora non era conosciuta che da
pochi amici la sua [22]
METALLOTECA, tutti però ritenevano il Mercati siccome celebre
filosofo, ed eruditissimo nelle naturali cose, come appunto lo dice
il Contemporaneo scrittore degli Annali Ecclesiastici (18).
Negli
ultimi mesi dell'anno 1590 afflitto dalla morte di Sisto, cruciato
dai dolori riducevasi nuovamente in patria nella speranza di sentir
mitigati, come per lo innanzi, i suoi patimenti: sembra che quivi
alquanto della perduta salute recuperasse, poiché con Esso lui se ne
rallegrava S. Filippo Neri in una lettera che in data del 3 maggio
1591 da Roma inviavagli; lettera il cui originale conservasi nella
Cappella del Palazzo Vescovile di S. Miniato, e che sembrami prezioso
documento si per la mano che la vergava, e come testimonianza della
stima che per i Mercati, e per la Città nostra quel prediletto di
Dio nutriva (19).
Si occupò in quel tempo di sistemare definitivamente quanto
importava al Monastero della SS. Trinità eretto in S. Miniato per la
munificenza sua e della famiglia, nel quale aveva in addietro
collocate tre sorelle come fondatrici, dai Romani Pontefici ottenuti
quei privilegi tutti che più opportuni reputava, e con ingenti somme
sovvenuto ed arricchito. Dubitando forse di non più rivedere le
patrie mura dettava allora il suo testamento nel quale dispose delle
sue doviziose sostanze in favor dei nepoti, dei poveri, e di quel
Monastero.
Dopo
pochi mesi però gli convenne lasciare S. Miniato, perocchè nel 30
gennaio 1592 assunto al Pontificato il Cardinale Ippolito
Aldobrandini col nome di Clemente VIII, richiamasse in Roma il
Mercati suo [23]
prediletto
compagno di studi e di viaggi, e d'ogni grazia e favore ricolmandolo
l'onorevole incarico di suo Archiatro a lui affidasse – Fù in
questo tempo che egli domandò ed ottenne dal Pontefice che nel
celebre cortile del Vaticano, Ove si dipingevano tutte le illustri
città fosse pure dipinto il castello di S. Miniato, siccome ancora
si vede, apponendovi la seguente epigrafe –
»
Miniatense nobile oppidum a Desiderio Rege auctum,
»
postea a Federico II intra cursum Imperii Vicariorum
»
sede, Alto Descum Tribunal ideo appellatum » (20)
Di
nessun'altra cosa Egli occupavasi intanto, dopo le cure al Pontefice
dovute, che di porre in ordine la sua METALLOTECA, ampliandola di
varj articoli, correggendone, e perfezionandone i rami all'oggetto
d'incominciarne tosto la pubblicazione in quella Città riserbandosi
a compilarne una seconda parte per trattare in quella delle Rocce,
Pietre preziose, Oro, Argento, Rame, ed altri metalli, e delle tante
modificazioni da questi subite nelle officine metallurgiche. Ma
quando era per dar mano all'opera più atroci si fecero i suoi dolori
– la malattia talmente esasperò che ei perdette ogni speranza di
salvezza – conobbe allora quanto saviamente pensasse Giovenale
Ancina allorché nel 1590 lo esortava a pubblicare sollecitamente
l'opera sua (21).
Calcoli renali ed epatici costituivano la di lui malattia, e se i
dolori da questa apportati siano atroci non abbisogna che il dica;
pure ei sempre li sopportò in modo ammirabile con quel coraggio e
rassegnazione che è propria del vero Filosofo Cristiano, consolato
dalle memorie di una vita [24]
intemerata, e dall'amicizia di S. Filippo, e del Cardinal Baronio,
che incessanti lo assistevano. Oltremodo si doleva Clemente allorachè
intese non potersi avere nessuna speranza di salute pel Mercati, ed
esclamava spesso » Noi perdiamo un uomo di grande probità, ed un
ottimo nostro familiare » Egli riceveva i soccorsi tutti della
Religione da S. Filippo, e nelle braccia di quel Santo Uomo spirava
nel giorno 26 giugno 1593 in età di anni 52 mesi 2 giorni 20. Nella
sezione istituita sul suo cadavere furono trovati due calcoli adesi
negli ureteri, uno dei quali della grandezza di una nocciola, l'altro
un poco più piccolo; altri bianchicci nei reni in numero di
sessanta, e trentasei di colore oscuro, angolari e della grandezza
del cecio nella cistifella (22)
– il suo corpo fu posto nella Cappella della villa della Vallicella
nei Sepolcri della Famiglia Mezzabarba.
