di Giancarlo Pertici
I
“SANTUARI” DEL GIOCO
…e
noi bambini, anni '50 e paraggi, testimoni e ….officianti…
PARTE
PRIMA DI CINQUE
Non
è, e non vuole essere, un racconto anche se ne contiene un buon
numero. E' un viaggio nella memoria di un bambino anni '50 alla
ricerca di giochi dimenticati e di quella magica atmosfera che ha
contribuito a farne sopravvivere la memoria fino ad oggi, anche con
l'auspicio che susciti il contributo e la memoria di altri bambini/e
di quel periodo.
C'erano
dei luoghi nella nostra infanzia, quella dell'immediato dopo guerra,
dedicati al gioco… al gioco libero… creativo…. Spazi Liberi.
Giocattoli e giochi costruiti direttamente da noi bambini… per
strada… nella natura. Giochi… trasmessi di generazione in
generazione... imparati dall'altro…modificati e adattati ai nuovi
ambienti e alle nuove abitudini. Era il piacere di fare parte di un
gruppo, di mettersi alla prova, di riuscire a superare le difficoltà
quello della nostra generazione.
Generazione
Fortunata… dopo anni di privazioni, sofferenze, miserie amplificate
dal ventennio fascista che condusse i nostri padri e i nostri nonni
al disastro della guerra… Fortunata perché nasceva in un clima di
euforica ricostruzione sospinta dalla fondata speranza, quasi una
certezza, di un futuro migliore potendo contare su un fattore del
tutto nuovo rispetto al passato: La LIBERTA'.
Libertà
di cui le successive generazioni non hanno più potuto fruire
realmente, perché definitivamente defraudate in nome del progresso
da una società genuflessa al Dio della motorizzazione di massa che
ha occupato ogni spazio urbano, invaso il nostro ambiente e
contaminato irreversibilmente le abitudini. Libertà la nostra goduta
‘inconsapevolmente' a pieni polmoni… come aria che si respira…
non una conquista… per noi che ci siamo nati dentro. Libertà degli
atti quotidiani i più semplici… senza la presenza assillante degli
adulti… poche raccomandazioni… liberi sempre dell'ultima scelta.
Era uno sciame il nostro che, iniziando già dal pomeriggio durante
l'anno scolastico, in piena libertà si riversava “fuori”…
girava, saliva, volteggiava, gridava, rideva ogni dove… pochi
limiti di tempo e di spazio. L'assenza degli adulti evidente… i
padri fuori a lavorare... le madri in casa indaffarate a “tenere”
il fuoco… a fare scorta di acqua… a tutti quei lavori domestici
lunghi e faticosi, soppiantati poi dall'avvento degli
elettrodomestici. E noi in gruppi più o meno piccoli ‘liberi' fino
all'ora limite… quella del rientro a casa… l'ora di cena…
padroni assoluti dei nostri spazi, dei nostri angoli, “liberi” di
vivere, sognare, creare, trasformare i nostri spazi in … “Santuari
del Gioco” rispettati da noi bambini e dagli adulti.
C'era
negli anni 50 un quadrilatero, nello Scioa (“noi di qua”)
(assimilabile a qualsiasi quartiere come a qualsiasi piccolo borgo)….
noi allora bambini e ragazzi…, il cui valore “da tutelare”
poteva essere paragonabile a quello di “patrimonio dell'umanità”
… Quadrilatero nel concreto costituito da Piazza Santa Caterina –
Sotto il Ponte – Pian delle Fornaci – Scacciapuce – entro il
quale ci sentivamo chiamati a fare quel lavoro che ogni bambino ha il
“diritto” di fare: il GIOCO. Che poi i confini non fossero rigidi
andava anche bene, ma era in questi luoghi da noi considerati “sacri
al gioco” che potevamo essere sempre trovati, recuperati, cercati
da genitori e familiari …sempre sotto controllo diretto della rete
tessuta di buon vicinato, anche se condotto con molto tatto e molta
discrezione.
