di
Alberto Vincenti
Sempre accanto all'odierna casa Romagnoli in Via Paolo Maioli a piano terra abitava IL LILLINO
Accanto a casa mia abitava il Lillino e come lascia immaginare il nome era un omino che non superava il metro e quaranta, con due baffetti spelacchiati e con un occhietto vispo di giorno e lucido la sera dopo cena.
Nelle caldi serate d’estate dell’immediato dopoguerra, quando ancora non eravamo schiavi della televisione, la gente usciva a veglia sul proprio portone di casa e con due o tre sedie impagliate si mettevano a chiacchierare ricordando le vicende della guerra che era appena finita. Verso le nove e mezzo usciva anche il Lillino.
Prima di scendere in strada si soffermava sullo stipite del portoncino di casa e accendeva un mozzicone di sigaro buttando in aria nuvole di fumo. Prima ancora di vederlo si udiva la moglie che gli gridava dietro da fondo la cucina: “anche stasera tu ha’ scolato mezzo fiasco…bellino bah… io mi do da fa e te un te ne fai ne qua e ne la…a te ti basta di be’...” Il Lillino si levava il sigaro di bocca e senza nemmeno voltarsi commentava a bassa voce: “si ‘apisce” facendo un sorrisino sarcastico accompagnato da un occhino lucido, mentre lei continuava “io ti ci manderei a lavorà invece di sta tutto il giorno a fa la ronda a questo fiasco” e lui sarcasticamente annuiva ripetendo “si ‘apisce” e riaccendeva il sigaro che non gli stava mai acceso. Poi scendeva dallo scalino di casa con un mezzo traballone e si avvicinava a passi incerti a un capannello di persone che dicevano: “baoh, guarda chi c’è… che ci racconti ?” e lui cominciava come ogni sera a parlare della Grande Guerra: “Io ero nei Granatieri e c’avevo i fucile 91 che era più lungo di me….” e gli altri ridendo “seoh o che Granatiere eri ?” allora lui cambiava discorso “le suore di San Paolo hanno le mani d’oro… fanno certi rammendi che un si vedono neanche… li fanno co' i’ filo di baco da seta…” tutti a ridere e lui “si ‘apisce…” e riaccendeva il mezzo sigaro.
Accanto a casa mia abitava il Lillino e come lascia immaginare il nome era un omino che non superava il metro e quaranta, con due baffetti spelacchiati e con un occhietto vispo di giorno e lucido la sera dopo cena.
Nelle caldi serate d’estate dell’immediato dopoguerra, quando ancora non eravamo schiavi della televisione, la gente usciva a veglia sul proprio portone di casa e con due o tre sedie impagliate si mettevano a chiacchierare ricordando le vicende della guerra che era appena finita. Verso le nove e mezzo usciva anche il Lillino.
Prima di scendere in strada si soffermava sullo stipite del portoncino di casa e accendeva un mozzicone di sigaro buttando in aria nuvole di fumo. Prima ancora di vederlo si udiva la moglie che gli gridava dietro da fondo la cucina: “anche stasera tu ha’ scolato mezzo fiasco…bellino bah… io mi do da fa e te un te ne fai ne qua e ne la…a te ti basta di be’...” Il Lillino si levava il sigaro di bocca e senza nemmeno voltarsi commentava a bassa voce: “si ‘apisce” facendo un sorrisino sarcastico accompagnato da un occhino lucido, mentre lei continuava “io ti ci manderei a lavorà invece di sta tutto il giorno a fa la ronda a questo fiasco” e lui sarcasticamente annuiva ripetendo “si ‘apisce” e riaccendeva il sigaro che non gli stava mai acceso. Poi scendeva dallo scalino di casa con un mezzo traballone e si avvicinava a passi incerti a un capannello di persone che dicevano: “baoh, guarda chi c’è… che ci racconti ?” e lui cominciava come ogni sera a parlare della Grande Guerra: “Io ero nei Granatieri e c’avevo i fucile 91 che era più lungo di me….” e gli altri ridendo “seoh o che Granatiere eri ?” allora lui cambiava discorso “le suore di San Paolo hanno le mani d’oro… fanno certi rammendi che un si vedono neanche… li fanno co' i’ filo di baco da seta…” tutti a ridere e lui “si ‘apisce…” e riaccendeva il mezzo sigaro.
San Miniato, via P. Maioli - Sciòa
Foto di Francesco Fiumalbi
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