Dopo
la morte di Michele Mercati il manoscritto della METALLOTECA, ed i
rami in numero di 130, che furon giudicati importare la somma di
mille piastre, passarono nelle mani dei suoi eredi, e da questi pochi
anni avanti il 1666 fù tutto venduto a Carlo Dati di Firenze per la
somma di 70 doppie, perocchè aveva egli pensiero di pubblicare
quest'opera, pensiero che non poté attuare non avendo le 200 doppie
di cui abbisognava per quella pubblicazione (23).
Clemente XI ricuperato finalmente il manoscritto dal Cav. Paolo
Alessandro Maffei, lo fece portare a Roma con tutti i rami, e ne
affidò al suo Archiatro il celebre Lancisi la cura della
pubblicazione, che con bellissima edizione in foglio, degna della
magnificenza e delle [25]
idee grandi di Clemente, e corredato di note del Lancisi medesimo e
di Pietro Assalti si effettuò in Roma nel 1717.
Anche
di troppo della sofferenza vostra abusai per avere ardimento ora di
porgervi un'estratto ragionato di opera così voluminosa e variata:
io mi limiterò solo ad accennarne la partizione . Con uno stile ed
una lingua degni dei bei tempi del Lazio descrive il Mercati le
produzioni tutte della natura, e più particolarmente le minerali da
Esso raccolte ed ordinate nel Museo-Vaticano, e che comprende tutte
col nome generico di metalli, intendendo con tal nome parlare di quei
fossili, di quelle produzioni, non escluse alcune che degli animali
sono proprie, produzioni o corpi, che costituiti in prima di certi
particolari elementi, attingono quindi per le grandi forze generali
del globo le forme materiali a raggiunger la somma perfezione
possibile – Questo pensiero solo che il fondamento costituisce
delle verità e dei progressi di cui va ricca l’odierna Geologia,
pronunziato tre secoli addietro, mostra un'uomo che colla meditazione
era giunto in parte a comprendere quelle variazioni che la superficie
del nostro pianeta ha subite nel lungo periodo delle varie sue
epoche, ed aveva presentite le leggi che le metamorfosi continue dei
corpi che racchiude governano: questo pensiero, se mal non mi
appongo, non era stato vergato da nessuno scrittore prima dei tempi
del Galileo e del Newton. Diviso il Museo in dieci armadi e questi in
piccole cassette, importava divider nell'istessa guisa la METALLOTECA
– Racchiude il primo armadio le terre divise [26]
secondo i loro fisici caratteri e secondo gli usi cui servono –
Comprende il secondo diversi sali, ed i nitri; gli allumi il terzo;
il quarto i sughi acri; i sughi pinqui il quinto annoverando in
quelli il vetriolo, il verderame, l'arsenico, in questi lo zolfo,
l'ambra, ed ogni maniera di bitume, per tacere di altri molti; il
sesto alla descrizione dei prodotti marini è destinato, siccome il
settimo alle pietre che alle terre assomigliano; delle pietre che
nascono negli animali ne tien parola nell'ottavo; e tratta nel nono
degli idiomorfi o pietre dotate di figura e forma particolare,
racchiudendo in questi due ultimi articoli bellissima collezione di
conchiglie; il decimo finalmente è destinato ai marmi; al capitolo
terzo di quest'ultima sezione del marmo Pario ragionando ricorda ed
illustra i prodigi dell'arte Greca impressi da Fidia nel Laoconte,
nell’Apollo, nell'Antinoo – modelli che il genio Italiano
personificato da Michelangiolo e da Canova poteva solo comprendere –
Nel trattare delle singole specie, figurate nell'opera con bellissime
incisioni in rame, fa il nostro autore di ciascuna la illustrazione
istorica, le qualità fisiche ne descrive, riporta quanto di esse
opinarono gli autori antichi, in special modo Aristotele, Plinio,
Galeno, gli Arabi, confrontando e spesso rigettandone le opinioni, nè
tralascia ricordare a quali usi siano destinati. Degni di molta
considerazione, per tacere di moltissimi altri, sono gli articoli sul
salnitro, sull'allume, sullo zolfo, sulla magnete, nel quale ultimo
narra il suo viaggio all'isola d’Ilva, o Elba intrapreso per lo
studio di quel minerale, con molto criterio ragionando della forza
che al [27]
polo dirige la magnete, e delle variazioni che quella subisce sotto
l'equatore.
Tale
si è la METALLOTECA del Mercati nostro. A noi educati in un tempo
nel quale le scienze naturali hanno fatto, e fanno sotto i nostri
occhi immensi progressi l'opera del Mercati non sembra cosa di grave
momento; ma ricordando che fu dettata tre secoli addietro, quando
quelle scienze giacevano involte nel caos della confusione, allora
cessa di apparir meschina e ci desta alta meraviglia – Le opere del
Mercati, di Prospero Alpino, del Cesalpino, dell'Aldrovandi sono i
primi raggi di luce sparsi nel XVI secolo sulle misteriose opere
della natura (24)
–
Ciò basti per farci andar superbi di esser chiamati suoi
concittadini.
