↖ INDICE S. MINIATO NELLA CRONICA DOMESTICA DI DONATO VELLUTI
09 [anno 1369] Assedio e presa di San Miniato
09 [anno 1369] Assedio e presa di San Miniato
«[…] Poi in sul mezzo luglio passò lo
'mperadore per la detta via, accompagnato da' detti ambasciadori e nostra gente
d'arme infino al detto contado di Bologna, essendo anche presentato e onorato
molto dal nostro Comune; di che molto rimase contento e appagato del nostro
Comune, molto parlando intorno a ciò bene e altamente. E vero che lasciò suo
vicario di Lucca e di Saminiato il detto Cardinale di Bologna, non
ponendo niente in sodo la discordia ch'era tra 'l nostro Comune e' Saminiatesi,
i quali innanzi la venuta dello 'mperadore in Italia s'erano rubellati dal
nostro Comune, e cacciati messer Giovanni Mangiadori e messer Piero
Ciccioni ed altri loro terrazzani, e Attaviano di Boccaccio Brunelleschi
che v'era Capitano di Guardia e di popolo per patti ch'erano tra l'uno Comune e
l'altro, bene furono molti che l'abominarono essere fatto con sua coscienza, e
'l castellano v' era per lo nostro Comune; e isdegnato il Comune nostro di ciò,
per essa cagione ci ebbe più ragionamenti tra essi Comuni, i quali non ebbono
alcuno effetto, perchè non s'assicuravano di noi: di che s'accostarono col
detto Giovanni dell'Agnello e co' Pisani, facendosi suoi accomandati, e poi
nella venuta dello 'mperadore si diero a lui, e poi col detto Patriarca, quando
venne in sul nostro contado, isforzatamente vennono collui, faccendo più danno
ch'altra gente; di che non essendo posto in sodo 'i detti fatti per lo
'mperadore, essendo stati collui molti ragionamenti ma lasciatoli sospesi,
venne caso che subitamente uno dì levarono le 'nsegne della Chiesa; di che in
Firenze se ne prese grande cruccio. Mandaronsi al Cardinale, ch'era a Lucca,
certi ambasciadori a dolersi, e vegnendo a certi ragionamenti di concordia col
Cardinale e co' Saminiatesi, ed essendo assai di presso in Firenze, si
fece un grande consiglio sopra ciò: di che, reggendo partito lo 'mperadore e 'l
Papa assai che fare co' Perugini, i quali con loro gente e con una compagnia di
messer Fracco e d'Anisi tedeschi e messer Giovanni Aguto inghilese che n'erano
capitani, e aveano bene MMM cavalli, soldata per messer Barnabò in servigio di
Perugini, cavalcarono il Ducato e 'l Patrimonio, e a Viterbo e Montefiascone,
ov'era allotta il Papa, si mosse una furia matta di cittadini a volere e
consigliare si ponesse l'oste a Saminiato, sperando non potere avere
soccorso. E così seguì, che d'agosto 1369 andò l'oste a Saminiato, e più
castelli di piana concordia si dierono al Comune, e posta l'oste, vi si dié il
guasto, e fecivisi grande danno. Di che il Cardinale da Lucca, ch' è uno grande
gentilissimo uomo di Francia e signore egli e' suoi di Bologna sopra la Mere in
Francia, isdegnò forte di tanto inganno. Di che ricorse per aiuto a messer
Barnabò; e messer Barnabò, ch'avea quasi per fermo per suoi ambasciadori,
ch'erano col Cardinale
di Vignone fratello carnale del Papa e Legato in
Bologna, Romagna e Lombardia, certo trattato che teneano, che veggendo il Papa
essere abbandonato da' Fiorentini e fatto beffe di lui della lega promessa, e
essere cavalcato da' Perugini e vituperato, s'accordava col detto messer
Barnabò, di fare che, dando certa quantità di danari al Cardinale da Lucca e
allo 'mperadore, egli sarebbe fatto vicario di Lucca e di Saminiato; e
egli promettea al Papa, che farebbe ch'egli avrebbe Perugia e le sue castella,
e promettea dargli a ogni sua richiesta M cavalieri, e non fare contra alcuna
terra della Chiesa: e messo questo in effetto, il Papa si dovea tornare