– Il
Gioco delle Cappe (palline di terracotta colorate) – Sotto il Ponte
–
E'
lì “Sotto il Ponte”, proprio sotto quell'arco, che unisce casa
Migliorati con una terrazza e un giardino pensile alla sottostante
valle di Gargozzi, che ci ritroviamo se piove, se tira vento di
tramontana… qualche volta in estate quando il sole alto nel cielo
ci cuocerebbe anche il cervello. L'orario è sempre variabile…
diciamo dopo pranzo e da lì in poi per tutto il pomeriggio. Siamo i
soliti… di età variabile… tutti dello “Scioa” o quasi… per
giocarci una partita a “Cappe”… quelle palline di terracotta
colorate che vende sia il Giorgi sia Pietro di' Menichetti. Quando
vai in bottega da loro non ti puoi sbagliare le tengono dentro due
enormi vasi di vetro, le puoi contare tutte… ti piacerebbe
scegliere le più belle per avere un “Boro” di peso, arma
vincente, ma ti devi accontentare di quelle che a sorte ti toccano.
L'unico che non gliene importa un baffo delle palline del Giorgi o di
Pietro è Berto di' Ferlin… lui non le compra mai, siamo noi a
comprarle e lui ce le vince quasi sempre, quasi tutte. E noi
imperterriti continuiamo il nostro gioco… noi, e cioè Orlando di'
Gnoppa, Giancarlo Turini, Franco Geri, Piero Biagioni, Io Giancarlino
di Eda, Gianfranco Matteucci, Paolo di Baggiacco, Giuseppe di'
Gnoppa, qualcun altro che non ricordo e chi ogni giorno si aggrega
come Alberto il Cingottini, Beppe di' Baglioni, Alberto Cheti…
qualche volta anche se indesiderato “Cione” un po più
grandicello di noi. Si gioca a Cappe, ognuno posta la sua (un
castelletto di 4 palline come usavano già gli antichi Romani)
proprio al centro del Ponte e tira per primo chi riesce con il
proprio Boro ad avvicinarsi di più alla linea di partenza,
all'altezza dell'arco esterno.
Non
sempre Berto si piazza per primo, ma quando arriva il suo turno a
tirare difficilmente fa cilecca… recupera sempre la sua e vince
qualche cappa, a me soprattutto che ho ben poca mira. Quando il tiro
è troppo ravvicinato allora il tiro deve essere fatto stando in
piedi ben eretti e lasciando andare il Boro dopo aver preso la mira
tenendolo all'altezza del naso. Berto non sbaglia mai un colpo. Al
secondo giro qualche volta si raddoppia la posta… ognuno piazza due
Cappe… si fa prima a perdere. Dopo pochi giri mi ritrovo con solo
qualche pallina inutilizzabile, senza un soldo in tasca e con tanta
rabbia in corpo che scarico frantumando le residue palline contro il
muro del Migliorati e andandomene a casa piangendo. Quando poi entra
in gioco Cione allora sono guai in vista per tutti, con quelle gambe
lunghe e quei bracci arriva fin sopra le Cappe e le prende sempre.
“Sei un leggino” grida Berto indispettito contro Cione, e si
ritira dal Gioco seguito dagli altri.
E
mentre giochiamo, da ‘Sotto il Ponte' transita tutta quella gente,
uomini e donne, che da Calenzano viene in città passando per lo
stradello di Casa Giusti, su per le scalette e davanti a Frillo per
sbucare in Via Pietro Bagnoli. La noti appena, quando rasentando il
muro passa oltre… spesso non prima di aver atteso che tu abbia
fatto il tuo tiro per non infastidire…, a volte te ne accorgi
perché chi ti conosce saluta, domanda di babbo e mamma. E' un
passaggio mai invadente, …rispettoso dei nostri spazi e dei nostri
giochi. Rispetto di cui nel momento non tieni conto. Solo col passare
degli anni, delle abitudini. degli spazi, … adulto… ne fai
memoria.
– Il
Giro d'Italia coi tappini – Sotto il Ponte … da Frillo –
Se
poi da “Sotto il Ponte” in senso stretto prosegui la corsa ti
ritrovi giusto davanti a casa di Frillo, forse 20 metri appena, e
all'altro lato il fienile che nel pomeriggio dona ombra a quella
piccola conca a mezza strada dalla casa Morelli, dietro al podere del
Giusti. In quello slargo, perché di questo si tratta, composto di
sabbia tufacea depositata dalle piogge nel punto più basso, è un
po' come giocare al mare sulla sabbia (e chi ci era mai stato! In
quei primi anni 50!). Si aspetta sempre che Frillo esca con il Bove e
il carro dalla stalla per essere sicuri di avere il campo libero.