Michele
Mercati ebbe indole quieta, tranquilla, e quale conviensi all'uomo
che medita profondamente, e le ragioni ricerca dei portenti della
natura. Fù amato da tutti, perché per tutti ebbe amore, ne vi fù
alcuno che di Lui avesse a lamentare un atto men che cortese; così
niuno la grazia di cui godeva invidiò, ne la sua fortuna tentò
arrestare, ne offuscar la sua gloria. Gli amici, ed i letterati con
ogni potere soccorse. La virtù, il sapere, l'operosità agli onori
lo portarono, che l'animo suo aborrì sempre da ogni maniera di
raggiro e di viltà – Ei fu grande veramente perché la grandezza
dell'uomo sapesse tutta racchiudersi nella scienza e nella virtù.
Fù
di corpo piuttosto pingue, alto della persona, nei movimenti tardo –
fronte elevata ebbe e spaziosa; volto sereno, ilare, che nella
placida armonia delle [28]
sue forme il candore tutto e la bontà dell'anima disvelava – nello
studio infaticabile, e di quello più che di sua salute curante; per
cui questa sempre mal ferma, ed Egli fatto oggetto di quei morbi dei
quali la genesi tiene ragione dalla quiete del corpo e dalla tensione
della mente.
La
vita del Mercati segna una delle più belle pagine della nostra
patria istoria – io tentai i sommi tratti delinearne – Se il mio
povero ingegno non potè sollevarsi all'alto subietto cui mirava,
sarò ben pago però se alla Gioventù nostra, che al cammino
s'indrizza della scienza, avrò offerto un modello degno della sua
contemplazione, e nel cuore ispirato il desiderio d'imitare Michele
Mercati.
[29]
NOTE E DOCUMENTI
(1)
S’intende parlare dei lasciti fatti da Miniato Spagliagrani, e da
altri a favore dell’ istruzione.
(2)
Vedi Cesalpino - Questioni peripateticbe Qu. IV. L. V. e Ope. M. Lib.
III. C. 17 – ove più esplicitamentc si legge »Illud sciendum est
cordis meatus ita a natura paralos esse ut ex vena cava intromissio
fiat in cordis ventriculum dextrum unde patet exitus in pulmonem. Ex
pulmone praeterea alium ingressum esse in cordis ventriculum
sinistrum ex qua tandem patet exitus in arteriam aortam.
(3)
Caesalpinus
– in Epist. dedicat. ad Clementem VIII super Opera de Metallicis. »
Sed ecce, quamprimum Romam petii tua singulari benevolentia
advocatus, ut medicinam publice profiterer, comperi eandem provinciam
a Reverendissimo, ac Perillustri Michaele Mercato viro doctissimo
susceptam, eamque cum is mihi comunicasset tamquam praeceptori suo,
quo usus est dum Pisis simpliciu profiterer, incredibili laetitia
affectus sum, quod discipulum praeclarissimum ex schola mea tanquam
ex proprio ventre prodeuntem adeo profecisse viderem, ut toto urbe
admirabilis redderetur. Inter ........
(segue
alla nota 22)
(4)
Muratori – Annali d'Italia. Anno MDLXVI.
(5)
Nell'anno 1544.
(6)
Nell'anno 1557.
(7)
Nell'anno 1545 il Senato Veneto ordinò che a pubbliche spese si
formasse un Orto Botanico in Padova – e nell'anno 1546 ne affidò
la formazione e la cura a Luigi Anguillara – però fin dal 1533
reggeva la cattedra dei Semplici in quella Università Francesco
Buonefede e a proprie spese raccoglieva quelle piante, il cui uso
doveva insegnare.
(8)
Nell'anno 1576.
(9)
Corrispondenza epistolare dell’Aldrovandi riportata nella sua vita.
(10)
Muratori Annali d’ Italia.
(11)
L’Istruzione sopra la peste è pur ricordata da Giuseppe Frank
nella storia e letteratura della peste del XVI secolo fra i
moltissimi autori Italiani e stranieri che della peste, quasi
continua in quel secolo, trattarono.