oltremonte. Di che messer Barnabò, avendo questo quasi per fatto, non si curò
niente del Comune di Firenze di patti ch'avesse collui; anzi, come disleale e
traditore, e come persona che si credette essere in poco tempo signore di Firenze
e tutta Toscana (e bene gli venia fatto), mandò subitamente uno suo consorto,
capitano di più di VIc cavalieri, al Cardinale di Lucca. Di che sentendosi in
Firenze, e dicendosi di maggiore gente, si levò l'oste da Saminiato,
avvegnadio che con assai disagio vi
stessono, e tornarono nelle castella d'intorno, e lasciaronvi uno battifolle in
su le colline con ben VIc tra balestrieri e masinadieri: e immantanenti poi i Saminiatesi
levarono le 'nsegne di messer Barnabò, e la gente venuta a Lucca con quella del
Cardinale vennono poi per fornire Saminiato; ma la gente nostra si fece
incontra infino a Cigoli; per la qual cosa que' del Cardinale si
tornarono addietro; per la qual cosa la nostra gente anche si partì, ma la loro
non essendo partita tutta, con alcuna quantità di vittuaglia ne vennono a Saminiato;
ma in quello mezzo ne fu tolta grande parte da que' delle nostre castella, sì
che con poco v'entrarono, e partironsi l'altro dì; e puossi dire che più ne
logorarono, che non vi misono. In questo mezzo per lo Comune nostro si
mandarono a messer Barnabò ambasciadori, i quali non poterono ismuovere, anzi
immantanente mandò poi qua uno suo ambasciadore a richiedere ci levassimo da
oste, e rendessono le castelle avute, e a rifermare la compagnia predetta. Di che
veggendo ciò, e prendendo consiglio sopra ciò, per tutti d'un animo si prese,
si facesse lega colla Chiesa, e crearonsi ambasciadori al Papa, al Cardinale di
Vignone, a quello da Lucca, a Pisa, a Genova, a Siena e a Perugia, e che 'l
Comune si facesse forte di gente d'arme. Di che cavalcati gli ambasciadori al
Papa, ch'era a Viterbo, e poi colini a Roma, dopo molti ragionamenti si rimise
nel Papa tutto; di che all'uscita d'ottobre si fece la lega collui di MMM
cavalieri, e 3000 tra balestrieri e masinadieri, e mettere la Chiesa VIIIc di
ciascheduno, e l'avanzo noi, e per V anni, e' I sezzaio dì d'ottobre di ciò se
n'ebbe novelle; di che se ne fece falò e grande allegrezza, e licenziò il Papa
la tratta del grano di tutte sue terre, che valea in Firenze più di soldi XL lo
staio, e scrisse al Cardinale da Lucca una stretta lettera sopr' a' fatti di Saminiato
e l'aiuto ch'avea invocato di messer Barnabò nimico di Santa Chiesa e de'
Fiorentini. In questo mezzo il Comune si fece forte di gente d' arme, e tolse a
soldo da dumilia paghe, oltre a mille n'avea, tra' quali furono da Vc lance,
che montano da MVc paghe, che si trassono della migliore gente fosse nella
compagnia del detto messer Fracco, i quali giunsono in Firenze da M o più, a
l'uscita di novembre 1369: i quali si scrissono immantanente; e dovendone parte
andare in Valdinievole, per essere a posta e richiesta del Cardinale di
Bologna, ch'è in Lucca vicario per lo 'mperadore, contra cui era scoperto uno
trattato facea messer Barnabò, che fidandosi di lui e sua gente, e avendo il
suo aiuto di bene M cavalieri, e tutto dì ne veniano a Sarezzana di gente
d'esso messer Barnabò, sotto pretesto che 'l Cardinale, con essa gente e colla
compagnia d'esso messer Fracco e d'Anisi e di Giovanni Aguto, la quale ne venia
per lo contado di Siena in quello di Pisa, congiunta insieme, fornisse Saminiato;
e l'ordine e 'l trattato era, ch'essa gente dovesse pigliare il Cardinale e
correre Lucca per messer Barnabò, e poi fornire Saminiato, e la