Inizio dei giochi, o meglio inizio delle costruzioni… per il nostro
“Giro d'Italia” , corsa a tappe che ogni giorno richiede percorso
diverso da costruire nuovamente. Per mezzo di strumenti semplici come
le mani si modella tutto il tracciato, piccole salite… qualche
galleria (un barattolo vuoto e sfondato), e tanta fantasia a volontà.
Quasi una corsa contro il tempo come quando oggi si preparano i campi
di gara per una olimpiade o per un campionato del mondo… e noi
prepariamo il nostro “Giro d'Italia”. Ai nastri di partenza Coppi
e Bartali, ma anche Luison Bobet, Koblet, Nencini… le migliori
biciclette del momento targate… o meglio “stappate” Coca Cola,
Birra Peroni. Generosa… che diventano le casacche che indossano i
corridori in gara, alloggiati alla bene meglio nella parte interna
del Tappino. Il dito medio rilasciato dopo contrasto con il proprio
pollice è un “biscotto”. A forza di biscotti impressi al proprio
corridore… tra uscite di strada, sorpassi, squalifiche, rimonte, si
giunge fino al traguardo... per un vincitore di Tappa e per assegnare
la Maglia Rosa costituita quasi sempre da un tappo speciale, il più
bello e il più grande, un tappo tipo quello dei primi omogeneizzati
della Nipiol Buitoni, o giù di lì. Non mi ricordo di aver mai vinto
una tappa, ma di aver tifato spesso per Koblet… o comunque questo è
il nome rimastomi impresso nella mente fino ad oggi, per un gioco
incruento dove la mancata vincita non escludeva mai dal gioco
successivo, come invece avveniva per il gioco a “cappe” quando
avevi esaurito le tue palline di terracotta.
…davanti
a Casa Morelli …sempre Sotto il Ponte –
Tra
la casa di Paolino Morelli e il podere Giusti c'è sempre stato e c'è
ancora un piccolo rettangolo libero, non recintato che mette in
comunicazione le due case. Ci si giunge sempre partendo da Frillo,
un'occhiata in alto verso la Casa delle Bricciche attratti
soprattutto dai miagolii insistiti e ripetuti delle decine di gatti
che lì abitano, penzolano dalle finestre, si affacciano alle
inferriate, dormono sui davanzali. Sono dappertutto. E' uno
spettacolo che ci attira irrimediabilmente ogni volta, come fosse la
prima… quasi il timore che qualcuno ci caschi in testa… seguito
spesso dalle imprecazioni di una delle sorelle che immancabilmente ci
urla contro “Che c'avete da guardare??”. E noi via di corsa! a
volte rasentando il muro, a volte quando siamo in gruppo rischiando
di finire nella fossa dalla parte opposta. Ce ne accorgiamo subito,
...le gambe ignude ...a contatto con l'ortica che durante quasi tutto
l'anno invade tutta la fossa, quasi fosse casa sua ...pronta a
lasciare generosa i segni. La rammento tuttora quella fossa, e
all'altezza di Casa Morelli il callare, a raccogliere le acque
fluviali, presidiato nell'angolo da un sambuco, ...maestoso, anche
generoso … a donare le sue “canne” che fumiamo imperterriti,
come fossero sigari o sigarette. Che giramenti di testa!! E Davanti a
Casa Morelli ci ritroviamo, senza un vero programma preciso, senza un
gioco fisso… (non ne ricordo nessuno in particolare) quasi sempre
perché attratti anche se inconsapevolmente dalla posizione. Siamo
spesso ai primi di Marzo, in quell'angolo protetto dal muro di cinta
del Bastardaio, in una conca lontana dai venti di tramontana, ma
anche da quelli di maestrale… temperatura ideale, i primi caldi a
ristorare dai brividi di freddo, noi sempre vestiti a gambe ignude.
C'è anche un ulivo non giovane, ma piccolo di fusto con una grande
forcella sulla quale è facile issarsi e sedersi, proprio nell'angolo
a confine con la carciofaia di' Dainelli. Faccio le corse per
arrivare primo, mi ci isso mentre chiacchieriamo, e resto li ad
ammirare gli altri intenti in qualche gioco. Poi basta un'idea, l'ora
della merenda… o il Giusti a farci scendere da quell'Ulivo e da
nostri sogni. Si parte per altra destinazione, per altro programma …
che ci porti all'ora di cena.
FINE
PRIMA PARTE
Foto
di Francesco Fiumalbi
Foto
di Francesco Fiumalbi
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