(12)
Nell’Osservator Fiorentino stampato in Firenze nel 1776, parlando
dell'Accademia del Dottor Michelangiolo Targioni, si legge (7. I.
part. 4. p. 29) »
lo spirito stesso che
»
anima adesso questa società ne promosse un altra simile circa
»
il 1530. Era ella composta di quattro soli medici, che
»
solevano radunarsi nella bottega di uno Speziale, presso la
»
Chiesa ora soppressa di S. Apollinare sulla piazza di Firenze,
»
ed erano Liccardo Giacobini, Jacopo Mini, l’Atanagi,
»
e Pierfrancesco Paoli – Si dichiararon questi contro quella
»
setta di medici chiamati Arabisti, i quali leggendo alterati
»
nelle traduzioni provenienti dall'Arabi i testi d’Ippocrete,
»
Galeno,
e degli altri Greci maestri, depravavano con
»
dottrine erronee la pratica dell'arte Esculapia »
(13)
Magelli scrive per Cosimo II – Ma Cosimo II saliva al trono Toscano
nel 1609, e quest'istruzione e stampata dall'autore nel 1576 --
Daltronde Cosimo I era attaccato da paralisi nel 1573 – Dal che
chiaro resulta l'errore nel quale cadeva il Magelli.
(14)
Pietro Mercati moriva nel 1585 – Fu sepolto nella Chiesa di S.
Francesco in S. Miniato ove leggasi la seguente iscrizione lapidaria
–
Petro
Mercato
Philosofo, et Medico praestantissimo
Qui bonas artes prudentia, fida, et religione
Ornavit,
Philosofo, et Medico praestantissimo
Qui bonas artes prudentia, fida, et religione
Ornavit,
Domi
clarus fuit, foris honoratus
Pio V et Gregorio XIII
Summis Pontificibus
Cognitus, et. gratus
Michael, et Franciscus filii
Parenti optimo posuere.
Pio V et Gregorio XIII
Summis Pontificibus
Cognitus, et. gratus
Michael, et Franciscus filii
Parenti optimo posuere.
Vixit
annos LXXI, dies XIII
Obiit idibus maji MDLXXXV.
Obiit idibus maji MDLXXXV.
[31]
(15)
Per amor di verità importa notare un'errore cronologico nel quale è
Caduto il Magelli nei pochi cenni sulla vita del Mercati premessi
alla Metalloteca «ivi»
Annum agebat
»
Michael septimum supra vigesimum, cum Ferdinandus I Ma-
»
gnu; Dux Etruriae, ut benevolentiae et amoris sui in Mer-
»
catum eruditionis fama ubique jam celebrem aliquod extaret
»
monumentum, inter nobiles illum Florentiae familias adscri-
»
ptum voluit » Ora il 27mo anno di vita del Mercati corrisponde al
1568 – e Ferdinando I saliva al soglio Granducale nel 1587.
D'altronde la deliberazione del Consiglio della Repubblica Fiorentina
è in data del 1585 epoca in cui regnava Francesco, e che equivale al
44mo anno della vita del Mercati.
(16)
Provvisioni del Senato dal 1577 al 1601 Classe II Distinz. l num.
222.
In
Dei nomine amen
Anno
Domini nostri Jesu Christi ab ejus salutifera Incarnatione MDLXXVII
Indictione VII die vero XIX julii, tempore sanctissimi in xpo.
patris, et Domini nostri, Domini Gregorii divina previdentia Papae
XIII, Francisco Mediceo Magno Duce Etruriae secondo dominante.
In
consilio Ducentorum virorum Reipub. Florent. in palatio Ducali more
solito congregato pro finali conclusione fuerunt obtemptae
provisiones infrascriptae ec. ec. ec.
Ed
a pagine 82, e 83
A
dì 20 Dicembre 1585
Il
Serenissimo Granduca di Toscana e per S. A. S. li Molto Magnifici, et
Clarissimi Signori Luogotenente et Consiglieri del la Repubblica
Fiorentina ec.