compagnia prendere Livorno, e poi ingegnarsi d'avere Pisa e fare muovere guerra
agli Ubaldini, sì che a uno tratto si rompessono le strade di Mugello e da
Pisa, sì che grano non potesse venire a Firenze né da Pisa né da Bologna e
Romagna, onde si forniva Firenze, e per consequentemente affamare Firenze, e
colla detta gente scorrere il contado di Firenze; e così in poco tempo gli dava
il cuore d'avere Firenze. E per certo gli venia fatto, se non fosse che 'l
detto trattato si scoperse per uno brieve fu trovato; di che il Cardinale, di
subito, avuta certa gente da messer Piero Gambacorti di Pisa, di che fornì
l'Agosta di Lucca, e intesosi col Popolo e' Guelfi di Lucca, fece correre
Lucca, e gridare: « Viva il Cardinale e 'l Popolo! » Di che fece prendere
messer Giannotto de' Visconti di Melano, ch' era capitano d'essa gente di
messer Barnabò, con più di XXV caporali e uno grande ricco uomo degli
Interminelli di Lucca, che tenea al detto trattato, e l'altra gente d'arme
d'esso messer Barnabò mandò fuori di Lucca, e' presi mise e inferriò nell'Agosta,
la quale gente di messer Barnabò si partì e tornò a Serezzana. Onde mandati
ambasciadori per lo nostro Comune al Cardinale per confortarlo, e a proferire
il Comune, e non avendo bisogno di gente d'arme, la detta gente nostra cavalcò
tutta a Saminiato e in quelle parti, però che il detto messer Giovanni
Aguto e Anisi colla detta compagnia era a Cascina di Pisa. E cavalcato il
Capitano nostro, o per sua immaginazione o per mandata a lui fatta di qua,
credendosi tenere loro danno, la notte di Santo Andrea il sezzaio dì di
novembre cavalcò con più di MMM cavalieri, e con molti fanti masinadieri
cavalcò verso la detta compagnia, e giunti il primo dì di dicembre in sul
vespero a Ponte a Era, o vero el Fosso, e intendendo ivi stare la notte, e la
mattina appressarsi a' nimici, i nimici, come molti avvisati, mostravano a'
loro ragazzini fare guadare Arno, e eglino erano tutti armati e schierati. Di
che essendo iti alcuni cavallari a provvedergli, vedendo in Arno cavalli e
credendo passassono l'Arno, subito tornarono addietro, dicendo che se ne
andavano. Onde la gente nostra, quanto fosse assai stanca, come troppa
volonterosa e sanza niuno ordine cavalcarono verso i nemici, e eglino essendo
provveduti e assettati, sanza troppo risisto sconfissono e presono quasi tutta
nostra gente, e fu ferito e preso messer Giovanni Malatacca nostro
Capitano. Di che poi il dì seguente sentito ciò in Firenze, n'ebbe grande duolo
e isbigottimento e assai riprensione, e giustamente, d'avere lasciata la
'mpresa dell'assedio, che costava e portava tanto, e andare in su l'altrui
contado a mettersi a tanto periglio e vincere soldati e mettere lo Stato nostro
a tanto dubbio. Dopo le quali cose in Firenze, vogliendo riparare il meglio che
fare si potea, essendo lasciati i soldati presi, avendo perduto l'arme e'
cavagli e ciò ch'aveano, si prestò loro danari, ed e' si rincavallarono e
armarono il meglio poterono, e venne poi in Firenze uno conte Luccio tedesco,
ch' era stato al soldo di Perugia con da secento uomini a cavallo e cavalieri da
Padova e Ferrara e della Chiesa; e mandossi per messer Ridolfo da Camerino
per Capitano, il quale giunse in Firenze a l'uscita di dicembre. In questo
mezzo la detta compagnia non ci cavalcò, né fece altra novità, sì per lo mal
tempo fu, o perchè avessono a ricevere alcuna cosa da messer Barnabò. E vero
che una volta vennono infino nel piano di Saminiato, e misono in Saminiato
alcuna quantità di grano, meno di cinquanta moggia, e poi si tornarono in
Cascina, e ivi stettono infino a' XXX dì di dicembre. E detto dì XXX vennono a Saminiato,