Avertendo
alla gratia speciale di S. A. S. et al mandato fatto d'ordine di
quella per il Magco. M. Piero Conti suo Segretario sopra il doversi
deliberare et far partito per le SS. loro Clarissime, che M. Michele
et Francesco di M. Pietro Mercati di S. Miniato al Tedesco sieno
descritte a gravezze in Fiorenza et fatti habili alli offitii della
Città et fuori con ordine perciò quanto convenga, et havendo
examinato le preci di [32]
detti M. Michele, et Francesco (a – Si
noti che questa maniera è usata in tutte le deliberazioni di quel
tempo, e che non le domande dei Mercati, ma la volontà del Regnante
provocarono questa deliberazione.),
et quanto appresso si sia detto essendo stato esposto per parte loro
che il prefato M. Pietro loro padre fu Medico, fisico, et si esercitò
con buona reputazione nella detta Terra di San Miniato dove acquistò
et lasciò beni alli detti sua figli: et andando in particolare il
prefato M. Michele come medico fisico seguitando così le sue
vestigia con aver superato di gran lunga le fatiche et opere di detto
suo padre poiché si è trovato a servire con l’exercitio suo li
due Sommi Pontifici passati Pio V. et Gregorio XIII. di gloriosissima
memoria et ancora si trova di presente al medesimo servitio di Sisto
V Sommo Pontefice, et che per tal conto è stato riconosciuto con
molti honori et gratie dandoli benefitii di Pensione et Uffitii per
il che ha da qualche tempo in qua aquistato assai facultà nella
detta terra di San Miniato le quali cose sono state e sono di
splendore et dignità in la detta loro terra et nella loro casata, et
famiglia et nella persona in somma di detto M. Michele, et Francesco
suo fratello avendo egli le medesime facoltà et privilegii
precedendo cosi tutto dalle virtù et esercitio del padre loro, et di
detto M. Michele, come di sopra, et volendo perciò far loro gratia
speciale mediante la commissione di S. A. S. fatta a favore loro al
etiam per loro dignità et honore haevendo quella sempre rispetto non
solo alla conservatione de sua sudditi ma relevare quelli che sono
meritevoli per le loro virtù, opere et. facoltà insieme. Però
servate le cose da servarsi et ottenuto il partito secondo gli ordini
deliberorno, et deliberando dichiarorno providero et ordinorno quanto
appresso cioè
Che
per virtù del presente decreto s'intenda essere et sia dato facoltà
et concesso alli detti M. Michele et Francesco di potere levare tutti
Ii loro beni dal libro dell'estimo di quei luoghi ove sono di
presente et farsi descrivere il gravezze con tutti li detti loro beni
per la Città di Fiorenza, et quello pagare alla regola delli altri
Cittadini fiorentini, et perciò [33]
commesseno alli offitiali di Monte et a chi s'aspetta che li faccino
descrivere, et mettere sotto quel quartiere et Gonfalone che loro si
eleggeranno, et inoltre che li detti M. Michele et Francesco possino
et devino essere ammessi alla Civiltà di Fiorenza e cosi fatti
habili descripti et. ammessi con tutti li offitii, benefitii, honori
et dignità della detta Città, et fuori di essa per potere et dovere
quelli havere et godere si come sono soliti gli altri Cittadini
fiorentini; Volendo et intendendo le prefate SS. loro Clarissime che
tutto sia loro osservato inviolabilmente in quei Magistrati, et
offitii che si ricercano, et per quelli Ministri o altri a quali ciò
fare appartiene et però a cautela ne comandorno a ciascuno di assi
respettivamente l’inviolabile osservanza non ostante qualsivoglia
altra cosa in contrario et con la tassa ordinaria per doversi quella
pagare prima et avanti in ogni cosa in quei luoghi et dove si aspetta
et tub to in ogni miglior modo.
Mand.
Alessandro Mainardi Canc. ec. cc.
Dalla
I. e R Direzione dell’Archivio Centrale di Stato
(17)
Lettera del CARDINALE IPPOLITO ALDOBRANBINI assunto poi al
Pontificato col nome di CLEMENTE VIII.
a
tergo » Sanctis. Domino Nostro Sixto V.
entro
»
Beatissimo Padre
Potrà
ben la Santità Vostra, senza il mio testimonio, solo leggendo il
libro di Monsign. Mercati, Protonotario Apostolico, degli Obelischi
di Roma, che ora Egli dedica a Vostra Beatitudine, conoscere di lui
una grandissima erudizione, et una cognizione esattissima delle
istorie antiche, et una osservazione minutissima, et diligentissima,
non solo delle cose, ma dei tempi, dei luoghi, et di tutte le altre
circostanze, et un'acume d'ingegno grandissimo nel conjetturare
quelle cose, le quali o la poca diligenza degli Scrittori antichi, o
l'ingiuria [34]
del tempo ci ha lasciate molto oscure, et un giudizio gravissimo nel
metodo, et disposizione di tutta l'opera. Ma senza il testimonio mio,
o d'altri, che l’havesse veduto, come ho fatto io, difficilmente
potria, se io non m’ inganno, Vostra Beatitudine sapere quello, che
a me è parso, et parrà sempre degno di molta maraviglia, come in un
viaggio tanto lungo, et tanto travaglioso habbia Egli potuto
sottrarre tante ore alle cure convenutegli per bontà sua havere nel
viaggio, che sono state molte, et non punto leggieri, havendolo
adoprato in questo negozio della pace bene spesso in molte, et
diverse occasioni, et anco a proprio sonno, et senza aiuto di altri
libri, che di quello della propria memoria, et della diligente
osservazione fatta negli scrittori antichi, et antichissimi, et
cavare dalle tenebre dell'oblivione materia sì astrusa, et quasi già
totalmente uscita non solo all'età nostra, ma a molte superiori
della memoria degli huomini, stimolato solo da un ardentissimo
desiderio, che porta fisso nell'anima di celebrare sempre, quanto
potrà, le azioni veramente eroiche della SANTITA' VOSTRA. Di che le
posso far'io certissimo testimonio, siccome fo, poiché i
ragionamenti suoi tenuti in questo tempo meco non hanno quasi mai
riguardato altro oggetto, che questo. Se io non sapessi, quanto la
SANTITA’ VOSTRA ama gli huomini dotti, e particolarmente Monsig.
Mercati, il quale insieme con la moltiplicità delle Scienze ha anco
congiunta molta prudenza nelle azioni, et una grandissima bontà di
vita, et candidezza di costumi, ardirei di supplicare Vostra
Beatitudine a ricevere con grato animo et il libro, et l’autore del
libro; ma sapendo quanto Ella intrinsecamente lo conosca, et ami,
giudicando superfluo, cesserà da questo, non lasciando però di
supplicarla, come lo umilissimamente, et con tutto l'affetto
dell'animo mio, a ricevere quest'opera ancora con tanta miglior cera,
poiché insieme riceverà un compagno, et se fosse lecito usare
questa parola un mio comperegrino in questo viaggio. Bacio con questo
fine a VOSTRA SANTITA’ con tutta quella maggiore humiltà, che io
posso, li Santissimi Piedi, sperando con la [35]
grazia di Nostro Signore Iddio Benedetto, poterlo fra non molto tempo
da poi fare di presenza.
D’
Olmuz alli XVIII di Marzo 1589
Di
VOSTRA SANTITA’ Umiliss. et Obligat. servo, et creatura
Ippolito
Cardinale Aldobrandini
(18)
Sed feliciter Occorrit nobis Michael Mercato: Miniatensis,
Protonotarius Apostolicus, Sanctissimi Domini Nostri intitimus
familiaris, celebris aetate nostra Philosophus, rerum naturalium
eruditissimus. , . . . ,
Baronius
– Saeculo I. pag. 171.
(19)
Lettera di S. FILIPPO NERI
a
tergo »
Al Molt'Illustr. e Reverendis. Mons. mio Osservandiss.
Il
S. Michael Mercati
S.
Miniato d'Alto Desco
entro
» Molt'Illustr. et Reverendiss. Mons. mio Osservandiss.
La
lettera di V. S. molt’illustre, e Re insieme insieme mi ha recate
molto cagioni di allegrezza; et la prima si è, che molto mi è
piaciuto intendere il suo arrivo costì a salvamento, et che il
viaggio non solo non li è stato molesto, anzi, principio di
miglioramento et accrescimento di sanità: Il che mi aggrada
grandemente, essendo uno dei maggiori desiderij, et cosa grata, che
mi potesse succeder di presente; l'altra cagione di contentezza è,
che non solamente ha Ella principio di acquisto di sanità, ma
(siccome scrive) va alla giornata acquistando; di che ne ringrazio il
Signore, sperando la totale recuperazione della pristina sanità, si
per l'amenità dell'aria, et delle persone da bene, et d'ingegno,
dalle quali avrà contentezza interiore, che aiterà a consolidare il
tutto. La sua Rocca di più, che le gusta per la vaghezza de'
giardini, de' salvatichi, de' pomarij, et altre vaghezze, che lei
gode mi recca similmente contentezza; perchè insieme con lei mi
contento, et allegro di qualunche vaghezza ivi si trova: et lei la
gode presenzialmenle, et io mi godo, che ella ne gioisca; et con
l'animo ho la mia parte della contentezza che ella ne prende. [36]
Mi aggionge consolazione l'intendere che le sorelle di lei, et spose
di Xpo tenghino memoria di me, et ancora più per la buo: mem: del
padre loro, il quale mentre visse, se li piacque haver, e spargere
qualche buon odore di me, quello procede dalla innata bontà sua, et
che egli era avvezzo a pensar bene, et parlar meglio di chi trattava
seco, la qual bontà ho sempre ammirato, et ora mi persuado, che egli
ne colga il frutto in Cielo, et l'istessa bontà havendo hereditato
sue figliuole facilmente seguiranno le orme di lui, le quali tutte
saluto con affetto santo, et di cuore godendomi, che la grazia del
Signore in esse verrà a perfezionar Ii doni naturali, si ehi:
cresceràno di spirito, e di virtu, il che desidero assai. Circa poi
quel personaggio, che desiderano sia assònto al sòmo grado, il
desiderio loro procedendo da buona, et semplice intentione, può
esser preso bene, ma mi par più sicuro, pregar in generale per
quello soggetto piacerà alla Divina Providenza concederci, et
restando tutto di V. S. le prego santa consolazione .
Di
Roma il di 3 di maggio 1591.