e misonvi alcuna piccola quantità di formento, con grande quantità di gente con
più di Vc cavalli, però che s'era congiunta con essa compagnia molta gente d'
arme, ch'era a Serezzana e venuta da Melano, e puosono detto dì campo in Elsa
sotto monte, e poi il seguente dì ne vennono a Montespertoli, e ivi puosono
campo, tenendo Poppiano e Lucignano, e assai danno ivi e per la contrada detto
dì e 'l primo di gennaio faccende. Poi il secondo dì di gennaio si partirono,
ardendo esse contrade e ville; e vennone per lo piano del Vergigno allo Spedale
della Ginestra in Pesa, e passarono pe' poggi nel piano di Settimo, il quale
piano scorsone infino al Ponte a Grieve, prendendo assai pregioni e bestiame, e
ivi stettono il detto dì e 'l seguente, ardendo dimolte case e faccendo grande
danno. Poi passarono l'Arno dirimpetto a Brozzi, scorrendo tutto il piano
infino a Rifredi, e stati ivi due dì, a' cinque dì di gennaio ne vennono
schierati infino a Rifredi, e corsone uno e vero due palj e fecieno quattro
cavalieri, tra' quali fu uno Melanese di que' della Postierla, il quale fatto
cavaliere trascorse verso Firenze, onde fu preso, poi stettono nel detto piano
tra in Peretola, Brozzi e San Donnino fino a nove dì, scorrendo d'interno,
faccendo assai danne e anche ricevendo; e a dì VIIII del dette mese innanzi dì
mutarono campo, ardendo le dette ville, e passando l'Arno nel piano di Settimo,
e andando verso la Lastra, e per Gangalandi infino a Malmantile, e poi scesono
in Pesa verso Quarantola, tenendo la notte campo di là da Pesa e di qua; e così
stettono tutta notte, faccende assai danno istande e andando. E vero che detto
dì in su la terza ardendo tuttavia le dette ville, e essendo armata tutta
gente, vennone messi da Saminiato con ulivi dicendo, e così fu vero, che
'l conte Ruberto da Battifolle, con altri che là giù erano e con nostra gente,
per trattato fatto per lo detto conte e messer Giovanni Mangiadori con uno
villano, il quale ruppe in essa notte dinanzi in su le dodici ore tanto
muro d'esso castello, che fece uno buco, tanto che per esso misse più di Vc
buoni fanti, e messi presono la piazza, e l'altra gente furono a la porta verso
Cigoli, e tra rompere e aprire, la detta gente entrò dentro, e corsero
la terra per lo Comune di Firenze, e presono de' maggiorenti dentro, e molti
n'entrarono nella rocca: di che, ardendo così nostro contado e stando in tanta
tribulazione, vegnendo tante grandi e magnifiche novelle quanto furono queste,
parve a tutti essere risucitati, faccendo di ciò grande festa e allegrezza,
sonando tutte le campane del Comune e di chiese, armeggiando più brigate, e
facendo molti falò il dì e la sera. Ma la rocca non s'ebbe se non a dì
XI in su le ventiquattro ore, e in questo mezzo non si scrisse a persona niuna,
né per lo Comune né per la Parte, mentre che la rocca non s' ebbe. Avuta la rocca,
si scrisse; e io, che mi ritrovai Capitano di Parte, ne mandai più lettere. A
dì X d'esso mese la detta Compagnia puose campo presso a Empoli; e l'altro dì,
a dì XI, passò tutta allato a Arno, e ritornarono in Cascina nel contado di
Pisa, onde erano partiti. [...]».
La Cronaca Domestica di Messer Donato Velluti,
scritta fra il 1367 e il 1370 con le addizioni di Paolo Velluti, scritte fra il
1555 e il 1560, a cura di
Isidoro del Lungo e Guglielmo Volpi, G. C. Sansoni Editore, Firenze, 1914, pp.
278-290.
Domenico Maria Manni, Cronica
di Firenze di Donato Velluti. Dall'anno MCCC in circa fino al MCCCLXX,
stampata in Firenze nel 1731. Frontespizio.
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