Di
V. S. Molto Illustr. et Illustr. et Re.
uff.
servo in C.
Filippo
Neri
(20)
La parola alto
Descum
trovata in questa epigrafe mi poneva in grave dubbio che l'aggiunto
al Tedesco
volgarmente dato a S. Miniato fosse errore di scrittura invalso e
ritenuto poi nel correr del tempo, o che invece dir si dovesse alto
Desco.
Osservati alcuni manoscritti antichi ho in quelli trovato questa
maniera di scrittura, usata pure come si vede da S. Filippo: Se si
rimonta alla ragione di questo aggiunto la troviamo certamente nella
istituzione della sede del Vicario Imperiale; ed appunto perché
Imperiale creduto doversi dire al
Todesco
secondo l'antica maniera, o al
Tedesco
secondo la moderna. Ma qui ed altrove veggiamo scritto d'alto
Desco.
Descum parola non latina, ma nata nei bassi tempi dalla mescolanza
delle varie favelle, e dalla quale il volgare desco,
si [37]
prende talvolta nella nostra lingua per seggio di governatore, (V.
Vocabol. della Lingua Italiana di Gina. Manuzzi) ed in questo senso
sembrami bene applicabile al caso nostro, perché con quella parola
si volesse indicare la sede dell'Imperiale Vicario, e così la
ragione di quell'aggiunto sarebbe ben più razionale. Mi riserbo a
decifrare questa questione, che ora ho accennata, in altro lavoro,
nel quale mi occorrerà di parlare di antiche cose spettanti a S.
Miniato.
(21)
Lettera
di Giovenale Ancina
Illustre
e Molto Reverendo Signore
Agli
molti obblighi vecchi, che io tengo con V. S. due altri nuovi mi
vengono aggiunti, l'uno della carità usata in mio fratello mezzo
Ophtalmico: l'altra del nuovo libro d'Avvertimenti suoi, quale mi è
stato gratissimo, e spero goderlo per la prossima settimana che sarà
legato: del che tutto quanto più posso, la ringrazio, e le ne bacio
reverentemente le mani. Quello degli Obelischi, pieno di tanta
erudizione, e grata varietà lessi già sin d'ottobre passato nella
mia convalescenza, e fecilo gustare saporitamente a certi Cavalieri
Napolitani, dotti, e curiosi di cose antiche più recondite. Hor la
prego, e scongiuro a voler quanto prima mandare in luce la
bellissima, rara, e divina sua Metalloteca, senza più indugiare per
non privare il mondo di tanto frutto; oltreché la morte viene, e
spesso rompe i disegni di molti anni passati. « Morte vi
s'interpose, onde ei no 'l fè. Memento,
quia mors non tardat.
» Eccls. 14 Con qual fine a V. S. e a Monsignor Frizzolio di tutto
cuore mi offro, e raccomando pregandole ad entrambi da Dio N. S. ogni
vero contento
Napoli
li 15 giugno 1590
Di
V. S. Illustre e Molto Reverendo
Devoto
servo obbligalissimo
Giovenale
Ancina
(22)
Cesalpino
Inter
caeteras enim lucubrationes Metallothecam Vaticanam miro ordine
construnt, loculis propriis singola corpora distribuens, ut [38]
ingens eorum turba absque ulla turbatione intuetibus praesto esset.
Eorundem imagines aereis typis imprimendas curavit, adjuncta
enarratione fecundissima ex omnibus Auctoribus tam priscis, quam
posterioribus collecta, ut desiderari quid amplius nequiret – Oh
haec superfluus videbatur labor hic noster, sed pro dolor! vix
confecit primum volumen, in quo de terris agit, salibus, aluminibus,
caeterisque congeneis, Sulphure, Bitumine, et Lapidibus quibusdam;
quando immatura morte preeventus, eaque inevitabili ob calculos in
utroque rene ingentes, ac numerosos, et quamplurimos alias in vesica
fallis repertos (quasi dum terme cunicolos rimaretur, in scipso non
absimi Iia procrearet) imperfectum opus relinquere coactus est. Deest
enim de Marmoribus tractatio, et de gemmis; et metallis: quo rum
sylvam esse quidem apud se in fragmentis quibusdam afferehat, sed
minus elaboratam. Hinc duxi ec.
Magelli
»
In dissecto demortui cadavere lapides duo in ureteribus haereutes
inventi sunt, quorum alter nucem avellanam mole aequabat; alter vero
proxime accedebat. In renibus minuti alii albicantes numero
sexaginta; in cysti autem fellea sex et triginta obscuri coloris, et
angulares qui ciceris magnitudinem referebat.
(23)
Lettera di Carlo Dati
a
tergo » All’ Illmo: e Revmo. Signor Abate Ottavio Falconieri
entro
»
Illmo e Revmo. Signore e Padron Colendiss.
Dalla
gentilissima di V. S. Illustrissima intendo, che la testa intagliata
del pesce Lamia, cavata da un Rame della Metalloteca Vaticana di
Monsignor Michele Mercati, ha mosso curiosità a V. S. Illustrissima
di restar pienamente informata delle qualità di quest'opera, e in
che maniera si trovi presso di me.
Di
Monsignor Mercati non perdo tempo a darle notizia, perché il valore
di esso, e l'opera degli Obelischi l'ha reso celebre, e
particolarmente in codesta Città – Anzi io spero da lei a suo
tempo qualche aiuto per far di questo letterato un [39]
breve elogietto istorico. Fra gli altri studi di questo prelato fù
quello delle cose naturali, e spezialmente delle Metalliche; onde
mentr'era al servizio di Sisto V Pontefice massimo formò nel
Vaticano una copiosissima Metalloteca, la quale poi descrisse in
lingua latina, secondo l'ordine, col quale era disposta, trattando le
principali materie con eguale curiosità, erudizione, ed eleganza, ed
adornolla di figure intagliate in Rame con estrema finezza, senza
guardare e spesa o diligenza veruta.
Prevenuto
dalla morte, non potette pubblicare detta opera, che già era
riveduta, e passata da' Superiori, e resa famosa dal testimonio
dell'Eminentissimo Cardinal Baronio nel Tomo I degli Annali
Ecclesiastici, dove tratta del vino mirrato dato in Croce a Gesù
Cristo Signor Nostro. Restarono dunque presso gli Eredi il M. S. ed i
rami, con grandissimo pericolo d'andar male, e furono più volte in
cimento di esser portati oltre i monti. Agli anni passati avendone io
qualche precedente cognizione, procurai di veder l'uno, e gli altri,
e talmente me ne invogliai, che avanti di restituirli, negoziai, e
conclusi la compra, con qualche mio scomodo, per la somma di 70
doppie, e num. 12 copie, quando l'opera si fosse stampata. Fatta
diligente rassegna dei Rami finiti, abbonati, e rifatti, che in tutto
sono 130 non trovo, che vadano in opera se non 118 e farsi altri due,
dei quali non mi assicuro. Ben'è vero che il rame degli Armari, per
i quali si distinguono i trattati, e le materie, va replicato
parecchie volte con diverso titolo, in tal maniera, che in ogni
volume compariranno in tutto 130 figure, o poco meno, ma fatte per
eccellenza, è certo, che a farsi costarono più di mille piastre.
La
stampa sola a farne 500 solamente, cioè 400 in carta di pesto lino,
e 100 in carta reale, importerà almeno 200 doppie; e se i fogli
ricrescono non basteranno cc.
Per
essere questa galleria stata eretta in Vaticano, e perciò Vaticana
intitolata, a diletto, e spese di un Sommo Pontefice, il mio concetto
era, pubblicandola, consegnarla al nome glorioso del Regnante
Pontefice ottimo massimo, e riempire i vuoti [40]
delle armi Pontificie, con le insegne trionfali di Casa Chigi.
Non
mi resta se non un buon desiderio, e un godimento di avere assicurata
quest'opera degnissima, perché altri, quando che sia, abbia miglior
fortuna di pubblicarla.
Questo
è quanto posso significare a VS. Illma. in questo proposito; alla
quale oltre il frontespizio, e la veduta, invio anche il ramo della
Zolfatara, che è il maggiore di tutti. Gli altri sono mezzani, e
alcuni piccoletti.
Di
Firenze 6 novembre 1666
Di
VS, Illustrissima
Servo
devotmo. obblmo:
Carlo
Dati
(24)
I libri di Prospero Alpino, contemporaneo del Mercati, riguardano più
particolarmente la Botanica, e sono – De
medicina Aegyptiorum
– De
Planltis Aegypti
– De
Plantis exoticis
– De
Rhapontico
– L’
istoria naturale dell'Egitto
da esso scritta, e la cui prima parte soltanto ha veduta la luce nel
1735 in Leyden – L’opera dei Metalli del Cesalpino fu stampata
dopo la morte del Mercati, quando quel grande Italiano viveva in Roma
succeduto al Mercati nel posto di Archiatro di Clemente VIII –
L'Aldrovandi poi, da Buffon chiamato il più laborioso, ed il più
dotto dei naturalisti, non vide stampati che soli quattro volumi dei
tanti che sovra ogni parte di storia naturale sveva composto, e
moriva oltre il 1600 – Perciò il Mercati nel dettare la
Metalloteca non aveva niun modello contemporaneo a seguire, e quella
dobbiamo riguardare siccome veramente originale –
Nessun commento:
Posta un commento